COLONNELLA – Quali sono le ragioni più frequenti dei conflitti in famiglia? Come viviamo il rapporto tra genitori e figli o tra fratelli? Riconosciamo al nostro sposo o alla nostra sposa la stessa dignità che abbiamo noi? Cosa significa perdonare? Sappiamo davvero perdonare oppure manteniamo il rancore e ci chiudiamo all’amore? Riconosciamo il bisogno di essere perdonati oppure pensiamo sempre di essere dalla parte del giusto? Quando due persone sono in conflitto (o nella mia famiglia o nelle famiglie che conosco) cerco di aiutare con parole riconcilianti o fomento i contrasti e le divisioni? Quali iniziative mi sento di suggerire alla comunità per imparare a perdonarci a vicenda in famiglia?

Di questo e di tanto altro si è parlato Martedì 9 Aprile 2025, a partire dalle ore 19:00, a Colonnella, presso l’abitazione dei coniugi Teresa De Fulgentiis e Dante Di Salvatore, durante il primo incontro dell’iniziativa “Insieme, incontro all’aurora!”, organizzato dall’Azione Cattolica di Colonnella e dedicato al tema del perdono in famiglia.

Ospite d’eccezione l’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vicepresidente della CEI e vescovo delle Diocesi del Piceno, che è stato accolto in un clima di familiarità e con grande calore da tutti i convenuti.
Insieme a lui, seduti attorno al tavolo d’onore, erano presenti anche don Dino Straccia, parroco delle comunità colonnellesi di San Cipriano e San Giovanni Evangelista, il diacono Domenico Maria Feliciani, assistente spirituale di AC Colonnella, insieme a Maria de Fulgentiis, sua moglie, Teresa Nicolina Di Buò, presidente di AC Colonnella nonché vicesegretaria del MLAC (Movimento Lavoratori di Azione Cattolica) diocesano, ed i coniugi Silvia Laurenzi e Stefano Merli, appartenenti alla parrocchia Santissima Annunziata di Porto d’Ascoli, che hanno testimoniato la loro esperienza di sposi e genitori. Presenti anche Lorenzo Felici, presidente dell’Azione Cattolica diocesana, Paola Di Felice, responsabile diocesana del Settore Adulti di AC, e Maria Grazia Spinelli, responsabile diocesana dell’ACR (Azione Cattolica Ragazzi).

La serata, alla quale ha partecipato un centinaio di persone di tutte le fasce di età, si è aperta con l’ascolto della canzone di Marco Mengoni “Cambia un uomo”, di cui è stato evidenziato in modo particolare un verso: “Solo nel perdono, cambia un uomo”.

Dopo i saluti della presidente Di Buò e la preghiera guidata dal parroco don Straccia, l’incontro è entrato nel vivo con la lettura di due passi della Genesi proclamati dal diacono Feliciani e dalla moglie De Fulgentiis: il primo riguardante la vicenda conflittuale dei fratelli Esaù e Giacobbe in lotta fra loro per i diritti di primogenitura, che si ricongiungono sulla tomba del padre Isacco; il secondo riguardante la creazione della donna, che viene fatta per dare all’uomo una compagnia a lui pari, alla sua stessa altezza, con una pari dignità.

Queste le parole con cui il vescovo Gianpiero Palmieri ha introdotto l’argomento: “Il tema del perdono ci stimola tanto. Ci fa venire in mente tante situazioni che abbiamo vissuto sia nella nostra famiglia di origine, con i nostri genitori e i nostri fratelli, sia nella famiglia che stiamo vivendo adesso. A me viene in mente la mia famiglia più grande, quella della comunità diocesana e dei preti, dove, come in tutte le famiglie, si cerca di vivere sempre il comandamento più grande di Signore, quello del perdono, dell’amore”.

In merito al primo brano scelto (Gen 35, 29), mons. Palmieri ha poi detto: “La Bibbia è piena di fratelli che litigano, a partire da Caino e Abele, ma anche Esaù e Giacobbe non scherzano! Sebbene il primogenito sia Esaù, il fratello Giacobbe gli prende la primogenitura con l’inganno. Ma, ad un certo punto, Isacco muore e viene sepolto nella grotta di Ebron, insieme alle tombe dei grandi patriarchi. Il versetto che abbiamo letto si riferisce proprio a questo momento, a quando i due fratelli seppelliscono insieme il padre Isacco. Dopo ognuno riprenderà la propria strada, ma in quel momento, davanti alla morte del padre, i due stanno insieme, si riconciliano per poterlo seppellire. La Scrittura ricorda il nome di Isacco, che vuol dire ‘Dio sorride’. Significa che Dio sorride, mentre vede Esaù e Giacobbe riunirsi. È un bel momento di riconciliazione: di fronte alle cose importanti della vita, siamo chiamati a mettere da parte tutto il resto, come fanno Esaù e Giacobbe, che non hanno dimenticato che tutto è nato dal sorriso di Dio“.

