DIOCESI – “Con questo breve ma significativo discorso, sento l’esigenza di raccogliere le fila di questo triennio appena trascorso. Lo farò in una maniera insolita, non limitandomi ad elencare tutti gli eventi e gli incontri trascorsi, ma enunciandovi le motivazioni e le esigenze che ci hanno portato ad intraprendere questo percorso”.
Con queste parole si è aperta la relazione letta da Marco Sprecacé durante la XVI Assemblea elettiva diocesana dell’Azione Cattolica di San Benedetto del Tronto tenutasi domenica, domenica 19 febbraio, presso il Biancazzurro di San Benedetto del Tronto.
Marco: “Viviamo in periodo storico costituito da cambiamenti rapidi che spesso generano incertezza. Dinnanzi a questa instabilità socio-culturale vorrei provare a rispondere con una frase di Vittorio Bachelet: “Noi dobbiamo essere in questa società inquieta e incerta, una forza di speranza e perciò positiva capace di costruire nel presente per l’avvenire…” Ci stiamo abituando all’individualismo, le nostre relazioni diventano sempre più deboli e poco stabili perché spesso siamo vittime di un colpevole immobilismo.
Ci troviamo dinanzi ad un solipsismo imperante, ovvero, in una situazione in cui l’individuo pensante può affermare con certezza solo la propria esistenza poiché tutto quello che percepisce sembra far parte di un mondo a lui esterno ma che in realtà è tale da acquistare consistenza ideale solo nel proprio pensiero, cioè l’intero universo è la rappresentazione della propria individuale coscienza.Dobbiamo avere coraggio, ovvero quella spinta che ci permette di andare verso quell’oltre, per lottare. Il cambiamento dipende da noi, è tempo di costruire nuove mentalità, è tempo di lavorare per attivare nuovi processi. Dobbiamo favorire leazioni capaci di generare nuovi dinamismi nella società, attraverso il coinvolgimento di altre persone e di gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Con pazienza, ma con convinzioni chiare e tenaci. Lottare significa anche questo. Tuttavia, si tratta di un compito non facile che richiede un lungo lavoro d’introspezione, ovvero, attraverso una crescente consapevolezza di se. Per andare verso l’altro ho bisogno, prima di tutto, di saper essere. E’ proprio per questo motivo che abbiamo creduto fortemente nell’ausilio degli Esercizi Spirituali. Così facendo abbiamo cercato di imparare ad ascoltarci, anche se non sono mancati i momenti didifficoltà e di incomprensione, abbiamo sempre cercato di costruire nuove opportunità di dialogo e mutua collaborazione con le altre realtà giovanili del territorio. Per poter saper essere è necessario puntare sul sapere, dunque sulla formazione.
E’ ciò che abbiamo proposto ai giovani in questo triennio.
Ogni singolo incontro ha perseguito questo obiettivo, tutti gli interventi, i laboratori e le feste diocesane hanno cercato di fruire formazione. In ogni equipe diocesana, prima di iniziare a programmare le attività ci siamo posti sempre lo stesso quesito: quale insegnamento vogliamo lasciare ai giovani? Tutti i giovani della Diocesi hanno avuto l’opportunità d’incontrarsi e vivere momenti di confronto insieme.
C’è stato un accompagnamento attraverso varie tematiche:Coraggio, paura e fiducia, queste le parole d’ordine di un incontro organizzato, con grande impegno, dal nostro settore, iniziato con la testimonianza dei delegati regionali del settore giovani di Azione Cattolica, partendo dall’icona biblica “Coraggio sono io!”, Mc 6, 45-52. Abbiamo parlato delle tre virtù «teologali», quelle cioè che hanno Dio come origine e come oggetto: la fede, la speranza, la carità. Fu proprio quest’ultima virtù, la Carità, ad essere affrontata dai giovanissimi, attraverso l’approfondimento del tema dell’amore come prerogativa dell’andare. Essere giovani impegnati in questo tempo non è semplice, la vita è complessa, dunque è necessario mettersi in ascolto, cercando di leggere tra le righe le loro istanze. La nostra missione è stata quella di accompagnare tanti giovani in un percorso spirituale capace di far riflettere e pensare tutti i giovani, compresi noi stessi.
Il nostro compito non è quello di fare, ma è quello di imparare la logica del pensare. Siamo chiamati a mettere al centro del nostro cammino di Fede, la condivisione e la relazione con gli altri, soprattutto all’interno di una comunità, con uno sguardo vivo e appassionato per il mondo in cui viviamo. Nonostante i tempi difficili che generano la paura, l’individualismo e dalla diseguaglianza. Viviamo in un tempo di crisi, ma la nostra è soprattutto una crisi di valori, una crisi dell’animo umano. Dalla parola “crisi” deriva una visione negativa della realtà ma, se analizziamo l’etimologia della parola stessa scopriamo un significato inaspettato: la crisi è inclinazione al cambiamento. Dobbiamo avere coraggio, perché solo attraverso un animo tormentato da ogni tipo di crisi, è possibile un reale e concreto cambiamento. Un cambiamento che deve essere accompagnato e nutrito da una capacità di sceglierecon idee chiare e distinte. «Sempre più degna della sua storia bellissima»: così si esprimeva il Beato Paolo VI parlando proprio dell’Azione Cattolica. Un’espressione viva e vibrante, con la quale Papa Montini intendeva evocare sia il proprio personale coinvolgimento nella storia dell’associazione, sia la tensione che egli avvertiva a rinnovarne il «ministero» alla luce di quanto stava maturando con i frutti del Concilio Vaticano II. Il legame tra Paolo VI e l’Azione Cattolica fu un legame forte, profondo, ininterrotto, radicatotanto nella biografia di Montini quanto nella sua visione della Chiesa e del mondo. Colpisce, ad esempio, l’intensità emotiva con la quale in un’altra occasione l’antico assistente centrale degli Universitari di Azione Cattolica tornava sull’esperienza vissuta per «tanti anni, i migliori e i più fervidi, del suo ministero di giovane sacerdote». Alla scuola della Fuci, infatti, l’allora giovane Giovanni Battista Montini aveva potuto sperimentare la «partecipazione» laicale alla missione della Chiesa non come condizione derivata, ma «costituiva», secondo uno stile che avrebbe prefigurato le acquisizioni del Vaticano II. Una partecipazione laicale come condizione costitutiva alla missione della Chiesa , ma anche di elaborazione del bene comune…questo è lo stile dell’Azione Cattolica.
In questi anni abbiamo gettato delle basi, anche solo tracciate sulla carta, di quello che sarà domani. Il futuro diventa uno spazio aperto, un orizzonte, una linea, oltre il quale, l’immaginazione ha la meglio. Sarà importante rimanere saldi, soprattutto nei momenti di passaggio, cercando di essere ponti capaci di accompagnare da una generazione all’altra. Questo non potrà essere compiuto in maniera individuale, sarà compito di tutta l’associazione, di tutti i settori e articolazioni. Dobbiamo imparare a camminare insieme.
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