Padre LombardiIl 7 luglio è stata pronunciata dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano la sentenza di primo grado del processo “Vatileaks 2” per il trafugamento e la divulgazione di documenti riservati. Dei cinque imputati, monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda, segretario di Cosea, è stato condannato a 18 mesi di reclusione per “divulgazione illecita di documenti riservati”; la pr Francesca Immacolata Chaouqui a 10 mesi per concorso in reato con pena sospesa. Assolto Nicola Maio, segretario esecutivo di Cosea, per non aver commesso il fatto; prosciolti i giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi per difetto di giurisdizione. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana, nell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica” ripercorre a grandi linee il processo, apertosi (e proseguito) nel clamore mediatico il 24 novembre 2015, e scandito da 21 udienze e interrogatori pubblici degli imputati e di 16 testimoni, ed esprime alcune considerazioni, definendolo anzitutto “giusto e necessario”. Per il gesuita, infatti, “il rischio di distruzione della credibilità della volontà di fare giustizia e stabilire la verità è assai più grave di ogni possibile rischio ‘di immagine’”. La condanna di Vallejo Balda era “inevitabile”, prosegue Lombardi; “prevedibile” quella della Chaouqui; altrettanto “prevedibile” l’assoluzione di Maio; invece “niente affatto scontato” il proscioglimento di Nuzzi e Fittipaldi. Sulla questione “giurisdizione”, chiarisce, dichiarato il proprio “difetto”, il Collegio “non è più entrato in alcun modo a pronunciarsi sul merito delle accuse di pressioni o comportamenti scorretti dei giornalisti”.

Dal dibattimento del processo Vatileaks2 non è emersa alcuna prova di pressione da parte di Nuzzi e Fittipaldi su Vallejo Balda per avere i documenti; la loro trasmissione sembra un’iniziativa dell’allora segretario di Cosea; tuttavia, la pubblicazione di carte riservate non è legata al desiderio di verità ma a obiettivi come “interessi, vendetta, affermazione personale, ricerca di notorietà, talvolta ricatto”. Pertanto, se “la responsabilità di chi dà l’informazione è certamente maggiore”, quella di chi si fa “strumento dell’operazione non è inesistente, anche qualora non sia giuridicamente contestabile”. Sui contenuti dei due libri dei giornalisti, Lombardi chiarisce che si tratta in buona parte di “informazioni già note”, relative all’impegno di raccolta dati e informazioni messo in moto dal Papa per “uno studio e una riflessione di riforma e miglioramento della situazione amministrativa del Vaticano e della Santa Sede”. “La messa a punto della riorganizzazione dei Dicasteri economici, il funzionamento regolare delle istituzioni competenti per il controllo delle attività economiche e finanziarie e così via, sono una realtà oggettiva e incontrovertibile”, chiosa Lombardi, mentre la pubblicazione “alla rinfusa” di questi dati ha invece inteso creare l’impressione di “confusione, non trasparenza, perseguimento di interessi scorretti” in Vaticano. Fondo pensioni e finalità e impieghi dei beni appartenenti alla Santa Sede sono due esempi di temi trattati nei due libri sui quali “si potrebbero fare facilmente correzioni, obiezioni e precisazioni”. Per il gesuita, la rivelazione e divulgazione di documenti riservati “non è stato il primo, e purtroppo non sarà certamente l’ultimo, fatto di questo genere”. Tuttavia, “aver sottoposto questo reato a processo, con la condanna dei principali responsabili” ha rappresentato “un forte richiamo alla responsabilità nel mondo vaticano, alla consapevolezza dell’esistenza di una Legge e della volontà di farla rispettare”. “Un passo avanti – conclude – nel cammino faticoso verso la trasparenza, la verità e la giustizia, incarnate nel quotidiano della vita della Chiesa, anche nell’umanissimo mondo vaticano”.

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