Molto significative anche le parole con cui il vescovo Gianpiero ha commentato il secondo brano (Gen 2, 18-25): “Questo brano appartiene ad un mito risalente ad otto secoli prima della nascita di Cristo, quindi molto antico e molto conosciuto, ma dobbiamo capirlo bene.  Dio crea Adam, ovvero l’essere umano, che non è ancora maschio e femmina. Subito dopo la sua creazione, Dio si rende conto che Adam è solo: non gli bastano gli animali e non gli basta nemmeno Dio. Dio, infatti, è troppo alto, mentre gli animali sono troppo in basso. Dio allora gli vuole fare un aiuto che nella Bibbia è tradotto con l’espressione ‘che gli sia simile’, ma letteralmente nella lingua originaria è ‘che lo possa guardare negli occhi’, quindi alla stessa altezza. Allora Dio fa scendere il torpore su Adam, perché non può vedere l’atto creatore di Dio, e poi lo separa con il gesto della costola che conosciamo tutti. Così crea quella che noi chiamiamo  donna, ma il termine usato in ebraico, che è intraducibile in italiano, ha un altro significato.  Si tratta infatti del femminile di uomo. Dio crea l’essere umano maschio (אִשׁ, ish) e l’essere umano femmina (אִשָּׁה, ishàh): i due si guardano e si riconoscono carne della propria carne, un uno separato, quindi riconoscono di potersi guardare negli occhi alla stessa altezza. Adamo ed Eva poi si uniranno e diventeranno una sola carne. Per gli antichi questo ‘divenire  una sola carne’ può avere tre significati, può avvenire in tre modi: prima di tutto con l’unione sessuale, unendo i propri corpi; poi divenendo una sola carne nella carne dei figli; infine vivendo la vita insieme. Diventare una sola carne, quindi, non è un punto di partenza, bensì un punto di arrivo. Vivendo insieme, realizzando insieme la propria storia, si può diventare una cosa sola, un noi, pur nella diversità, pur attraversando momenti difficili. Cos’è allora il perdono? Quello che ci permette di diventare una sola carne, un noi.  Quello che ci consente di costruire una realtà che davvero sia qualcosa che abbiamo in comune: una casa, una storia. E questa storia – come abbiamo detto –  è una storia di parità. Dobbiamo essere molto orgogliosi di avere questo racconto nella Genesi, nella nostra tradizione ebraico-cristiana Altre culture non hanno racconti così, in cui l’uomo e la donna stanno alla stessa altezza, guardandosi negli occhi. Vi ricordate quando poi Adamo ed Eva compiono il peccato? La prima conseguenza è la frattura di questa uguaglianza, è la sottomissione della donna al maschio. Nella Bibbia questa sottomissione viene considerata un peccato, una conseguenza del peccato, uno squilibrio della creazione di Dio. Anche Gesù – come possiamo leggere nel Vangelo – è molto forte nel ribadire questa uguaglianza tra uomo e donna, nel denunciare come nel peccato venga riconosciuta una dignità differente e nel combattere questa mentalità per riconoscere una pari dignità. Non solo: Gesù è anche il primo ed unico predicatore che ha discepoli donne. Non c’è nessuno prima di Lui e nessuno dopo di Lui”.

