di M. Michela Nicolais
VATICANO – “Vi chiedo perdono per tutte quelle volte che noi cristiani ci siamo girati dall’altra parte”. In un’Aula Paolo VI gremita di circa 6mila poveri, precari e senzatetto, venuti a Roma per il Giubileo delle persone socialmente escluse, Papa Francesco – a braccio e in spagnolo – ricorda che “la povertà è il cuore del Vangelo” e pronuncia uno dei “mea culpa” più commoventi di tutto l’anno giubilare. “Tutti dobbiamo costruire una Chiesa povera per i poveri”, dice facendo risuonare ancora una volta il sogno del suo pontificato, rivelato ai giornalisti pochi giorni dopo la sua elezione. Accanto a lui, mentre prega ancora a braccio, ci sono i protagonisti dell’ultimo grande evento prima della chiusura, in attesa della Messa di domenica 13 novembre destinata alla stessa platea. Ciascuno di loro mette una mano sulla sua spalla: “La preghiera dei poveri per il Papa dei poveri”, come l’ha definita il cardinale Barbarin introducendo l’incontro.
“Non ci sono né ricchi né poveri, ma una fraternità unita da un destino comune”, dice il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, presentando al Papa l’esperienza francese con i senza dimora. “Veniamo da 22 Paesi e chiediamo la gioia di avvicinarci un po’ di più al cuore di Gesù”, come faranno i partecipanti all’incontro nel finale a sorpresa. Poi la testimonianza di Etienne Villemain, rappresentante dell’associazione “Fratello“ – che organizza l’evento – e fondatore dell’Associazione Lazare, che da oltre 10 anni gestisce in Francia appartamenti comunitari in cui senzatetto e giovani volontari vivono come in una famiglia. Subito dopo tocca a Christian e Robert, che vivono per strada e oggi hanno l’occasione di abbracciare personalmente il Papa, in una stretta che sembra interminabile. “Dio non ci imbroglia, ma è sincero”, dice Christian. “Non siamo diversi dagli altri, abbiamo le nostre gioie e le nostre passioni”, aggiunge Robert con fierezza, rivelando di essere arrivato a incontrare il Papa dopo vari e complicati “tornanti” della sua vita. Non mancano le proposte, come quella di istituire una giornata mondiale dei poveri.“Non smettete di sognare, insegnateci a sognare!”.
È la doppia consegna iniziale del Papa. “Per me, un uomo e una donna sono molto poveri quando perdono la capacità di sognare, di portare avanti una propria passione”. E allora: “Non smettete di sognare! Sognate che il mondo possa essere cambiato!”.
“La povertà è nel cuore del Vangelo”, il punto di partenza per quella che secondo Francesco è la cattedra più importante: “Solo colui che sente che gli manca qualcosa guarda in alto e sogna, colui che ha tutto non può sognare”.
“Le persone semplici seguivano Gesù perché sognavano”, ricorda Francesco: “Insegnate a tutti quelli che hanno tutto, a quelli a cui non mancano il cibo e le medicine, insegnateci a non rimanere soddisfatti. Insegnateci a sognare, a partire dal cuore del Vangelo”.
“Dignità”. Nasce ai piedi di questa parola, la cattedra dei poveri. Dignità, spiega Francesco, è “la capacità di trovare la bellezza anche nelle cose più tristi e più toccate dalla sofferenza”.“Poveri sì, però che non si trascinano; questa è la dignità”:
“la stessa dignità che ha avuto Gesù, che è nato povero e ha vissuto da povero, la stessa dignità del Vangelo, la stessa dignità degli uomini e delle donne che vivono del loro lavoro”. “Poveri sì, ma sfruttati no”, raccomanda il Papa a proposito di quest’ultima categoria. “Poveri sì, ma schiavi no!”, esclama ancora Francesco. “Insegnate la solidarietà al mondo”, l’altro invito.
“Quando c’è la ricchezza uno si dimentica di essere solidale”, mentre “quando sei povero diventi solidale, e questo ti fa tendere la mano a chi ha una situazione più difficile della tua!”.“La guerra se la fanno tra ricchi per possedere di più”, mentre i poveri “sono più inclini ad essere operatori di pace, artefici di pace, a credere nella pace”.
Sussurrando quasi le parole, Francesco ricorda che “la pace per noi cristiani è cominciata in una stalla, in una mangiatoia, da una famiglia emarginata. È questa la pace che Dio vuole per ognuno dei suoi figli”. “A partire dalla vostra situazione, voi potete essere artefici di pace”, l’appello ai 6mila presenti: “Date un esempio di pace, abbiamo bisogno di pace nel mondo, nella Chiesa. Tutte le Chiese hanno bisogno di pace, tutte le religioni hanno bisogno di crescere nella pace, perché sono messaggere di pace. Ognuno di voi, nella vostra religione, può aiutare, cercando questa armonia che vi dia la dignità”.“Vi chiedo perdono per tutte quelle volte che noi cristiani ci siamo girati dall’altra parte”.
È il passaggio più forte del “mea culpa” pronunciato dal Papa al termine del discorso. “Vi ringrazio e vi chiedo perdono se qualche volta vi ho offesi con le mie parole, se non ho detto le cose che avrei dovuto dire”, comincia Francesco: “Vi chiedo perdono a nome dei cristiani che non leggono il Vangelo trovandone al centro la povertà. Per tutte quelle volte che noi cristiani, di fronte a persone povere o a situazioni di povertà, ci siamo girati dall’altra parte”.“Tutti dobbiamo costruire una Chiesa povera per i poveri”,
la consegna di Francesco, che conclude l’incontro in Aula Paolo VI con una preghiera, sempre pronunciata a braccio: “Dio, padre di tutti noi, di ognuno dei tuoi figli, ti chiedo che ci dia la forza, la gioia, che ci insegni a sognare per guardare avanti, ci insegni a essere solidali perché siamo fratelli e ci aiuti a difendere la nostra dignità. Tu sei il Padre di ognuno di noi: benedicici, Padre. Amen”. Poi, senza clamore ma con una dolce determinazione, le persone senza fissa dimora si avvicinano spontaneamente al Papa per pregare insieme a lui mettendogli una mano sulla spalla, come aveva chiesto il cardinale Barbarin all’inizio: “La preghiera dei poveri per il Papa dei poveri”.
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