FOTO San Benedetto, concluse al Biancazzurro le iniziative per l’Earth Day. La testimonianza degli studenti Santiago e Giulia

DIOCESI – “La frase che mi ha colpito di più è che i Paesi, come le persone, hanno bisogno di relazioni per prosperare. Il 2025 è segnato non solo da conflitti armati, ma anche da tensioni economiche che stanno scuotendo l’economia globale e rallentando il commercio internazionale, come ad esempio l’imposizione dei dazi da parte dei presidente americano. In questo contesto l’Earth Day ci ricorda l’importanza della cooperazione, ovvero che solo attraverso il dialogo e la collaborazione possiamo affrontare le sfide comuni e proteggere il nostro pianeta. Noi ragazzi spesso leggiamo sui social che tutto sta andando a pezzi: questo un po’ ci spaventa e spesso ci fa perdere la speranza. Da questo incontro, invece, vado via con la speranza che, se tutti, come cittadini europei e del mondo, ci impegniamo, possiamo davvero cambiare il destino del nostro pianeta”.

Mi ha colpito molto il fatto che la Giornata della Terra sia stata chiamata ‘Giornata della Madre Terra’, perché credo sottolinei bene quanto dobbiamo essere grati al pianeta per tutto quello che ci dona, un po’ come si fa con i nostri genitori. Siamo quindi chiamati a rispettarlo, questo pianeta, e ad agire sia personalmente sia come comunità per rispettare gli impegni ecologici che ci siamo presi. Sinceramente ero un po’ preoccupata per il futuro del nostro pianeta, ma l’incontro di oggi mi ha anche molto rincuorata: ho scoperto infatti che molti miei coetanei, come me, si stanno interessando al tema ecologico molto più che in passato. Questo è un segno di speranza per il futuro e lascia intravedere anche un impegno concreto per le sfide che ci attendono“.

È con queste belle parole di speranza che Santiago Alesiani e Giulia Merli, due studenti dell’I.I.S. Augusto Capriotti, commentano la Tavola Rotonda dal titolo “La Terra in sofferenza!”, che si è svolta Sabato 12 Aprile 2025, presso il Centro Biancazzurro in San Benedetto del Tronto, e che ha concluso le iniziative relative alla seconda Porta di Speranza che le due Diocesi del Piceno, guidate dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri, hanno voluto spalancare in questo Anno Giubilare della Speranza.
Dopo la prima, dedicata al lavoro e al microcredito, la seconda è stata abbinata alla celebrazione dell’Earth Day (Giornata della Terra), che quest’anno ha focalizzato la sua attenzione sulla necessità di ritrovare la strada della pace, anche per tutelare il Creato e vincere le sfide ambientali che ci attendono.

L’iniziativa, organizzata dagli Uffici di Pastorale Sociale, del Lavoro e della Cura del Creato delle Diocesi del Piceno, ha registrato la presenza di mons. Gianpiero Palmieri, vicepresidente della CEI, e di tre relatori d’eccezione: Pietro Sebastiani, già ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede e già rappresentante permanente d’Italia presso le Organizzazioni delle Nazioni Unite; Simone Morandini, docente di Teologia della Creazione e Principi del Dialogo Ecumenico presso l’Istituto San Bernardino di Venezia e collaboratore CEI sulle tematiche ambientali e di sostenibilità; Simone Ginesi, associate partner Area Leader Lazio e Sud di Teha Group – The European House Ambrosetti.

All’incontro, moderato da Lanfranco Norcini Pala, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali per la Diocesi di Ascoli Piceno, hanno partecipato numerose autorità civili e militari: il dott. Aldo Fusco, neoquestore della Provincia di Ascoli Piceno; il capitano Francesco Tessitore, comandante della Compagnia dei Carabinieri di San Benedetto del Tronto; il dott. Domenico Pellei, assessore del Comune di San Benedetto del Tronto con deleghe a Bilancio e Programmazione finanziaria, Patrimonio, Società Partecipate e Politiche Comunitarie; il dott. Andrea Sanguigni, assessore del Comune della Città rivierasca con delega alle Politiche sociali, alla refezione e al trasporto scolastico.

