Finite le scuole i genitori italiani si trovano alle prese con un problema la cui soluzione dipende dal combinato composto di troppe variabili per essere univoca: dove metto i bambini per due mesi? L’ipotesi nonni a pieno servizio risulta in difetto di praticabilità stante la carenza dei suddetti, vuoi per motivi geografici dato che il lavoro non è più sempre nella stessa città in cui si è nati e cresciuti, vuoi per ragioni anagrafiche: o sono anche loro ancora in età lavorativa dopo aver visto allontanarsi il traguardo della pensione, oppure sono troppo anziani per poter utilmente seguire bambini che necessitano di energie inesauribili. Così, per molti, la risposta sta nei vari campi estivi dai progetti variegati e con costi commisurati all’offerta non sempre formativa. Un vero e proprio business che trova un suo contraltare nell’ottima proposta degli oratori, che in tutta Italia accolgono centinaia di migliaia di bambini senza essere un “parcheggio”, ma un’opportunità di crescita.
Partiamo dalle richieste dei genitori, i primi direttamente coinvolti in estati lunghe e costose. Per Fabrizio Azzolini presidente Age (Associazione italiana genitori)“la famiglia non è aiutata in nulla e si trova ad affrontare spese enormi per i propri ragazzi.Un conteggio fatto da noi stima che le spese sostenute siano sui 1500 euro. Se poi il numero dei figli è superiore a 1 si eleva sui 2mila euro, perché i costi di trasporto sono attutiti e ripartiti”. Una spesa che Azzolini definisce “tasse occulte” che “la famiglia non sa quantificare bene nel loro importo e si trova ad affrontare obbligatoriamente perché non può fare altrimenti: i figli vanno collocati al sicuro”. E, aggiunge, “dobbiamo far sì che in questo periodo di vacanze serva anche formare l’uomo di domani e non darlo per scontato”. Gli fa eco Roberto Gontero, presidente Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche): “lo Stato deve essere un’istituzione che ascolta le esigenze della famiglia. Sappiamo di non poter pretendere più di tanto in tempi di welfare in cui tutti i Comuni tirano la cinghia per far quadrare i bilanci, ma anche le famiglie hanno gli stessi problemi”. In fondo, spiega“anche l’assistenza estiva ai ragazzi è welfare e la libertà di educazione deve essere libera da vincoli economici”.Inoltre per Gontero “non è solo una questione di soldi ma anche di qualità, vorremmo affidare i nostri ragazzi a istituzioni che siano le più qualificate possibile: l’attività formativa ha il suo peso anche d’estate”.
Il fronte oratori è pronto a rispondere. Il Forum oratori italiani (Foi) conta oltre 7mila strutture in tutta Italia, (con Lombardia, Piemonte e Puglia a fare la parte del leone rispettivamente con 3mila, 1000 e 850 oratori), e un bacino di utenti che negli ultimi anni raggiungeva i 2 milioni di bambini con 350mila animatori giovani ed adulti. “Il 2016 registra un incremento dell’attività estiva negli oratori di almeno il 10%”, dichiara don Riccardo Pascolini, presidente Foi. Sono in crescita le famiglie “che cercano e trovano in oratorio una positiva opportunità per far trascorrere serenamente ai propri figli il lungo periodo estivo” e “sempre più numerosi parroci, viceparroci, coordinatori e operatori che si lanciano in questa nuova avventura”. Per quanto riguarda i costi l’organizzazione è autonoma. Ci sono oratori in cui è prevista una quota di partecipazione minima, altri dove ci si fa carico delle famiglie che non possono pagare. L’attività oratoriale, per don Pascolini, in Italia vive di due parole chiave “prossimità e territorialità. Per questo ciascun oratorio è una espressione unica ed irripetibile”.La novità di quest’anno (ai sensi della legge 13 luglio 2015 n.107 art.1, commi 33-43), è la possibilità che i giovani animatori possano svolgere il proprio percorso di alternanza scuola-lavoro con l’oratorio a fare da soggetto ospitante. Un’occasione importante per i moltissimi adolescenti che prestano qui il loro servizio estivo.“La situazione è cambiata negli anni, perché da parte di enti come i Comuni sono venute meno le risorse e l’oratorio ha un’offerta competitiva”, spiegaStefano Di Battista, direttore comunicazione Anspi, Associazione nazionale San Paolo Italia. Quanti sono i ragazzi Anspi? “Non abbiamo dati certi – spiega – ma possiamo fornire un dato empirico. Dipende dalla dimensione e dalla località, ma se mettiamo in gioco 1500 oratori e con una media di 300 ragazzi per oratorio, sono coinvolti circa 450mila ragazzi”. “E poi l’oratorio non è una proposta di matrice puramente cattolica, ma è aperto a tutti – dice Di Battista -: secondo un’indagine dell’anno scorso sugli oratori in provincia di Milano, ben il 25% dei ragazzi che frequentano sono di origine islamica”. In una società multietnica “la forza propulsiva dell’oratorio” è un grande aiuto all’integrazione. Inoltre, da parte dei genitori “è visto come un luogo protetto – ribadisce -, che propone dei valori e ancor prima, delle regole: devi arrivare a una determinata ora, ci sono attività da fare, pasti a certe ore”. Anche i costi sono ridotti: “Ogni oratorio fa il tesseramento annuale che varia secondo le Regioni ma in media si attesta sui 10 euro e comprende l’assicurazione multirischi”.
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