ASCOLI PICENO – Una foto del volto sorridente di Papa Francesco, a ricordare la tenerezza, la gioia e, a tratti, l’umorismo che ha donato a chiunque lo abbia incontrato. Una fiamma tenue ma viva, quella del cero acceso davanti alla sua immagine, a rappresentare la fede che lo ha sempre sostenuto e la luce che ha portato nel mondo. Un’anfora ricolma di rami di ulivo, a rievocare il suo grido di pace per l’umanità intera, un desiderio che ha manifestato fino all’ultimo anelito. Alle sue spalle una tela liberamente ispirata al quadro di Gesù misericordioso, a ricordare non solo la visita che Papa Francesco fece nel 2016 al santuario della Divina Misericordia, ma anche l’essenza del suo Pontificato, basato proprio sull’immensa misericordia di Dio e sull’affidarsi totalmente a Lui, come recita l’iscrizione presente nell’opera originale: “Gesù, io confido in Te!”. Una misericordia che tocca ciascuno di noi e che è così grande da dover essere riversata, a sua volta, ad ogni fratello e ad ogni sorella che incontriamo lungo il nostro cammino.
Sono queste le immagini più suggestive e rappresentative della Celebrazione Eucaristica che si è svolta ieri sera, 22 Aprile 2025, alle ore 21:00, presso la chiesa Santa Maria Goretti in Ascoli Piceno, per l’occasione gremita di fedeli accorsi da ogni parte della Diocesi di Ascoli Piceno per commemorare Papa Francesco e pregare per lui. La Santa Messa, presieduta dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri, è stata concelebrata anche da numerosi preti diocesani. Tra i fedeli era presente anche Sua Eccellenza Sante Copponi, Prefetto di Ascoli Piceno.
Le parole del vescovo Gianpiero Palmieri
Queste le parole con cui mons. Palmieri ha iniziato la sua omelia: “È davvero un grande segno di affetto ritrovarci insieme e così numerosi per pregare per Papa Francesco e per ringraziare il Signore per averci donato questa figura che ha fatto molto bene alla Chiesa, permettendole di fare un passo in avanti. Senza dubbio. Vogliamo allora chiedere al Signore di poter custodire la sua Chiesa in ogni stagione della sua vita, anche nella stagione imminente che ci attende, senza Papa Francesco”.
Una Chiesa che torni al kèrigma: la conversione pastorale richiesta da Papa Francesco
Il prelato ha poi proseguito con alcuni ricordi personali: “Quando uscì, a Novembre del 2013, la sua esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, mi misi a leggerla distrattamente la sera, prima di andare a letto, e trascorsi tutta la notte sveglio per finirne la lettura. Lo feci con una gioia profondissima, perché era un testo programmatico molto coraggioso e molto nuovo, in cui veniva proposta una conversione missionaria che non desse nulla per scontato, che fosse aperta e disponibile a far partire una conversione pastorale: non semplicemente una riforma, perché bisognava andare più in profondità, bensì una conversione pastorale dove per conversione si intende un ritorno al Vangelo, un ritorno al Signore. Tutti ci siamo sentiti coinvolti da quelle parole, perché tutti eravamo chiamati ad una conversione che rendesse la Chiesa più missionaria: già nel primo capitolo, infatti, si parlava delle Parrocchie, delle Diocesi, del Papato, dei Collegi dei Vescovi, quindi una conversione che non lasciasse intatto nessuno. Ma cosa si intendeva per Chiesa missionaria, secondo Francesco? Per il nostro Papa si intendeva l’incontro con il Signore, vivo e Risorto, quell’incontro che mette tanta gioia nel cuore (da qui il titolo) e che spinge ad essere, in questo mondo, discepoli missionari, cioè gente che sente il bisogno di testimoniare a tutti la gioia dell’incontro avuto. E vi ricordate cosa diceva per quanto riguarda al catechesi? Non c’è niente di più importante del kèrigma, termine con il quale Papa Francesco definiva proprio l’incontro con il Signore Gesù. Da lì si parte, da lì si ritorna.
