

Di Ilaria De Bonis
“Caro Papa Francesco, ti ringrazio per la tua straordinaria normalità: per aver mostrato che si può essere papa e andare dal calzolaio, dal dentista, dall’oculista; viaggiare con l’utilitaria come tanti di noi, abitare semplicemente. Hai avuto il coraggio di essere te stesso anche rompendo tradizioni, e senza far polemiche. Anche per il tuo funerale hai disposto normalità”. È il messaggio che arriva da suor Teresina Caffi, missionaria Saveriana a Bukavu, in Repubblica Democratica del Congo.
Diversi sono i missionari che in queste ore di lutto e preghiera per Papa Bergoglio sentono il desiderio di inviare alla Fondazione Missio poche righe, lettere aperte e parole di ringraziamento e affetto: è il contributo di chi la missione la vive da anni, in Africa come in Asia, America Latina o in Terra Santa. “Hai fatto passi su una strada su cui sarà difficile ora tornare indietro – dice ancora suor Teresina –. Hai osato pensare avanti senza rompere con chi si attaccava alle tradizioni. Forse avresti osato anche di più se non avessi avuto questo popolo variegato da tenere unito”.Suor Teresina dice che Bergoglio ha riacceso nella Chiesa parole come “sinodalità, che possono portare lontano, oltre le tue stesse idee, perché aprono spazi allo Spirito nell’ascolto reciproco”.
La fidei donum Maria Soave Buscemi, per molti anni formatrice al Cum di Verona, e oggi missionaria itinerante in Europa e Brasile, dice: “Francesco, sei stato tra noi dandoci pratica pastorale di speranza fino alla mattina di Pasqua, il giorno della tredicesima luna piena. Ci hai insegnato a servire il popolo delle persone impoverite, la tredicesima tribù che vaga tra i mari e nelle strade del mondo, affaticata da fame, da guerre e ingiustizie. Hai riconosciuto Maddalena, la tredicesima apostola, tra le donne nell’accolitato e nella diaconia”. Maria Soave ricorda:“Quando abbiamo potuto abbracciarci fisicamente, mi disse che appartenendo al gruppo dei fidei donum ero di un gruppo di buone persone e io gli risposi: ‘Francesco, tu sei una buona persona!’”.
Dalla Repubblica Centrafricana giungono alcune righe dal vescovo e missionario carmelitano, padre Aurelio Gazzera. “Papa Francesco per il Centrafrica è sempre stato una figura vicina e presente. La sua visita qui a Bangui nel 2015 fu un avvenimento unico che ha voltato pagina ad un periodo lunghissimo di guerra. Non ha risolto tutti i problemi – argomenta padre Aurelio – però è stato molto forte: la gente è riuscita a rompere un pochino questo schema di violenza e di tensione per lasciare spazio all’amore, alla fede, alla riconciliazione, all’ascolto”.
Fra Ettore Marangi da Nairobi, in Kenya, dice: “Papa Francesco ha sconfessato il cristianesimo identitario, che invoca la cultura cristiana per salvaguardare i privilegi dei potenti dell’Occidente, in favore di un cristianesimo che sulla scia dell’incarnazione del Signore ‘si fa tutto a tutti’”.
Ancora da suor Teresina Caffi: “Bergoglio ha messo i poveri al centro dell’attenzione della Chiesa esortando non solo a soccorrerli nell’immediato ma a lottare contro le cause strutturali della miseria”.
E infine un plauso collettivo per l’invito a creare una Chiesa in uscita:“Ci hai detto che ‘uscire’ non è il compito di alcuni, ma il Dna di ogni credente, della Chiesa stessa”, dicono diversi missionari.E le missionarie donne sanno che proprio per le donne Papa Francesco ha fatto molto, ma il cammino è appena iniziato: “Come donne ci hai aperto spazi nuovi – dice suor Teresa Tutolo, anch’ella in Centrafrica –. Certo, molte di noi attendono mete più lontane, ma, come tu hai spesso detto, quel che conta è avviare processi”.