DIOCESI – Giovedì 25 Febbraio, i simboli della GMG: il Crocifisso di San Damiano e la Statua della Madonna di Loreto, dopo esser giunti a Ripatransone e aver fatto visita alla comunità di Casa Lella (vedi articolo I Simboli della Gmg Di Cracovia arrivano in Diocesi sostando a Ripatransone), sono giunti al porto di San Benedetto del Tronto dove sono stati accolti dai giovani della diocesi e dal Vescovo Carlo Bresciani.
Dopo un momento di accoglienza presso la banchina Malfizia, i simboli della GMG, portati a spalla dai giovani delle varie parrocchie del territorio, sono giunti in processione presso la Chiesa di San Giuseppe al centro della città di San Benedetto del Tronto.
Presso la Chiesa di San Giuseppe il Vescovo Carlo Bresciani ha affermato: “Ci troviamo di fronte a parole molto forti che Gesù dice a Pietro, parole che non ci aspetteremmo e forse non vorremmo nemmeno sentire. Gesù dice a Pietro, con un aspro rimprovero, che in lui sta parlando niente meno che Satana.
Per cercare di capire bene bisogna, come sempre, rifarsi all’antefatto e quindi porre tutto nel contesto. Gesù aveva chiesto ai suoi apostoli che cosa dicesse la gente di lui. Come c’era da aspettarsi, le opinioni sono molto diverse. Chi dice che lui sia Elia, chi dice che sia qualcuno dei profeti, e probabilmente c’era anche chi diceva altro. Sappiamo che c’era anche chi diceva che Gesù non era altro che Beelzebul (cioè il demonio incarnato). Come sempre le chiacchiere della gente dicono di tutto e il contrario di tutto. Ma Pietro, interrogato, sa staccarsi da queste chiacchiere e davanti a Gesù ha fatto la sua professione di fede: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). Corretto. Fa una professione di fede personale. Ma questa fede ha ancora bisogno di crescere. Pietro pensa bene di Gesù, ma non ha ancora capito bene fino in fondo Gesù.
Di fronte a questa professione di fede così sincera e così corretta, Gesù incomincia a spiegare meglio chi sia lui e il senso della sua vita e venuta nel mondo. Cerca di far fare un passo ulteriore a Pietro e agli apostoli. Come? Spiegando che cosa gli sta per succedere. Vuole prepararli ad affrontare la situazione che si sta creando, ma anche a capire di più non solo Gesù e la sua opera, ma il senso stesso della vita di ciascuno di noi, dove sta la dignità umana. Per questo reagisce fortemente a Pietro che resiste e cerca di tirarlo indietro. Gesù gli dice semplicemente che non è Pietro che deve guidare Gesù, ma è Gesù che deve guidare Pietro e quindi deve mettersi dietro a lui.
È quello che questa sera Gesù dice anche a noi tutti invitandoci a mettersi in cammino dietro a lui verso Cracovia.
Bisogna comprendere bene che Pietro vuole molto bene a Gesù e quello che gli dice viene da questo suo amore per lui. Infatti, non vorrebbe che Gesù soffrisse e appunto per questo gli consiglia di non andare a Gerusalemme. Chi ama non vorrebbe la sofferenza dell’amato. Le intenzioni di Pietro sono quindi positive. Ma cosa significherebbe per Gesù fare quello che Pietro vorrebbe? Fuggire, lasciarsi prendere dalla paura della sofferenza e perdere la propria dignità umana e divina. Il prezzo sarebbe troppo grande, perché avrebbe comportato rinnegare se stesso.
Io sono convinto che anche Gesù, se avesse potuto, non sarebbe andato incontro alla sofferenza e alla croce, non era un masochista. Ma ciò avrebbe comportato tradire se stesso e l’amore che aveva verso i pubblicani, le prostitute e i peccatori (potremmo dire ‘con noi’). L’accusa che gli veniva fatta, infatti, da chi tramava contro di lui era “mangia con i pubblicani e i peccatori … perdona i peccati”. Non era accusato di guarire i malati. Come avrebbe fatto a non prendere le difese di queste persone e ad abbandonarle a se stesse? Non era proprio l’amore di Dio per loro che doveva manifestare? Come avrebbe potuto guardarsi allo specchio se le avesse abbandonate per le critiche o per le trame di qualcuno?
Gli scribi e i farisei erano un po’ come i bulli che disprezzavano e allontanavano da Dio e dalla società i più deboli e i più fragili. Cosa doveva fare Gesù? Stare a guardare e starsene zitto?
Vedete allora, ragazzi, che c’è una grande dignità in quel crocifisso che accetta la croce per questo motivo. È uno che non si è arreso ai bulli e ai prepotenti e non si è schierato con loro; non ha rinunciato alla propria dignità umana e divina. È un vero Uomo. Vi confesso che mi fa arrabbiare vedere certe raffigurazioni sdolcinate di Gesù, così poco uomo: tradiscono la sua realtà rappresentandolo come uno che cammina sulle nuvole, fuori dal mondo. Uno che accetta di essere rifiutato e perseguitato perché difende il debole, merita tutta la mia stima, se poi questi è Dio, merita tutto il mio amore.
Ecco perché il papa ci mette davanti il crocifisso e lo mette davanti a voi giovani. Perché il crocifisso indica dove sta la vera dignità umana, di un uomo che è veramente adulto: il crocifisso è uno che combatte la corruzione per noi, è uno che prende le mie difese e paga per questo! Mi viene in mente chi ha difeso gli Ebrei dai nazisti a costo della propria vita, sapendo quello che rischiava, ma non si sono tirati indietro: mi inchino davanti a loro, non davanti ai loro persecutori. Mi inginocchio davanti alla croce perché ha difeso la mia dignità di fronte ai prepotenti. Chi disprezza la croce (e oggi sembra che siano molti coloro che non la vogliono vedere) non solo non ha capito nulla di Dio, semplicemente non ha capito nulla dell’uomo. Solo i prepotenti la possono disprezzare e sentirsi offesi da essa. È vero, essa è un simbolo religioso del cristianesimo, ma è simbolo anche di un vero uomo, di un non prepotente, di uno che non si tira indietro nella difesa del debole e del povero.