Una Chiesa che racconti la gioia dell’incontro con il Signore: il cuore dell’insegnamento di Papa Francesco
“Il Vangelo di oggi ci parla proprio di questo incontro. Voi sapete che il Vangelo di Giovanni ha una categoria centrale, che è quella nuziale. È il Vangelo che ci dice che Dio, attraverso Gesù, vuole realizzare le nozze tra Dio e gli uomini. Lo sposo è Gesù, Gesù Risorto. La sposa è l’umanità, è la Chiesa. E tutte le figure femminili del Vangelo di Giovanni ci rappresentano, rappresentano la Chiesa: Maria, che lo accompagna fin sotto la croce, o la samaritana o l’adultera. O anche Maria di Magdala, come nel Vangelo di oggi, che è la Chiesa che vorrebbe trattenere il Signore, adesso che lo vede risorto. Ma il Signore non si lascia trattenere, perché questo è il tempo della Chiesa, di una comunità matura; è il momento dell’incontro, nella fede, con il Signore Gesù. Una Chiesa che non può trattenere il Signore, ma che avrà la consapevolezza che il Signore è davanti a lei e fa con lei un’alleanza eterna e definitiva, che nella Bibbia è ben riassunto nell’espressione «Io salgo al Padre mio e al Padre vostro». Dio mio e Dio vostro: sono le parole dell’alleanza, un’alleanza eterna tra Dio e l’umanità intera. È questo il cuore della fede di una comunità cristiana, questo legame insolubile con il Signore Gesù. Quanto è bello quando noi ci incontriamo insieme, in assemblea e in gruppi, o anche a tu per tu, e ci raccontiamo: ‘Ma tu come hai incontrato il Signore? Come hai avuto la percezione di fede di averLo vivo davanti a te, che parlava a te, che si rivolgeva a te, ti donava il suo Spirito, ti chiedeva di far parte della sua comunità, la Chiesa, il suo cuore, e di prendertene cura, come il discepolo amato?’. È molto bello sempre, per noi, partire da questo cuore, e Papa Francesco ci ha costantemente invitati a questo. Se non facciamo questo, si perde il cuore dell’insegnamento del Papa. In questo periodo sento tante parole, anche mentre venivo qua, e sento anche tante falsità, da parte di chi sembra non aver mai sentito il Papa se non dai giornali. Questo è il cuore, ma anche il cuore umano, il cuore credente, il cuore spirituale di Papa Francesco”.
Una Chiesa d’élite che dà spazio a una Chiesa di popolo: la preoccupazione maggiore di Papa Francesco
Il Papa era ben consapevole che in un periodo come il nostro, quello del dopo Concilio, c’era un compito ecclesiale fondamentale, cioè la receptio, cioè il far nostro, i documenti del Concilio. E c’erano dei passaggi importanti che Papa Francesco ci ha aiutato a fare. Il primo è quello che equivale al primo capitolo del documento della Chiesa sul Concilio, la ‘Lumen Gentium’, lì dove si dice che la Chiesa è un popolo di battezzati, un popolo che non si sbaglia nel credere, perché l’infallibilità, prima di essere una caratteristica del Papa, un dono fatto al Papa, è un dono fatto a tutta la Chiesa. Tutti i cristiani ricevono l’unzione della fede, il senso della fede. Tutti i cristiani sono re, sacerdoti e profeti. E la Chiesa, certo che è una piramide, ma capovolta, dove chi ha ricevuto un ministero – come il papa, i vescovi, i preti, i diaconi – lo vive a servizio del popolo di Dio. È molto più importante essere cristiani che essere preti! Questa è la nostra dignità, la comune dignità battesimale. E il Papa ci ha invitato a scoprirla. E questo ha una concretizzazione molto chiara: si traduce nell’essere più sinodali. Quanto ha insistito Papa Francesco sul fatto che camminassimo insieme, che ci ascoltassimo a tutti, che il cammino sinodale fosse per tutti, che avessimo il coraggio di vivere la sinodalità veramente. Questo non è facile, perché significa operare un discernimento spirituale di ciò che il Signore ci chiede. Questo richiede tanto ascolto della Parola, tanta preghiera, tanta condivisione tra noi, senza disprezzare il contributo di nessuno. Una Chiesa d’élite che dà lo spazio a una Chiesa di popolo. Questa è stata la preoccupazione di Francesco“.
