DIOCESI – Pubblichiamo la lettera della Caritas della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto.
In questi giorni stiamo contemplando il mistero pasquale. Gesù, il Dio che si fa uomo, sulla croce appare come uno ‘scartato”. Ha contro tutti. Ha contro il popolo che chiede di liberare Barabba; ha contro i capi: “lo deridevano dicendo: “Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto”; ha contro i soldati: “lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso»”; ha contro anche uno dei malfattori crocifissi con lui: “lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!”. Si rinnovano così le tentazioni del diavolo nel deserto che aveva detto a Gesù: “Se tu sei il Figlio di Dio, usa le tue capacità a tuo vantaggio”. Ma Gesù non è venuto a salvare sè stesso, ma a salvare gli altri. Salvare sè stessi è la grande tentazioni degli uomini e delle donne oggi! Eppure scrive Luigi Pintor: “Non c’è, in un’intera vita, cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi”. E diceva Albert Einstein: “La maturità inizia quando sentiamo che è più grande la nostra preoccupazione per gli altri che per noi stessi”. E’ quanto in questi anni ci ha insegnato papa Francesco che non si è mai risparmiato, ha voluto stare accanto al popolo di Dio fino alla fine, ha dato tutto se stesso specie per gli ultimi, i poveri, gli oppressi.
Proprio da questi nostri fratelli e sorelle dovremmo imparare che la croce non è il segno del fallimento, infatti quando sulla violenza e sulla morte, si stende l’amore, la vita risorge, diventa indistruttibile! A volte è sufficiente una parola piena di affetto, un gesto semplice e allo stesso tempo rivoluzionario, per aprire squarci incredibili. Basta pensare all’altro crocifisso con Gesù, la persona più lontana da Dio, un bandito, un delinquente, che però sa sussurrare: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Chiede soltanto di essere ricordato, ma il Signore va sempre al di là delle nostre aspettative, dei nostri desideri e delle nostre speranze e concede molto di più: “In verità io ti dico: “oggi con me sarai in paradiso’”, cioè garantisce che nello stesso giorno sarà con lui nella pienezza della vita.
Così si esprimeva papa Francesco nell’omelia preparata per quest’ultima Pasqua: “Fratelli e sorelle, ecco la speranza più grande della nostra vita: possiamo vivere questa esistenza povera, fragile e ferita aggrappati a Cristo, perché Lui ha vinto la morte, vince le nostre oscurità e vincerà le tenebre del mondo, per farci vivere con Lui nella gioia, per sempre” (omelia 20.04.2025).
Quante volte abbiamo assistito in Caritas alla rimozione di pesanti macigni posti sulla vita dei crocifissi di oggi?! Quante volte abbiamo visto risorgere persone “esistenzialmente morte”?! Quante volte siamo stati testimoni di come l’amore guarisce? Questo è il tempo, come ci ricorda l’anno giubilare, della speranza che non delude! In questi giorni ho pensato spesso, al nostro carissimo amico Peppe, il presidente della Fondazione Caritas, che ha celebrato la Pasqua in cielo. Di fronte a situazione difficili, difficilmente risolvibili, mi capitava di confidare i miei dubbi sulle scelte circa l’accoglienza, le regole reclamate da molti, le reazioni violente di alcuni. Sempre mi ripeteva: “Tu fai il prete: compassione, misericordia e perdono”. Oggi più che mai penso che questo non può non essere lo stile di ogni cristiano, e quindi della Caritas, anche di fronte ad accuse ed incomprensioni. Ce lo ha ricordato spesso proprio papa Francesco e semplicemente perché questo è stato lo stile di Gesù sulla croce, dove ci ha amati fino alla fine, quando non eravamo amabili, perché un amore così fa risorgere!
E con questa fiducia nella possibilità di risorgere, offerta a tutti, grazie alla presenza in mezzo a noi dello Spirito del Risorto, che continuiamo il nostro cammino. Questo è davvero il tempo della speranza che non delude, il tempo per aprire tutte le porte, a partire da quelle del nostro cuore e delle nostre chiese. Porte aperte sulla vita, sulla giustizia, sulla pace, perché possa nascere una ‘società altra”, dove tutti possano trovare rifugio e accoglienza, cura e protezione, perdono e festa, fraternità e pace. Questo è il prodigio della Pasqua: credere che in Gesù risorto, per tutti, anche per chi si sente o è scartato, c’è la possibilità di cambiare, di ricominciare, rinascere, risorgere!
Carissimo papa Francesco, tu che sei andato “a cercare altrove Gesù”, insegnaci, come hai fatto tu, ad amare fino alla fine! Aiutaci a vivere con gioia “tutto il vangelo”. Donaci di essere una Chiesa in uscita, accogliente verso chi è scartato, piena di tenerezza, compassione, misericordia verso tutti, impegnata nella promozione della pace. Ci hai detto infatti: «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza» (Firenze 10 novembre 2015).
Come ci hai sempre invitato a fare, oggi più che mai, pregheremo per te e tu prega per noi!
Maria, Madre di Cristo e madre nostra, prendici per mano e stringici forte, accompagnaci perché possiamo varcare con te la porta della speranza che non delude.
0 commenti