“Pace, poveri e misericordia non sono categorie sociali, né un programma politico: sono topics che, se non si vuole arrivare a una comunicazione eretica, vanno assunti dentro una pertinenza semantica specifica”. Lo ha detto monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, che durante il convegno su “Il cristianesimo al tempo di Papa Francesco” si è soffermato sullo stile comunicativo di Bergoglio. Oggi, la tesi del prefetto, è presente una “lettura eretica” dell’attuale pontificato, come dimostrano i titoli dei giornali sul “Papa comunista”, o presunto fautore della teologia della liberazione, o rivoluzionario su banche e immigrati, o “fuori controllo” nel portare avanti il suo magistero. In altre parole, spesso nei media c’ è “una distanza tra ciò che il Papa ha detto e dice e ciò che del Papa viene narrato”. Il pericolo sempre incombente, allora, è per Viganò quello di dar seguito a “letture eretiche”, che non tengano conto della “qualità” insita nel modo di comunicare di Papa Francesco: qualità, per Bergoglio, vuol dire “sincerità e antipettegolezzo”. Per chi comunica il Papa, ha concluso mons. Viganò, ciò comporta la necessità di “non dire ciò che ritieni falso, cioè non dire ciò di cui non hai prove adeguate, non parlare a vanvera”.
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