Presenti anche i direttori di alcuni Uffici Pastorali delle due Diocesi del Piceno e i presidenti di importanti Associazioni del territorio: il delegato regionale Marche Franco Veccia dell’Ufficio per la Pastorale Sociale, del Lavoro e della Cura del Creato e direttore dello stesso Ufficio per la Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto; il prof. Mariano Pierantozzi, direttore dello stesso Ufficio per la Diocesi di Ascoli Piceno; don Giuseppe Capecci, assistente spirituale diocesano delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI) per la Diocesi di Ascoli Piceno; don Giuseppe Giudici, direttore dell’Ufficio Pastorale per l’Apostolato del Mare ed assistente diocesano del Movimento dei Lavoratori di Azione Cattolica; il prof. Fernando Palestini, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Diocesi Truentina; Tonino Sofia, referente di Libera per la provincia di Ascoli Piceno; il dott. Sabatino Di Serafino, vicepresidente nazionale dell’Unitalsi, nonché presidente dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero ( IDSC) per la Diocesi Truentina e presidente della Cooperativa Sociale del Biancazzurro. Presenti, come già detto, anche alcuni studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore Capriotti, che hanno ascoltato con attenzione tutti gli interventi.

I saluti istituzionali

Vescovo Gianpiero Palmieri:
“In Italia il tema scelto per l’Earth Day di quest’anno è ‘Quale mondo futuro?’, quindi con le due Commissioni di Pastorale Sociale, del Lavoro e della Cura del Creato delle due Diocesi del Piceno abbiamo lavorato per ripensare la proposta nazionale e ci siamo resi conto che l’attuale situazione geopolitica internazionale richieda una riflessione seria sul tema della pace. Papa Francesco da tempo dice che stiamo vivendo ‘una guerra mondiale a pezzi’. A qualcuno questa frase era sembrata un po’ eccessiva, ma gli eventi degli ultimi anni e mesi ci hanno confermato che è così. Oggi, allora, lo sguardo va al mondo intero e una domanda si fa spazio nella nostra testa: ‘Che cosa sta succedendo?’ A questa domanda cercheremo di rispondere attraverso gli interventi dei nostri ospiti che ringrazio davvero tanto per la disponibilità immediata che ci hanno dato”.

Questore Aldo Fusco:
“Ringrazio gli organizzatori di questa iniziativa, perché mi consente di proiettarmi su questo territorio. Sebbene io sia qui solo dal 3 Aprile, ho già compreso che questo territorio ha due realtà molto importanti, Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto, due facce della stessa medaglia che possono fare molto l’una per l’altra. Il compito della Polizia di Stato è di garantire la sicurezza e so che c’è una forte aspettativa in tal senso. Per rendere il territorio sicuro non ci si può limitare ad atti repressivi, bensì occorre che vengano eliminate le cause di disagio sociale, che poi fanno da volano a fenomeni di criminalità e violenza. Offro quindi fin da subito la mia disponibilità alle altre istituzioni presenti per un percorso condiviso secondo le proprie esperienze e professionalità”.

Capitano Francesco Tessitore:
“Sono cresciuto nella terra dei fuochi, quindi ho vissuto direttamente sulla mia pelle il disagio che madre natura sta attraversando. Quindi ho cercato di improntare il mio percorso di vita personale e professionale per dare il mio contributo personale alla tutela dell’ambiente. Quando mi sono trasferito a San Benedetto del Tronto e ho ricevuto alcune lamentele, confrontando la Città all’unico termine di paragone che conoscevo, mi chiedevo: ‘Ma di cosa si lamentano?!’ Oggi, dopo quattro anni, lo sguardo è diverso, è più attento, e mi accorgo che qualcosa da fare per migliorarsi c’è. La giornata di oggi, allora, deve servire a guardare alla legalità attraverso la cultura del bello, attraverso gli occhi della bellezza. Solo così la si può tutelare. Noi lo facciamo quotidianamente attraverso il Nucleo Operativo Ecologico dell’Arma, adesso implementato con la Forestale”.

Assessore Domenico Pellei:
“Ciascuno di noi qui ha una responsabilità personale nello svolgere le azioni che derivano dal ruolo istituzionale che ricopre: può trattarsi di una responsabilità politica o di quella della Chiesa e di quella delle Forze dell’Ordine, o dell’impegno nel sociale, nella Scuola. Credo che, al di là degli schieramenti, dei simboli, dei ruoli e delle professionalità che si rappresentano, occorra una risposta personale, un impegno personale per alleviare la sofferenza del Creato“.

