Di Pietro Pompei

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Quante volte abbiamo sentito questa espressione riferita alla scarsa partecipazione alle liturgie? Eppure, per noi cristiani, questa affermazione suona fuori luogo e non giova alla Chiesa.

Non si tratta di un ritornello nuovo. Negli ultimi decenni, anzi, si sono susseguite diverse iniziative volte a richiamare l’attenzione sulla necessità di sostenere il clero, anziché addossargli ogni responsabilità. Tra queste, una campagna particolarmente significativa fu lanciata dal Vaticano qualche anno fa in occasione della festa dell’Immacolata Concezione. Una lettera, firmata dal cardinale brasiliano Claudio Hummes e dall’arcivescovo Mauro Piacenza, accompagnata da un pamphlet di trentaquattro pagine ricco di immagini e testimonianze, invitava i fedeli a creare “veri e propri cenacoli” di adorazione eucaristica continuata per riparare le mancanze dei sacerdoti e sostenerli nel cammino verso la santità.

L’iniziativa era rivolta a tutti, ma con un appello speciale alle anime consacrate femminili, affinché, sull’esempio di Maria, adottassero spiritualmente i sacerdoti offrendo preghiera, sacrificio e penitenza. Non una semplice esortazione, ma una vera e propria mobilitazione spirituale per sostenere coloro che, nella Chiesa e per la Chiesa, rappresentano Cristo come capo, pastore e sposo.

Diciotto anni fa, lo stesso cardinale Hummes scosse le gerarchie vaticane con un’intervista al quotidiano brasiliano Estado do São Paulo, suggerendo l’abolizione del celibato sacerdotale. Tuttavia, ritornò presto sui suoi passi con una dichiarazione ufficiale in cui affermava che la questione non era all’ordine del giorno. La lettera dimostrava una diversa convinzione: non servivano riforme disciplinari, ma piuttosto un impegno di preghiera e sacrificio, consumato silenziosamente nei templi di Dio.

Le difficoltà nella vita sacerdotale non sono una novità, e la Chiesa ne è ben consapevole. Da qui, la richiesta di una “rivoluzione silenziosa”, un’iniziativa che ha radici profonde nella storia bimillenaria del cristianesimo. Il pamphlet allegato alla lettera di Hummes raccoglieva testimonianze di persone che, attraverso la preghiera incessante, si sono fatte carico spiritualmente della vita dei sacerdoti, peccati compresi.

Benedetto XVI ricordò il valore di queste figure dicendo che esse “scuotono il cuore di Dio” e, in cambio, ricevono “santi operai” per la messe. Un esempio emblematico è quello di San Pio X, che raccontò come sua madre, baciandogli l’anello vescovile, gli avesse detto: “Sì, Peppo, però tu adesso non lo porteresti, se io prima non avessi portato questo anello nuziale”.

Anche il cardinale Nicola Cusano e il vescovo Wilhelm Emmanuel von Ketteler hanno testimoniato come la vita sacerdotale sia sostenuta dalle preghiere silenziose di madri spirituali. Ketteler, in particolare, raccontò di aver sognato una suora in preghiera per lui. Anni dopo, divenuto vescovo, riconobbe quel volto in una semplice conversa che puliva una stalla: aveva pregato per lui per tutta la vita.

Non da ultimo Papa Francesco e il suo costante impegno a sostegno dei sacerdoti come nella lettera inviata al clero di Roma: “desidero raggiungervi con un pensiero di accompagnamento e di amicizia, che spero possa sostenervi mentre portate avanti il vostro ministero, con il suo carico di gioie e di fatiche, di speranze e di delusioni. Abbiamo bisogno di scambiarci sguardi pieni di cura e compassione, imparando da Gesù che così guardava gli apostoli, senza esigere da loro una tabella di marcia dettata dal criterio dell’efficienza, ma offrendo attenzioni e ristoro. Così, quando gli apostoli tornarono dalla missione, entusiasti ma stanchi, il Maestro disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» (Mc 6,31)”.

La storia della Chiesa ci insegna che la via per sostenere i sacerdoti non passa attraverso sterili critiche o facili soluzioni, ma attraverso la preghiera e l’impegno concreto dei fedeli. Piuttosto che puntare il dito, forse dovremmo chiederci: cosa possiamo fare noi per loro?

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