Al Bambino Gesù (Foto Nadia De Santis)

Di Giuseppe Muolo

È stato inaugurato ieri, 7 aprile, a Roma, il secondo appartamento dell’associazione “Edoardo Marcangeli” (www.assoedoardomarcangeli.org), in via della Stazione San Pietro 6. Si chiama “A casa di Edo 2” la nuova struttura della onlus. Sarà a disposizione dei bambini malati di leucemia del Bambino Gesù e delle loro famiglie. Un rifugio sicuro e gratuito dove potranno alloggiare durante e dopo le terapie nell’ospedale. Un bel segno di speranza, proprio in corrispondenza con la celebrazione del Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità, a sette anni dall’apertura della prima casa, posizionata sullo stesso pianerottolo.

Aiutare gli altri. “Per noi significa dare continuità a quello che piaceva tanto a nostro figlio, cioè, aiutare gli altri. Siamo felici perché possiamo offrire ospitalità e far sentire a casa – per quanto possibile – tante famiglie bisognose di stare a Roma per le cure dei loro figli”, ha spiegato Adelfo Marcangeli, il papà di Edoardo, venuto a mancare giovanissimo il 22 agosto del 2015. A lui è dedicata l’associazione che porta il suo nome, fondata dai suoi genitori dopo pochi mesi dalla sua scomparsa, per sostenere quanti stanno affrontando la sua stessa malattia. La onlus è accreditata presso il Bambino Gesù, collabora con il reparto di onco-ematologia, dove Edoardo è stato ricoverato e curato, ed è presente nell’ospedale anche con un’assistente ludica. All’inaugurazione, tra gli altri, presenti anche l’arcivescovo Giordano Piccinotti, presidente dell’Apsa, Tiziano Onesti, presidente del Bambino Gesù, l’attore e comico Enrico Brignano, che ha sostenuto l’iniziativa, e la mamma di Edoardo, Cinzia Cipriani.

Adelfo Marcangeli e Cinzia Cipriani (Foto Ass. Edoardo Marcangeli)

Tra paure e speranze. “Insieme a mia moglie, mia sorella e mio nipote, abbiamo accompagnato nostro figlio durante il suo percorso di coraggio, dignità ma anche tanta sofferenza, fino al momento in cui ci ha lasciato – ha raccontato Marcangeli -. Edo ci ha insegnato molto. Stiamo soltanto provando a tradurre in ‘opere’ il suo amore. Quando dieci anni fa siamo usciti dall’ospedale, ci siamo detti: ‘Dobbiamo fare qualcosa, non possiamo rimanere impassibili senza aiutare nessuno’ – ha aggiunto -. Avevamo in mente questo progetto, ma non pensavamo si potesse realizzare in così poco tempo. Invece, grazie alla bontà e alla solidarietà di tante persone che ci sono state vicino, siamo riusciti ad aprire la prima casa. E adesso, dopo circa sette anni, siamo arrivati alla seconda. Dal 2017 abbiamo ospitato circa cinquanta famiglie. Significa dare tanto a chi riceve una diagnosi che fa calare davvero un velo nero davanti agli occhi. Ci sosteniamo con il 5×1000, le donazioni sono quelle che ci permettono di andare avanti”.

A Casa di Edo 2 (Foto Sir)

‘A Casa di Edo’, ha spiegato Adelfo, “è pensata con un’ottica diversa dalla semplice casa d’accoglienza. Cerchiamo di instaurare un rapporto familiare con le persone, stando loro vicino in tutto il percorso di cura e di guarigione. È molto importante anche il fatto di aver trovato un appartamento sullo stesso pianerottolo dell’altro – ha aggiunto Marcangeli -. Permetterà ai genitori e ai bambini di interagire e di condividere le stesse paure, gli stessi dolori e soprattutto le stesse speranze”.

Sentirsi a casa. Lo sa bene Francesco Giorgi. Ha vent’anni e viene da Carsoli, in provincia dell’Aquila, lo stesso paese della famiglia Marcangeli. Si emoziona più di una volta mentre racconta la sua storia di guarigione. I suoi occhi lucidi testimoniano tutto l’amore che ha ricevuto nel periodo del suo ricovero, quando grazie all’associazione ha trovato ospitalità nella casa intitolata a Edoardo. “Adelfo e Cinzia ti fanno sentire a casa al di fuori dell’ambito ospedaliero – ha raccontato -. Ti accolgono, ti sono vicini, ti fanno sentire il loro affetto e ti aiutano in ogni cosa. Sono fantastici”.

Francesco Giorgi (Foto Sir)

“A casa di Edo” è “una realtà che ti fa sentire meno solo e ti permette di relazionarti con persone che si trovano nella tua stessa condizione – ha aggiunto -. Questo aiuta anche nel percorso di guarigione. È importante avere una casa. Allievia lo stress del viaggio per chi come me non abita a Roma e permette di vivere in un contesto familiare. Ho ricevuto veramente tanto amore. Adelfo e Cinzia ti fanno sentire davvero come un figlio”.

Un pezzetto di paradiso. Nei suoi ultimi giorni di vita, il piccolo Edoardo disse: “La mia casa è il paradiso!”. “La certezza che un ‘pezzetto di quel paradiso’ – ha concluso Marcangeli – accolga e accompagni tutti coloro che sono passati e passeranno da ‘A casa di Edo’, ci dà la forza di andare avanti con impegno, dedizione e trasparenza, con la benedizione e la guida costante di nostro figlio”.

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