Trasformazioni geopolitiche: come cambia lo scacchiere internazionale?

Dopo aver ripercorso la storia della frammentazione dell’ordine internazionale a partire dagli eventi del 1989, passando per il Trattato di Maastricht nel 1982, giungendo all’ampliamento del G7 in G8 nel 1998 e all’attuale ruolo dell’Europa, caratterizzata da una moneta unica, ma da una politica fiscale diversa, l’ambasciatore Sebastiani ha sottolineato come “tutto quello che vediamo oggi è una conseguenza a tutti questi eventi. Dobbiamo renderci conto che facciamo parte di un organismo che è un ultraottantenne e che è ammalato da più di trent’anni”, ma la soluzione è curarlo, non abbatterlo. “Non si può fare a meno di un ordine internazionale, altrimenti si torna indietro di un millennio, una cosa che non è assolutamente auspicabile. In ambito internazionale non può esistere il vuoto, non si può pensare di vivere senza regole, altrimenti viene fuori la legge della giungla, come già in parte stiamo vedendo. Quindi, pur comprendendo che molte strutture siano obsolete e vadano ridisegnate, in questo momento dobbiamo tenerle in piedi. Tra qualche anno, potremo ridisegnarle, magari ripartendo da un foglio bianco, ma al momento dobbiamo riconoscerle e sostenerle“.

Guardando agli scenari futuri, Sebastiani ha sottolineato l’importanza del continente africano: “L’Europa si è indebolita. In questo momento il suo ruolo è molto difficile, perché sta perdendo peso sia a livello economico sia per la perdita di competitività in ambito tecnologico sia per problemi demografici. Per l’Europa gli spazi sono saturi, non si cresce più tra di noi, tra i Paesi Occidentali. Anche in Cina siamo presenti dal 1979. Nelle Americhe e nel Messico è difficile penetrare. In Argentina e in Brasile, che sono le due economie più importanti, ci sono problemi di stabilità politica. L’Europa allora deve giocare una partita intelligente e pensare al continente africano. L’unico spazio di crescita che l’Europa ha, infatti, è un partenariato con l’Africa. Che piaccia o no, quello è l’unico luogo che può farci crescere. Abbiamo davanti un continente gigantesco in cui l’età media degli abitanti è di 18,7 anni. Noi abbiamo un’immagine distorta, distopica, di questo continente: pensiamo ai bambini con la pancia gonfia con i mosconi che girano loro intorno, pensiamo alle persone che giungono da noi con i barconi, pensiamo ad alcuni rovesciamenti politici. Tutte realtà che esistono ancora in alcune zone, ma che sono percentualmente e numericamente molto inferiori rispetto a dieci anni fa. La vera emergenza oggi in Africa non è la sete di acqua o la fame di cibo, bensì la sete e la fame di educazione. La popolazione ha voglia di apprendere, studiare e di avere spazio per la sua crescita. Il 50% dei bambini nati negli ultimi 15 anni è africano. Questo per noi è una grande opportunità. L’Africa è l’unica via d’uscita per questa Europa che è all’angolo“.

Come cambia il comune impegno ecologico in un mondo diviso?

Il prof. Morandini, dopo aver riflettuto sulle tematiche ambientali e di sostenibilità, ha affermato: “È impensabile far finta che oggi i cambiamenti climatici siano la principale minaccia che incombe sulla nostra umanità. Siamo usciti recentemente da una pandemia globale, abbiamo la crisi economica che impatta su di noi e sono in corso conflitti e guerre in numerose parti del mondo. Tuttavia, riassumendo la nostra situazione con un’immagine, è come se noi ci troviamo a fronteggiare in primo piano una minaccia, ma dietro a questa c’è una nota, più lontana – certo – ma anche più alta: è il mutamento climatico, che ha un impatto sull’umanità futura fortissimo. E sappiamo che non si tratta di un fenomeno governato dalla fatalità, come possono esserlo i terremoti, bensì è un fenomeno tipicamente antropogenico. Viviamo infatti in quella fase della custodia geologica del pianeta in cui un’unica specie – la nostra – è il principale fattore in grado di determinare le principali caratteristiche climatiche, geologiche e biologiche del pianeta stesso. Potremmo essere orgogliosi di questo: è il segnale che la tecnologia ci mette nelle mani un enorme potere; noi siamo coloro che determinano il futuro del nostro pianeta. Ma qual è il problema? Che non siamo capaci di gestire il potere come responsabili. Ci sono dei giovani in sala, i quali conosceranno sicuramente un fumetto in cui si dice ‘a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità’. Noi purtroppo non abbiamo imparato. Non siamo stati capaci di gestire, in forme responsabili, questa nostra capacità di orientare il destino del pianeta. Certo, ci sono negoziazioni ambientali importanti, le conferenze delle parti relative al cambiamento climatico e alla gestione della biodiversità; ma in questa fase, in un mondo diviso, come lo è il nostro attualmente, sembra che l’attenzione verso questo tema receda in continuazione sullo sfondo, sembra che anche gli impegni assunti nell’ultimo decennio vengano in qualche modo allentati, come se il problema potesse diventare meno importante.