Ragazzi, non possiamo tirarci indietro se vogliamo veramente essere uomini che non svendono la loro dignità. Pietro con il tempo ha capito la lezione di Gesù e non si è tirato indietro. Prima pensava secondo gli uomini che si lasciano dominare dalla paura e che cedono ai prepotenti fuggendo. Non ci si salva cedendo ai bulli e ai corrotti. Certo, questi te la fanno pagare appena possono, perché vorrebbero solo degli ominicchi come li chiama Leonardo Sciascia, dei mezzi uomini.
In fondo, quello che Gesù dice a Pietro è “sii uomo, abbi il coraggio di essere te stesso di fronte a tutti!”. Gesù è tutt’altro che rassegnato alla croce: la croce qui è segno di fortezza e non di debolezza di Gesù. Ecco perché Gesù dice a Pietro che gli è di scandalo: “non mi insegni ad essere uomo d’onore nel vero senso della parola, mi insegni ciò che è male”.
Non è che Gesù cerchi la croce, ripeto non è un masochista, è uno che non fugge per paura, anche se gli costa molto. Non è una mezza tacca di uomo come qualcuno vorrebbe presentarlo. È uno che non si arrende al prepotente.
Nietzsche diceva che il cristianesimo insegna la rassegnazione di fronte al prepotente e che quindi è la religione dei deboli: è esattamente tutto l’opposto. Il debole è Pietro e Gesù lo rimprovera! Nietzsche invoca il superuomo, ma il suo è un falso superuomo: è il super-prepotente che ha generato le dittature del 1900. Ovvio che non possa vedere Gesù. Ovvio che tutti i prepotenti di ieri e di oggi non possano vedere Gesù e che l’Isis distrugga i crocifissi. Tutti tentativi di far tacere, come lo sono stati quelli degli scribi e dei farisei.
Ditemi ragazzi: c’è più dignità in Pietro che scappa o in Gesù che affronta anche se deve pagare di persona? Qui si decide dell’umanità, non solo della fede religiosa. Qui si decide di che tipo di uomini e donne vogliamo essere. Qui c’è la grandezza di un Dio che non ti pianta in asso e che resiste ai prepotenti. La sua sequela è, quindi, per uomini veri, non per ominicchi o quaqquaraquà (Sciascia), di coloro cioè che si riempiono la bocca di parole per coprire la loro paura o le loro malefatte.
Ecco perché il papa mette davanti a voi, ragazzi, la croce. Vi dice: che tipo di uomini o donne volete essere? Gesù dalla croce ci indica la via di una vera e piena umanità. A voi scegliere. So bene che questa non è la via che appare più facile e più semplice, ma è quella vera, della non rinuncia alla propria dignità umana e di figlio di Dio.
Ecco, allora adesso possiamo capire meglio le condizioni che Gesù dà per coloro che vogliono seguirlo:
- “rinneghi se stesso”: non si tratta di rinunciare alla propria dignità umana come abbiamo più volte detto, ma di rinunciare alle proprie paure (tutti ne abbiamo). Occorre che rinneghiamo quella parte di noi stessi che ci spinge ad essere rinunciatari, a non osare, a rassegnarci, pensando così di raggiungere il quieto vivere.
- “prendere la propria croce”: non è facile lottare contro le nostre paure. Ci sono molte forze che ci tirano indietro e queste sono dentro di noi. Il nostro vero io verrà fuori solo se prendiamo la croce di resistere ad esse. Poi c’è la croce di chi vorrebbe tirarci indietro: i bulli e i prepotenti di turno, o forse anche coloro che ci vogliono bene come Pietro voleva bene a Gesù. C’è sempre chi deride e spinge a lasciarsi guidare dal rispetto umano, nascondendosi: sono i corrotti non solo economicamente, ma moralmente e spiritualmente: se non sei come loro, in nome della libertà diventano violenti, se non altro a parole.
- “quale vantaggio avrà un uomo se guadagna il mondo intero, ma perderà la propria vita?”: la ricchezza economica a qualsiasi costo è una illusione, così come quella del successo, della ribalta vendendo se stessi, la propria dignità umana e di figlio di Dio. Impressiona molto sentire che ci sono giovani che vendono letteralmente se stessi per soldi, per droga o … per la scheda di un cellulare. Non vendete la vostra vita, vergognandovi poi di voi stessi.
Ecco, Gesù si presenta come vero maestro per quello che fa, non solo per quello che dice: non si tira indietro. Ma anche per quello che insegna, come ha fatto con Pietro, andando anche contro corrente.
Cari ragazzi, guardate così quella croce che avete qui davanti: non si può non ammirare con grande stima e amore. Gesù ha resistito ai prepotenti e ai corrotti anche per me, per voi, per renderci liberi dalle paure e insegnarci la via della nostra dignità umana e di figli di Dio”.
Al termine della celebrazione Don Pierluigi Bartolomei, responsabile della Pastorale Giovanile diocesana ha invitato tutti i giovani della diocesi a vivere le catechesi del Vescovo Carlo Bresciani che si terranno tutti i giovedì, a partire dal 3 Marzo presso la Chiesa di San Giuseppe in San Benedetto del Tronto.
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