La primavera e il fragore delle armi: un mondo smarrito

Di Maria Gaetana Barelli

La primavera torna, con la sua promessa di rinascita. I fiori sbocciano, gli alberi si vestono di nuova vita, il cielo si riempie di luce. Eppure, il mondo sembra non accorgersene.
Siamo immersi in un tempo buio, in un’epoca in cui la guerra non è più solo un capitolo nei libri di storia, ma una realtà quotidiana, un rumore di fondo che ci siamo quasi abituati a sentire. In Europa, in Medio Oriente, in Africa, in tanti angoli del pianeta le armi parlano più delle parole, il fragore delle bombe soffoca la voce della diplomazia. Bambini muoiono senza sapere perché, uomini e donne si uccidono senza più riconoscersi come esseri umani, e intere città diventano cumuli di macerie sotto cieli che dovrebbero essere azzurri e invece si riempiono di fumo e dolore.
Eppure, l’Europa era nata dal sangue versato con la promessa che mai più si sarebbe ripetuto l’orrore della guerra. Il Manifesto di Ventotene parlava di un continente unito nella pace, la nostra Costituzione affermava con forza il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli. E oggi? Oggi le nazioni si riarmano, i confini tornano a essere linee di scontro, la memoria sembra affievolirsi e il passato torna a minacciare il presente.
Dove stiamo andando? Ci siamo illusi di aver costruito un mondo migliore, ma forse abbiamo solo nascosto sotto il tappeto i semi dell’odio, dell’opportunismo, della supremazia., dello sfruttamento pronti a germogliare di nuovo. Ci indigniamo a parole, ma ci abituiamo troppo in fretta. La sofferenza degli altri diventa un’immagine su uno schermo, scorre veloce tra una notizia e l’altra, tra un post e una pubblicità.
Eppure la primavera torna. La natura, indifferente ai confini e alle guerre, continua a fiorire. Ci ricorda che esiste la vita, che c’è ancora bellezza, che c’è ancora speranza. Ma quella speranza non può essere solo un sentimento: deve diventare un’azione, un impegno, un rifiuto deciso della violenza. Perché il mondo non cambierà da solo. Se vogliamo davvero un futuro di pace, dobbiamo essere noi a costruirlo, giorno dopo giorno, parola dopo parola, gesto dopo gesto.

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