Dazi e competitività

L’ultimo relatore, Simone Ginesi di “The European House Ambrosetti”, rivolgendosi principalmente agli studenti presenti, ha dichiarato: “Io lavoro in una società che fa pensiero, costruisce conoscenza nel mondo di aziende, istituzioni nazionali e internazionali. Il mio scopo è quello di darvi una fotografia e magari aiutarvi a capire meglio qualche dettaglio di questa fotografia che è di grande attualità, vale a dire che è quello che sta succedendo in questi giorni e che sentite o che leggete sui social. Il presidente Trump, appena eletto, ha promesso che avrebbe cambiato completamente il sistema economico americano, sia perché lo aveva promesso ai suoi elettori, sia perché è necessario che cambi, visto che l’economia occidentale più grande è in sofferenza e bisogna porvi rimedio. Quindi ha cominciato ad imporre dei dazi. Quelli sull’Europa sono stati sospesi per 90 giorni, quindi ancora non vi sono certezze su chi dovrà pagarli e chi no.
I dazi sono delle imposte che una nazione impone su tutte le merci e i servizi che entrano nel proprio territorio a chi li vuole vendere. Questo viene fatto prima di tutto per proteggere l’industria nazionale e bloccare i concorrenti, che, nel caso degli USA, non sono tanto gli Stati dell’Europa, bensì la Cina che ha guadagnato negli ultimi 20 anni la primazia di tutto il settore tecnologico. Poi certamente c’è una volontà di riequilibrare i flussi della finanza pubblica, perché hanno un deficit ormai fuori controllo di trilioni e trilioni di dollari, che il presidente ha la necessità di ridurre. Il terzo motivo è l’aumento delle entrate, perché i prodotti che vengono esportati in America pagano dazi e quel dazio finisce direttamente nelle casse federali e ovviamente, a livello di rapporto tra Stati, è un potente strumento geopolitico: il presidente Trump ha detto infatti che è pronto a trattare con tutti”.

“Non lasciarsi prendere da una percezione di disorientamento e di impotenza”

La mattinata si è conclusa con l’intervento del vescovo Gianpiero Palmieri, il quale ha detto: “Ognuno di questi tre temi avrebbe richiesto una mattinata, però penso che quello che abbiamo vissuto sia stato molto fecondo. Ci lasciamo con tanti interrogativi e probabilmente anche con il desiderio di approfondire alcune tematiche, così da comprendere ancora meglio come abitare questo tempo. Dico a tutti, a me stesso, agli adulti, ma in particolare ai giovani presenti, di non lasciarsi prendere da una percezione di disorientamento e di impotenza. È importante comprendere i problemi, fare rete e decidere come intervenire. Credo che questo sia alla portata di tutti noi. Affrontiamo, dunque, le questioni con uno sguardo globale,  facendo rete con tutti quelli che, in tema di pace, giustizia sociale ed ecologia, condividono il sogno di un pianeta di questo tipo: sano, giusto ed in pace. Sono molto contento del fatto che chi guida la comunità cristiana abbia da tempo come priorità questi aspetti. Parlo di papa Francesco, ma anche di chi lo ha preceduto. Credo che questo sia il contributo che la comunità cristiana voglia dare a livello internazionale e anche nel nostro territorio: è come la premessa e la promessa di impegni futuri per creare spazi di riflessione e di confronto, di condivisione di idee e- perché no?! – di azioni da mettere in campo”.

 

 

Carletta Di Blasio:
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