Fernando Palestini
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – E’ stata veramente una lezione di economia molto stimolante e partecipata quella tenuta dal prof. Stefano Zamagni illustre economista italiano, professore all’Università di Bologna, sul tema “Etica ed economia” presso l’aula consiliare del Comune di San Benedetto del Tronto martedì 26 gennaio in occasione del terzo ed ultimo incontro del corso di formazione organizzato dall’Ufficio Cultura della Diocesi di San Benedetto del Tronto.
Il direttore dell’Ufficio Cultura, il prof. Fernando Palestini, ha introdotto l’incontro stimolando il prof. Zamagni sulla possibilità di coniugare l’economia con l’etica, riprendendo i principi della dottrina sociale della Chiesa e soprattutto le forti provocazioni di papa Francesco contenute sia nell’enciclica “Laudato sii” che nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, dove si legge: …“Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”.
Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. ……Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”….”
Zamagni ha iniziato la sua relazione distinguendo il “bene comune” dal “bene totale”: mentre il bene totale è la somma dei beni delle singole persone che a livello generale si estrinseca nel PIL (valore complessivo dei beni e servizi prodotti in un paese) il bene comune è il prodotto dei singoli beni e se qualcuno non ha beni il prodotto complessivo è zero. Questo significa che parlando di bene comune non posso sacrificare il benessere di qualcuno per il benessere degli altri (non è ammessa l’esclusione).
La ricchezza che viene prodotta deve arrivare a tutti, nessuno escluso, e non è possibile assistere agli enormi squilibri che vediamo oggi dove i 62 miliardari più ricchi del mondo concentrano nelle proprie mani risorse pari a quelle messe insieme dalla metà più povera della popolazione. Dopo aver fatto un excursus storico a partire dai primi secoli (furono i francescani a creare le prime banche per favorire appunto il bene comune, cioè di tutti) si è soffermato sui due fenomeni che a metà degli anni settanta hanno rappresentato il passaggio cruciale alla moderna economia e cioè la globalizzazione e la terza rivoluzione industriale (rivoluzione tecnologica o info-telematica) che ha preso il via alla fine del secolo scorso in California. Questi due fattori, secondo Zamagni, hanno favorito l’aumento delle diseguaglianze a livello mondiale, e per avallare questo concetto ha fatto riferimento al coefficiente di Gini che negli ultimi quaranta anni ha avuto un incremento pari a quello registratosi nei tre secoli precedenti (l’indice, oggi pari su scala mondiale a 0,60, è stato introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini e misura in un intervallo tra 0 e 1 le diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza). Le diseguaglianze quando sono troppo marcate, come sta avvenendo in questo periodo storico, mettono in discussione la pace oltre che la sostenibilità dell’intero sistema economico. In questo contesto anche la politica, priva di figure con un forte spessore culturale, ha perso il suo ruolo di governare gli avvenimenti e si è messa al servizio dell’economia o peggio ancora della finanza.
Le possibili soluzioni secondo l’economista sono da ricercare in quattro strategie. La prima è quella di passare da un sistema fiscale che tassa il reddito ad un sistema che tassi la rendita improduttiva; accanto a questa riforma occorre ridurre il gap salariale e culturale esistente tra i vari lavori attraverso un coordinamento concreto tra il mondo della scuola, quello delle imprese e l’ente pubblico. La terza strategia consiste nel passare dalla democrazia rappresentativa a forme di democrazia deliberativa dove, per la soluzione dei problemi di decisione politico-amministrativa, si devono creare delle assemblee alle quali possa partecipare ogni singolo cittadino cercando di trovare soluzioni condivise. L’ultimo passaggio, centrale secondo il prof. Zamagni, è quello di combattere la cultura dell’individualismo libertario introducendo la prassi del dono e della gratuità nelle relazioni interpersonali. Il modello è una società che ruota attorno a 3 sfere di economia. L’economia pubblica che continuerà ad esercitare un ruolo perché in certi settori, lo stato dovrà mantenere la sua presenza.
L’economia privata, che è formata da tutte le imprese che hanno scopi di profitto ed infine ci deve essere un’economia civile cioè un’economia formata da tutte quelle organizzazioni ed imprese che vanno dalle cooperative alle fondazioni alle associazioni alle varie forme di volontariato e così via. Tutte queste organizzazioni che Zamagni raggruppa sotto l’etichetta di economia civile, hanno in comune l’idea di diffondere e di praticare il principio di reciprocità e fraternità.
Nella sua conclusione Zamagni si è rivolto al numeroso pubblico presente e soprattutto ai tanti giovani invitando tutti a vivere in pienezza la propria esistenza cercando di divertirsi dando a questa parola il significato originario che deriva dal latino e cioè uscire da se stessi, volgersi altrove, per incontrare il volto dell’altro, il volto del fratello.
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