(Foto Cariolato/Missio)

Ilaria De Bonis

Sono passati due mesi dalla presa di Goma da parte dell’M23, gruppo armato filo-ruandese che il 28 gennaio scorso ha conquistato il capoluogo del Nord Kivu (Repubblica Democratica del Congo). La città adesso vive una calma relativa, ma resta sotto occupazione militare. Il clima che si respira è di “militarizzazione degli spazi” e della sicurezza. A risentirne sono gli spostamenti, gli approvvigionamenti, il contatto con il resto del Paese che subisce la violenza di altre milizie armate, tra cui i Wazalendo (gruppi locali auto-organizzati) e l’Adf filo-ugandese.

Migliaia di persone fuggono dai villaggi.

I ribelli dell’M23 dopo Bukavu, nel Sud Kivu, nei giorni scorsi hanno preso anche Walikale (nel Nord Kivu), ricca di miniere di stagno e oro e il negoziato di Doha ha subito una battuta d’arresto. Tuttavia la vita deve andare avanti. “La gente qui a Goma è tornata a fare quello che faceva prima: noi abbiamo riaperto il nostro ristorante da più di un mese”, raccontano al telefono da Goma Paolo e Francesco Cariolato, due fratelli italiani, da anni nell’est della Repubblica Democratica del Congo. “Anche in guerra si può avere una routine: alcune scuole sono state distrutte ma altre funzionano. Le attività commerciali hanno riaperto. Molti expat, gli internazionali che per lavoro vivono in Congo, sono fuggiti e tornati in patria. Noi siamo rimasti”.

Paolo è stato cooperante agronomo della ong Vis dal 2015 al 2017 e collabora con i missionari salesiani.Per vivere, con la moglie Edvige, due figli piccoli e un terzo in arrivo, ha aperto (nel 2018) un’attività di ristorazione italiana. “Eravamo in casa al momento dell’invasione dei ribelli – ricorda Paolo – e vedevamo le bombe cadere attorno a noi, lo scontro a fuoco è durato alcuni giorni, c’è stata molta paura”. Con la famiglia è fuggito in Ruanda, dove è rimasto circa un mese, poi è tornato a Goma.
“L’M23 non è una milizia disorganizzata, tutt’altro – dicono i due fratelli –. Questi ribelli sanno bene quello che fanno e si sono installati ormai nell’amministrazione cittadina”. La resa quasi immediata ha portato da subito i guerriglieri (ben armati ed equipaggiati) ai vertici degli uffici pubblici.

Nonostante la grande incertezza per il futuro, “questa è una città piena di bellezza”,confida Paolo Cariolato alla redazione di “Popoli e Missione”. Il “Rasentino”, così si chiama il ristorante italiano dei Cariolato, è lo stesso locale nel quale il 22 febbraio del 2021 l’ambasciatore Luca Attanasio avrebbe dovuto recarsi per pranzo, al termine degli incontri della missione umanitaria. Ma non è mai arrivato, ucciso in un agguato terroristico ancora tutto da chiarire, lungo la strada verso Goma.
È chiaro che la presa di Goma e di Bukavu, l’ingresso dell’M23 a Walikale, a circa 400 chilometri da Kisangani, sono una palese violazione dell’integrità territoriale e frenano il processo di pace. La balcanizzazione del Paese e il progressivo avanzamento delle milizie legate a doppio filo con il Ruanda sono realtà. Per anni i missionari italiani hanno denunciato, inascoltati, il pericolo della presenza ruandese al confine con il Congo. I missionari e le missionarie appartengono a pieno diritto al destino collettivo di un Paese vittima delle proprie ricchezze minerarie.

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