

Aurora, Céline, Daniela, Eleanor, Giulia, ancora Giulia, Ilaria, Jessica, Yara, Martina, Sara, Sofia, Vera, Michelle… È una galleria di giovani volti sorridenti e ignari del proprio destino quella nel video che ha aperto, la sera del 14 aprile a Palazzo Giustiniani (Senato della Repubblica), un incontro dedicato ai femminicidi giovanili. Gli ultimi due, quelli di Sara Campanella e Ilaria Sula, particolarmente efferati. Occasione dell’evento, la presentazione del libro “Femminicidi giovanili senza scampo. La storia di Michelle Causo. La ragazza ritrovata nel carrello” (Armando Editore). “Un manuale di sopravvivenza messo a disposizione con la speranza che possa essere utile”, lo definisce l’autrice Virginia Ciaravolo, psicoterapeuta e criminologa, spiegando i motivi che l’hanno spinta a raccontare la storia di Michelle Causo, uccisa nel luglio 2023 nel quartiere romano di Primavalle, chiusa in un sacco della spazzatura e abbandonata in un carrello accanto ai cassonetti dell’immondizia.
“Colpisce l’età delle vittime ma anche l’età degli autori di questi femminicidi”, esordisce Cecilia D’Elia, politica e attivista impegnata nella lotta contro la violenza sulle donne. “Una settimana fa – racconta – ero al funerale di Ilaria Sula a Terni. C’è una questione maschile che riguarda anche i giovanissimi: di fronte a ragazze forti e determinate nei loro progetti di vita per i giovani maschi è difficile accettare la loro emancipazione e autodeterminazione, l’idea che possano dire loro di no. Questo cambiamento culturale deve essere accompagnato da un programma di educazione nelle scuole”.


(Foto Giovanna Pasqualin/SIR)
Stefania Ascari, avvocata e deputata, prima firmataria del Codice rosso, parla di “analfabetismo empatico ed affettivo di ragazzi che confondono l’amore con il possesso ed il controllo”, e ricorda di avere depositato due interrogazioni parlamentari, “diverse ma legate a questo tema”. La prima riguarda “i commenti osceni e irripetibili apparsi sul web a seguito dei femminicidi di Ilaria Sula e Sara Campanella, commenti che vanno oltre il disumano”.
Esistono decine e decine di chat, forum online e siti nascosti che istigano all’odio e al femminicidio,
afferma Ascari, ma anche al suicidio. E proprio a quest’ultima insidia è correlata la seconda interrogazione, partita dalla tragica vicenda del diciannovenne Fabio Gianfreda che nel dicembre 2020 si è tolto la vita dopo aver ingerito “un composto chimico facilmente reperibile online, che circola liberamente e senza restrizioni, ma letale anche in piccole dosi”. Ascari denuncia la presenza di piattaforme online con “istruzioni dettagliate su come farla finita”. Uno scenario che mette in luce l’odierna e diffusa mancanza di empatia tra i giovanissimi, “senza la quale l’altro (o l’altra) diventa un oggetto che posso usare, controllare e uccidere”.
Di empatia parla anche la giornalista Silvia Garambois, presidente dell’associazione “Giulia giornaliste”. “Nel nostro lavoro – spiega – è fondamentale il riconoscimento di ogni storia, diversa l’una dall’altra. E’ importante
raccontare la violenza e/o il femminicidio dalla parte di lei,
trovare espressioni rispettose ed evitare immagini che possano essere offensive come quelle da ‘coppia felice’, in tempi precedenti, scaricate dai social”.
“La violenza contro le donne nasce dalla loro auto-emancipazione e dal loro ingresso con autorevolezza e competenza in professioni fino a poco tempo fa considerate esclusivamente maschili. Questo mette in allarme uomini fragili, spaventati dai cambiamenti, che si sentono defraudati di alcuni presunti privilegi maschili, comuni ormai ad un mondo arcaico di tipo patriarcale”, afferma la scrittrice Dacia Maraini, che ha firmato la prefazione del libro. “Chi uccide è una sorta di sicario, mandato avanti per vendicare la scomparsa di questi privilegi”. Il rischio è che, “scivolando nella cronaca, questo fenomeno diventi quotidianità”. Per Maraini le pene non bastano; sono urgenti “una visione e un giudizio sociale e antropologico profondo”. E anche gli uomini, “quelli saggi, che accettano i cambiamenti e si mettono dalla parte delle donne, devono prendere posizione con forza”.
Per Claudia Di Brigida, avvocata difensore di Daniela, mamma di Michelle, occorre “intervenire a livello di prevenzione, laddove questi soggetti abbiano già manifestato comportamenti antisociali e devianti come minacce verbali”. Il femminicidio, assicura, non è un fatto estemporaneo:
“una persona non uccide se non ha in sé un percorso pregresso di superamento dei limiti in un contesto di assoluta mancanza di empatia”.
Una “freddezza” che l’avvocata afferma di avere “percepito fisicamente in modo netto” nell’omicida durante il processo.
(Foto Giovanna Pasqualin/SIR)
Infine la testimonianza di Cristina Bonucchi, psicologa e dirigente della Polizia postale: “I ragazzi vivono il web nell’illusione di sentirsi protetti; in realtà è un ambiente pieno di deliri e di disvalori devastanti che producono azioni violente come quelle che hanno torlo la vita a queste ragazze. Dobbiamo esserne consapevoli”. “Come Polizia postale – prosegue – incontriamo ragazzi tutti i giorni perché il loro modo di vedere questo mondo è diverso dal nostro”. Di qui un invito:
“Dobbiamo fare la fatica di guardare, di ricostruire che cosa c’è dietro il comportamento di questi giovani autori di femminicidio perché il male va osservato, studiato, compreso se vogliamo essere efficaci nel prevenirlo”.