(L’Osservatore Romano-SIR)

Di Alberto Baviera

“Il lavoro è quello che rende l’uomo simile a Dio, perché con il lavoro l’uomo è creatore, è capace di creare, di creare tante cose; anche di creare una famiglia per andare avanti. L’uomo è un creatore e crea con il lavoro. Questa è la vocazione”. Questa frase, pronunciata da Papa Francesco il 1° maggio 2020 nell’omelia della messa quotidiana a Casa Santa Marta, racchiude il pensiero di Bergoglio sul lavoro. “L’uomo – aggiunse – è coinvolto nel lavorare. È la prima vocazione dell’uomo: lavorare. E questo dà dignità all’uomo. La dignità che lo fa assomigliare a Dio. La dignità del lavoro”.

A scorrere tra documenti, omelie, interventi, catechesi, messaggi e post sui social, sono decine e decine i riferimenti al lavoro e alla sua mancanza, alla disoccupazione, allo sfruttamento e alla schiavitù, al riposo e alla sicurezza. Tanti da indurci a ricordarlo anche per la sua grande attenzione al lavoro e alla valenza che questo assume nella vita quotidiana di ogni persona.

Il falegname e carpentiere. “È bello pensare che Gesù stesso abbia lavorato e che abbia appreso quest’arte proprio da San Giuseppe”, affermò Francesco nella catechesi dell’udienza generale del 12 gennaio 2022, prima di osservare:

“Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità”.

Anche in quella occasione il Papa aveva passato in rassegna le diverse dimensioni e problematiche legate al lavoro.

Le caratteristiche del lavoro. È sintetizzato al punto 192 dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium il pensiero di Francesco sul lavoro. Quattro gli aggettivi scelti per definirlo e per indicare come dovrebbe essere, ad ogni latitudine e in ogni settore:

libero, creativo, partecipativo e solidale.

La Chiesa italiana proprio a questo dedicò la 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017, sul tema “Il lavoro che vogliamo”.

Il lavoro come realizzazione. Nella società moderna, aveva osservato nella già citata omelia, “non si tiene abbastanza conto del fatto che

il lavoro è una componente essenziale nella vita umana,

e anche nel cammino di santificazione”. “Lavorare – aveva spiegato – non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo”. E poi “il lavoro è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale. Il lavoro è anche un modo per esprimere la nostra creatività: ognuno fa il lavoro a suo modo, con il proprio stile; lo stesso lavoro ma con stile diverso”, aveva rilevato.

La piaga del lavoro in nero. Il pensiero, quella volta come altre, era andato “a tutti i lavoratori del mondo, in modo particolare a quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche; a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; alle vittime del lavoro – abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono parecchi; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare”.

“Il lavoro in nero oggi c’è, e tanto”,

la denuncia di Francesco che aveva invitato a considerare quanti sono “i lavoratori nascosti, i lavoratori che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche” oltre “a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero, a coloro che danno lo stipendio di contrabbando, di nascosto, senza la pensione, senza niente”. Parole forti anche quelle pronunciate il 30 maggio 2015 rivolgendosi ai partecipanti ad un incontro promosso da Scienza & vita:

“È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza”,

tuono il Papa.

La persona e la sua dignità. Risale all’udienza generale del 25 marzo 2015 un altro forte richiamo: “Al centro di ogni questione, specialmente di quella lavorativa, va sempre posta la persona e la sua dignità: per questo avere lavoro è una questione di giustizia, ed è una ingiustizia non avere lavoro!”.

“Quando non si guadagna il pane, si perde la dignità!”,

aveva ammonito Francesco, spiegando che “questo è il dramma del nostro tempo, specialmente per i giovani, i quali, senza il lavoro, non hanno prospettive per il futuro e possono diventare facile preda delle organizzazioni malavitose”. “Per favore, lottiamo per questo: la giustizia del lavoro”, l’appello del Papa.

I lavoratori “sono persone e non numeri”. Nell’incontro con la Cgil nel dicembre 2019, tra le “preoccupazioni” Francesco espresse come prima quella della “sicurezza dei lavoratori”. Per questo invocò: “Non permettiamo che si mettano sullo stesso piano il profitto e la persona!”. “L’idolatria del denaro – continuò – tende a calpestare tutto e tutti e non custodisce le differenze. Si tratta di formarsi ad

avere a cuore la vita dei dipendenti e di educarsi a prendere sul serio le normative di sicurezza: solo una saggia alleanza può prevenire quegli ‘incidenti’ che sono tragedie per le famiglie e le comunità”.

Parità di trattamento. Il 29 aprile 2015, in una catechesi dedicata alla famiglia e al matrimonio, il Papa affermò che come cristiani si deve

“sostenere con decisione il diritto all’uguale retribuzione per uguale lavoro; perché si dà per scontato che le donne devono guadagnare meno degli uomini?”,

l’interrogativo posto dal Pontefice che, sottolineando come uomini e donne “hanno gli stessi diritti”, aveva accusato:

“La disparità è un puro scandalo!”.

Altre tutele. Significativo anche quanto disse incontrando dirigenti e dipendenti dell’Inps nel novembre 2015 approfondendo la “custodia del diritto al riposo”. “Il vero riposo viene proprio dal lavoro!”, spiegò, proseguendo: “Tu ti puoi riposare quando sei sicuro di avere un lavoro sicuro, che ti dà dignità, a te e alla tua famiglia. E tu ti puoi riposare quando nella vecchiaia sei sicuro di avere la pensione che è un diritto. Sono collegati, tutt’e due: il vero riposo e il lavoro”. Per questo,

“il riposo è il diritto che tutti abbiamo quando abbiamo lavoro; ma se la situazione di disoccupazione, di ingiustizia sociale, di lavoro nero, di precarietà nel lavoro è tanto forte, come io mi posso riposare? Cosa diciamo? Possiamo dire – è vergognoso!”, il monito di Francesco.

L’impatto delle nuove tecnologie. Intervenendo lo scorso giugno a Borgo Egnazia alla sessione del G7 sull’Intelligenza artificiale, “strumento affascinante e tremendo al tempo stesso”, Francesco mise i potenti del mondo in guardia: se da un lato “l’intelligenza artificiale potrebbe permettere una democratizzazione dell’accesso al sapere, il progresso esponenziale della ricerca scientifica, la possibilità di delegare alle macchine i lavori usuranti”, al tempo stesso, aggiunge, “essa potrebbe portare con sé una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi, mettendo così in pericolo la possibilità di una ‘cultura dell’incontro’ a vantaggio di una ‘cultura dello scarto’”.

Innumerevoli, come già detto, sono state le occasioni nelle quali Papa Francesco si è dimostrato attento al mondo del lavoro, soprattutto ai lavoratori: lo ha fatto, ad esempio, incontrando associazioni di categoria o i movimenti popolari, rivolgendosi al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede o rappresentanti istituzionali. E se già a Genova, nell’incontro del 27 maggio 2017 svoltosi nello Stabilimento Ilva, avvertiva che

“il lavoro è a rischio”

ancora recentemente Francesco si è schierato dalla parte delle persone: come ha fatto a dicembre scorso assicurando la propria vicinanza ai lavoratori della Beko di Siena, Fabriano e Ascoli Piceno perché

“difendono in modo solidale il diritto al lavoro, che è un diritto alla dignità. Che non gli sia tolto il lavoro, per motivi economici o finanziari”.

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