È passata anche la seconda notte dopo quella della tragedia e, come avevano anticipato gli esperti, la terra continua a tremare. Alle 6,28 è arrivata una scossa forte, 4.8 la magnitudo, epicentro nel reatino. Ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto queste forse sono le ore più dolorose. Si continua ancora a scavare, senza sosta, con ogni mezzo a partire dalle mani, perché non bisogna mai perdere la speranza. Lo dimostrano le 238 persone finora estratte dalle macerie dai vigili del fuoco e dal soccorso alpino, ma tutti sanno che più passa il tempo più diventa improbabile trovare persone ancora in vita sotto i detriti. E nello stesso momento ci si rende conto con sempre maggiore consapevolezza della portata della tragedia. Se la devastazione dei centri abitati è apparsa subito evidente, adesso è la crescita del numero delle vittime che scava dentro l’anima.
Siamo ufficialmente arrivati a 268 morti, 208 ad Amatrice e 11 ad Accumoli, sul versante reatino, 49 ad Arquata, su quello ascolano.
Ma non è ancora finita, anche se la progressione inevitabilmente e fortunatamente rallenta. Tutta la questione dei numeri (ma ricordiamolo: si parla di persone umane e ogni unità è più preziosa dell’oro) resta incerta perché, spiegano alla Protezione civile, “manca la lista di partenza”.
Sfollati e scosse. In questo periodo estivo – e tanto più con l’approssimarsi della manifestazione dedicata alla pastasciutta che ha resto Amatrice famosa nel mondo – l’esigua popolazione della zona si moltiplica e quindi il confronto non può essere compiuto con i residenti. I feriti ricoverati in ospedale sono 387, ma il totale è sicuramente più elevato.
Gli sfollati che hanno usufruito dell’accoglienza sono 2.100, sui 3.500 posti disponibili.
Pur essendo agosto, le località colpite sono in montagna (Amatrice è quasi a 1.000 metri sul livello del mare) e fa freddo, soprattutto nelle ore notturne. Ma non c’è da meravigliarsi se restano inutilizzati tanti posti-letto: i turisti che hanno potuto sono tornati nelle loro città e anche tra i residenti c’è chi ha trovato ospitalità presso parenti e amici. Anche la notte trascorsa, si diceva, è stata accompagnata da continue scosse, come avevano annunciato gli esperti. Dall’inizio dello sciame sismico, se si contano anche quelle inferiori alla magnitudo 2, le scosse sono state migliaia. Due quelle superiori alla magnitudo 5, compresa quella devastante delle 3.36 della notte fra martedì e mercoledì, che è arrivata a 6.0. Alle 14.36 di ieri una scossa di grado 4.3 ha provocato altri crolli ad Amatrice e per precauzione è stato evacuato il palazzetto dello sport, dov’era stato allestito un centro di accoglienza, così da effettuare i controlli necessari. Quella delle 6.28 di oggi è stata la terza per potenza.
Sciacalli. Come se non bastasse, è ricomparso lo spettro degli “sciacalli”. I controlli di polizia e carabinieri sono costanti. Proprio i militari dell’Arma hanno arrestato un pregiudicato venuto da fuori, da Napoli a quanto risulta, mentre cercava di entrare in un’abitazione. Da parte sua la procura di Rieti, che ha già compiuto dei sopralluoghi, ha aperto un unico fascicolo “contenitore” in cui convogliare tutte le indagini in corso relative all’ipotesi di reato di disastro colposo in relazione soprattutto ad alcuni crolli di edifici ristrutturati recentemente.
I numeri dei soccorsi. Ma oltre ai numeri della tragedia ci sono i numeri della solidarietà, che sin dai primi momenti è stata commovente per generosità e tempestività, al punto che la Protezione civile già da ieri ha fatto sapere che le forze sul terreno sono sufficienti e non c’è bisogno di ulteriori apporti improvvisati che rischiano di complicare le operazioni. Attualmente – informa la Protezione civile –
sono circa 6.000 gli uomini e le donne della Protezione civile attive nelle zone terremotate: tra questi oltre 1.000 sono vigili del fuoco, 1.100 sono poliziotti e carabinieri, 500 delle forze armate, 644 appartengono alle organizzazioni nazionali di volontariato, oltre 400 alla Croce rossa.
Colonne mobili sono arrivate da Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Emilia-Romagna e Toscana. Molti degli operatori sono dei veterani delle emergenze e oltre al cuore possono far valere l’esperienza acquisita sul campo. I primi a mobilitarsi sono stati infatti quelli che arrivavano da località colpite nel passato da analoghe sciagure. E sarebbe ora che dal passato oltre all’esperienza dei volontari si ricavasse anche la volontà di operare sul fronte della prevenzione. Prevedere non si può, prevenire sì, ripetono i sismologi.
La rete di solidarietà della Chiesa. Sul fronte della solidarietà la Chiesa e le comunità cristiane sono come sempre in prima linea. Oggi è arrivato ad Amatrice il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, con il direttore della Caritas italiana, don Francesco Soddu. Ma li abbiamo i visti da subito i parroci dei luoghi colpiti e di quelli limitrofi presenti tra la macerie, uomini tra gli uomini eppure punti di riferimento senza schemi e bandiere. Con loro, da Rieti e Ascoli, i vescovi di quelle diocesi, monsignor Domenico Pompili e monsignor Giovanni D’Ercole. E poi la rete delle Caritas, radicate nei territori ma pronte a coordinarsi sia per l’emergenza che per il dopo. Ricordiamo pure il primo stanziamento di un milione di euro deciso immediatamente dalla Cei che poi ha indetto per domenica 18 settembre una colletta in tutte le parrocchie d’Italia. A caldo, a poche ore dalla tragedia, le parole e la commozione del Papa avevano espresso a nome di tutti quello che c’è nell’animo di ogni credente.
La mobilitazione delle istituzioni. Segnali positivi arrivano, almeno per ora, anche dalle istituzioni e dalla politica. La voce del presidente della Repubblica si è levata con autorevolezza a dare il “la” al percorso da seguire. “È un momento di dolore e di comune responsabilità”, ha detto tra l’altro Mattarella, che domattina sarà ad Ascoli per i funerali delle vittime marchigiane del terremoto. Per l’occasione è stata proclamata una giornata di lutto nazionale. La speranza è che almeno davanti alla tragedia che ha colpito il cuore dell’Italia la coesione e la collaborazione riescano a prevalere sui conflitti e le polemiche. Ieri sera il Consiglio dei ministri ha stanziato 50 milioni, prima tranche immediatamente spendibile in attesa di poter pianificare interventi più ampi, attingendo sia dal Fondo nazionale per le emergenze, sia dall’analogo Fondo europeo. Il governo ha anche dichiarato lo stato di emergenza e ciò ha consentito di bloccare tasse e contributi per i cittadini delle aree colpite. Renzi ha anche annunciato un ambizioso progetto denominato “Casa Italia” per provvedere in modo organico, integrando fondi privati, nazionali ed europei, alle grandi questioni della prevenzione dei terremoti e del dissesto idrogeologico, delle bonifiche e dell’efficienza energetica. È un progetto che, per ammissione dello stesso premier, richiede un impegno unitario del Paese a tutti i livelli, non solo politici.
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