
Di un Missionario in Myanmar
Stamattina a fianco della croce coperta in una chiesa affollatissima nella domenica delle Palme, emergeva il logo dell’Anno Santo, con la scritta “pellegrini di speranza”, in inglese e birmano. Due giorni fa sono rientrato da Mandalay, epicentro del devastante terremoto di oramai due settimane fa. Anche stanotte forti scosse continuano a far paura.
Non sono molto attento alle vicende dell’anno santo – lo confesso – ma camminare fra le macerie, incontrare le persone, ascoltare i loro racconti, sentire i loro desideri, vedere i tanti presepi di sofferenza e di desolazione, … mi ha fatto sorgere proprio questa immagine: cos’altro possiamo fare se non lavorare per tenere viva la speranza?
Il disastro è enorme. Il volto, gli sguardi, la voce delle persone lo raccontano chiaramente: come potremo saltar fiori da questo enorme male? Ce la faremo a recuperare forze, energie, capacità, voglia, … per ricominciare ancora la vita?
La storia di questi popoli dice quanta capacità di reazione e di resistenza ci sia in questa gente. Ma ora sembra che per molti l’abisso si sia aperto. Senza scampo. Senza un domani, senza futuro. Quasi un inferno da cui non si vede ritorno.
Pellegrini di speranza: “pellegrini” perché ora, essere qui, vuol dire camminare con questa gente. Non potremo risolvere noi tutti i loro problemi; non saremo capaci di far fronte a necessità enormi, a volte anche ostacolate dalla volontà umana. Non sapremo affrontare tutte le sfide che si stanno manifestando davanti … di fronte alle quali ci si sente piccolissimi, incapaci …
Ma solo camminando al fianco, la speranza potrà rinascere.
La speranza di non essere abbandonati e dimenticati come nazione, come popoli, che nessuno conosce; la speranza di stare a cuore a qualcuno, che la sofferenza di questa gente sta nel cuore di fratelli e sorelle; la speranza di poter riprendere un cammino che porti frutti per i figli, per i tanti bambini che stanno crescendo e per i quali si desidera qualcosa di bello nel loro futuro.
Un giovane che dalla prigione giovanile esce con un diploma per lavorare; dei ragazzi che trovano lavoro dopo i corsi di avviamento professionale; i bambini di cui qualcuno si prende cura dell’educazione e della loro salute; l’ascolto di vite segnate dalla sofferenza e dal sopruso …
ed ora il terremoto con il mare di urgenze e di bisogni: anche la desolazione più grande può diventare luogo di speranza.
Camminare assieme fa nascere la speranza: perché si è cari a qualcuno; perché si ha qualcuno a cui affidare, anche per un momento, la propria vita …
Quanto è vero questo per tutti; ma mi pare in special modo – ora – per questa gente!
Così mi vedo prima di tutto; così sento la presenza di noi “stranieri” in questa terra così sofferente. Così mi pare di capire la mia presenza. Camminare assieme per suscitare la speranza. Non sono gli uomini ad avere l’ultima parola; e come cristiano siamo ancora più convinti che la speranza può dare la forza sufficiente per riprendete il cammino.
La morte non ha vinto: lo proclamiamo in questa settimana!
È una Settimana Santa che coincide, quest’anno, anche con il capodanno tradizionale birmano; una mia collaboratrice buddista di Mandalay ci diceva l’altro ieri: grazie che ci date l’occasione di ricominciare da capo. Nella speranza di una Pasqua, una vita nuova, per questo angolo di mondo.
Buona Pasqua di Resurrezione!
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