Ha infine concluso mons. Palmieri: “Ti senti veramente amato quando scopri di aver fatto qualcosa di veramente grave, ma l’altro ti ha perdonato. Con Dio questo amore è forte e, durante il Sacramento della Confessione, si percepisce chiaramente. Questo è vero non solo con Dio, ma anche per i perdoni che ci scambiamo tra genitori e figli, tra fratelli, tra moglie e marito, tra persone della comunità. Chiaramente parlo di perdono, perdono vero. Il perdono purtroppo può essere fatto anche male. ‘Io ti perdono, però ti faccio pesare la mia superiorità o ti porto rancore’. No, questo non è perdono. ‘Io ti perdono e, anche se con dolore, continuo ad amarti’. Questo è perdono! E questo capita a tutti, non solo nel rapporto con il Signore, ma anche nei rapporti con i familiari, con i fratelli e le sorelle della comunità cristiana. Quando non nascondi il tuo peccato, bensì lo ammetti; quando senti che, nonostante il tuo errore, l’altro continua ad amarti; quando entrambi continuate ad abitare questo amore, avviene il perdono. E da quel perdono nasce una profonda umiltà, che, come dicevano gli antichi patriarchi, è una grande forza e una profonda libertà. Ci sono tante e bellissime  storie di perdono in famiglia, ma stasera ve ne voglio raccontare una che mi è stata riferita da un cappellano del carcere di Milano. Un ragazzo giovanissimo purtroppo ha commesso un delitto efferato nei confronti di un suo coetaneo. La mamma del ragazzo ucciso gli ha scritto una lettera, dicendo: ‘Per me, da tanto tempo, tutti i ragazzi sono miei figli. Uno è morto. Non ho bisogno che muoia il secondo. Una storia bellissima di perdono, che ha permesso a questo ragazzo di riprendere a camminare nella sua vita, che gli permesso di riprendere ad amare. Se noi ci scambiamo queste esperienze di amore e di perdono, piccole o grandi che siano, riusciremo a cancellare dalla nostra vita ogni sentimento di vendetta o risentimento e riusciremo a vivere bene“.

La serata è proseguita con la testimonianza degli sposi Silvia Laurenzi e Stefano Merli, i quali, raccontando la loro esperienza, hanno detto: “Siamo molto diversi nell’approcciare le situazioni. Uno è più silenzioso e taciturno, l’altra è più estroversa e loquace. Capita quindi di reagire in modo diverso alle circostanze della vita. Quello che però abbiamo imparato in questi anni di fidanzamento e di matrimonio è che non bisogna avere paura del conflitto e di ammettere i propri errori, perché più ci si chiude, più il problema aumenta. Al contrario, se ci si apre al dialogo, non con l’atteggiamento di chi vuole avere ragione, bensì con l’atteggiamento di chi vuole comprendere e fare pace, il conflitto scema e il rapporto riparte più forte di prima“.

Interessante e anche prolungato il dibattito che si è creato dopo la meditazione della Parola da parte del vescovo e la testimonianza dei giovani sposi. Oltre all’intervento di un giovane che ha chiesto come si faccia a perdonare se non si conosce bene il significato del perdono, particolarmente significativa è stata anche la riflessione del parrocchiano Peppino Di Quirico, il quale ha detto: “Nella vita di coppia ognuno di noi ha sperimentato delle difficoltà, o perché ha sbagliato l’uomo o perché ha sbagliato la donna. A volte lo sbaglio può essere piccolo, altre volte molto grande e grave; in tutti i casi, però, è importante che arrivi il perdono. Io sono contento di averlo sperimentato nella mia vita, perché poi mia moglie è morta presto. Ecco allora cosa mi sento di dire alle giovani coppie: non aspettate quei momenti per volervi bene, per perdonarvi, per amarvi. Rispettatevi, passate sopra alle piccole divisioni, amatevi, non addormentatevi mai senza darvi la buonanotte. Anche se non avete ancora non avete fatto pace, datevi almeno la buonanotte. Non è un perdono completo, ma un segno di pace, che esprime l’amore e anticipa il perdono che arriverà il giorno dopo. È anche un segno che non ci si vuole dividere, che si vuole restare insieme. Perché da soli non si va da nessuna parte; insieme, invece, si vive meglio, il mondo è più bello“. L’intervento dell’uomo, che già da molti anni ha perso la moglie Enrica e da pochi giorni inaspettatamente e prematuramente anche il figlio Davide, ha commosso molti dei convenuti, anche i più giovani, alcuni dei quali non sono riusciti a trattenere le lacrime.

La serata, che si è conclusa con un momento di convivialità, è stata anche l’occasione per fare una preghiera speciale per un giovane della comunità che purtroppo ha avuto un brutto incidente stradale e che è ricoverato in ospedale in preoccupanti condizioni di salute.

Foto di autori vari: si ringraziano i partecipanti per la condivisione.

 

 

 

 

 

 

 

 

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