Una Chiesa che si metta in ascolto del mondo, di tutti, con un tratto umano e tenero: il cammino iniziato da Papa Francesco
“L’altra grande preoccupazione di Papa Francesco – ha aggiunto mons. Palmieri – era far diventare realtà l’altro grande documento del Concilio, la costituzione pastorale ‘Gaudium et Spes’, il documento sul rapporto tra la Chiesa e il popolo. Un documento molto coraggioso. Quel documento dice che la Chiesa si mette nei confronti del mondo in un atteggiamento di ascolto e di dialogo, sapendo cogliere quello che lo Spirito Santo, che Dio, fa nel mondo. È intercettato questo come un appello. Un appello a ciò a cui la Chiesa è chiamata a convertirsi, per essere capace di annunciare il Vangelo. Capite? Non è che c’è da una parte la Chiesa e Dio sta qui, mentre da un’altra parte il mondo, brutto e cattivo, dove Dio non c’è. No! C’è Dio qui e c’è Dio di qua! E agisce nel mondo e nella storia umana. Certo: impastata insieme a tanto male! Ma la Chiesa deve avere lo sguardo attento e riconoscere Gesù dovunque, scoprire Dio in ogni cosa, saper cogliere la presenza di Dio ovunque, interpretare i segni dei tempi, riconoscere in questo tempo gli aspetti che contiene. Francesco ci ha insegnato a vivere il rapporto con il mondo così. Anche con le periferie esistenziali, cioè quei luoghi che la Chiesa fa fatica a riconoscere, che siano le persone povere, che siano le persone che hanno vissuto un distacco dalla comunità cristiana, che siano le persone che moralmente noi rimproveriamo. Mettersi in contatto con tutti, riconoscere l’azione di Dio ovunque e sentire l’annuncio del Vangelo oggi, avendo colto i segni dei tempi: di questo si è preoccupato Francesco, del fatto che la Chiesa arrivasse fino a questo punto, che la Chiesa potesse comprendere la portata di tutto questo. E lo ha fatto sempre mantenendo un tratto umano, delicato, tenero. Non è stato semplice, perché papa Francesco aveva un carattere sanguigno, ma, grazie a Dio, unito a una grande dote di umorismo, una dote spirituale altissima che gli ha permesso di saper guardare la realtà in maniera profonda, nei suoi aspetti più veri ed autentici. Chi è stato più vicino a lui ha davvero tanti aneddoti da raccontare sulla sapienza del cuore che Papa Francesco aveva!”.
Una Chiesa che sa testimoniare l’incontro con il Signore e con la sua misericordia: il cuore della spiritualità di Papa Francesco
Il vescovo Palmieri ha poi letto un’omelia fatta dal Santo Padre, riferita proprio al Vangelo del giorno, in cui parlava della grazia delle lacrime: “A proposito di Maria Maddalena Papa Francesco dice: «Non c’è più l’amore di Gesù. E Maria Maddalena piange. È il momento del buio. Però Maria Maddalena non dice: ‘Ho fallito’. Strano! Piange semplicemente. Vedete, alle volte nella nostra vita, gli occhiali per vedere Gesù sono le lacrime. C’è un momento nella nostra vita in cui solo le lacrime ci preparano a vedere Gesù. E qual è il messaggio di questa donna? Ho visto il Signore. È un esempio per il cammino della nostra vita. Tutti noi abbiamo, nella nostra vita, attraversato dei momenti di gioia, di dolore, di tristezza. Tutti siamo passati per queste cose. Ma – e lascio cadere una domanda – abbiamo pianto? Nei momenti più scuri abbiamo pianto? Abbiamo avuto il dono delle lacrime che preparano gli occhi per vedere il Signore? Vedendo questa donna che piange, possiamo anche noi domandare al Signore la grazia delle lacrime? È una bella grazia, è una bella grazia! Piangere è frutto di tutto. Del bene, dei nostri peccati, delle grazie, della gioia pure! Piangere di gioia. Quella gioia che noi abbiamo chiesto di avere in Cielo e che adesso pregustiamo. Piangere. Il pianto ci prepara a vedere Gesù. E il Signore dia la grazia a tutti noi di poter dire, nella nostra vita, ‘Ho visto il Signore!’. ‘Perché ti è apparso?’. ‘No, non lo so. Ma l’ho visto. L’ho visto nel cuore. E, perché l’ho visto, vivo. E l’ho visto in questa maniera qui, tra le lacrime’. E questa è la testimonianza. Ho visto il Signore. Bene! Che tutti noi possiamo dare questa testimonianza: ‘Vivo così, perché ho visto il Signore!’».
È un commento molto bello, che dice il cuore della spiritualità di Francesco. Vi voglio anche raccontare un aneddoto che è personale. La prima volta che Papa Francesco ha incontrato il clero di Roma, ha chiesto che l’incontro fosse una liturgia penitenziale. Il Papa ci ha chiesto di confessarci tra noi a San Giovanni in Laterano, lui ci avrebbe raggiunto per fare un discorso alla fine. Quando è arrivato, ha scelto un confessionale a caso, si è confessato con il prete che stava dentro al confessionale, poi ha preso il proposto e si è messo dentro al confessionale. Lì, in fila, da una parte, c’era un mio amico, un prete giovane. Immaginate: stai per confessarti e improvvisamente cambia il confessore e arriva il Papa! Il mio amico stava vivendo un momento molto difficile e scoppia a piangere, dicendo: ‘Io sono molto debole, Santità, sono molto debole’. Il Papa non lo fa parlare e gli dice: ‘Un prete che piange è bellissimo!’ Poi gli dà l’assoluzione senza farlo parlare. E così ci ha insegnato la misericordia. È la potenza dei segni! È la potenza della misericordia. Ringraziamo il Signore per aver avuto un Papa così! E che Dio ci accompagni come Chiesa!”.
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