
Di Marco Calvarese
In un tempo segnato da tensioni globali e fratture culturali, l’arte torna a farsi ponte di pace e speranza. Dal 14 al 16 aprile, la terrazza del Pincio a Roma ha accolto 30 artisti provenienti da ogni parte del mondo, espressione di culture e fedi diverse, protagonisti della mostra-laboratorio Porte Aperte alla Speranza. Nata nell’ambito del progetto giubilare Open Doors – evoluzione del laboratorio “Emotions to Generate Change”, in collaborazione con il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, l’iniziativa è stata ideata per unire creatività, spiritualità e impegno sociale, con l’obiettivo di sensibilizzare su temi cruciali come la pace, le migrazioni, il cambiamento climatico, il ruolo delle donne.
- (Foto Calvarese/SIR)
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“Dopo questi tre giorni, vogliamo ritrovarci ancora insieme. Per molti di noi, sono stati giorni vissuti con intensità, attraverso l’arte, la pittura, la preghiera, esprimendo la fede e il rispetto reciproco”,sono state le parole di mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, intervenuto alla cerimonia finale del 16 aprile, prima della preghiera ecumenica, “Un momento che chiude un evento, ma che speriamo sia l’inizio di un cammino”. Da tutti gli intervenuti si è sottolineata l’importanza del dialogo interreligioso, come nell’intervento di padre Marcus Solo Kewuta, funzionario del Dicastero per il Dialogo interreligioso, che ha sottolineato ha richiamato le parole di Papa Francesco, ricordando che “l’arte è un linguaggio universale, comprensibile a tutti. Ha in sé una dimensione salvifica: deve aprirsi a tutto, a tutti, offrire consolazione e speranza”. Il rappresentante della Santa Sede ha evidenziato il rapporto di armonia e di pace profonda vissuta qui insieme attraverso l’arte e la fede, in uno spirito di prossimità, apertura e fratellanza, invitando a trasformare il detto latino “se vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra), in
“se vis pacem, para artem”
(se vuoi la pace, prepara l’arte), perché “Non c’è una guerra giusta”. Una visione raccolta e rilanciata anche da don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, che ha invitato a vedere l’artista come“colui che sa leggere le stelle, raccoglierne la luce e restituirla alla terra. Va verso se stesso – ha spiegato – come Dio disse ad Abramo. Questo è l’esercizio spirituale compiuto in questi giorni: dal cielo alla terra, l’artista è un capolavoro in Dio”.
- (Foto Calvarese/SIR)
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Il valore dell’arte come strumento di cambiamento sociale, spirituale e personale è stato il filo conduttore dell’intera iniziativa. Le opere, realizzate in diretta con tecniche che spaziano dalle più antiche alle più contemporanee, sono il frutto di un lavoro collettivo e ispirato, espressione di un’umanità che cerca, insieme, risposte profonde e condivise. “Abbiamo pregato, dipinto, vissuto in serenità e questo clima vogliamo portarlo nel cuore, perché ne abbiamo bisogno ogni giorno”, ha dichiarato mons. Felicolo,
“Vogliamo far nascere una buona prassi da questa esperienza, fatta di arte, di preghiera e di rispetto”.
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