Massimo Giraldi, Sergio Perugini
In occasione dei 50 anni dalla morte di Totò, 15 aprile 1967, molti critici, studiosi di cinema o colleghi artisti hanno ricordato la vita e la carriera del “principe della risata”. Anche la Commissione nazionale valutazione film (Cnvf.it), organismo della Chiesa cattolica italiana che dal 1934 si occupa della valutazione pastorale dei film in uscita nelle sale cinematografiche, vuole ricordare l’artista partenopeo, con il quale c’è stato un rapporto “conflittuale”, non di piena condivisione e comprensione.
L’incontro mancato con i film di Totò negli anni ‘50
La Commissione film della Chiesa italiana si occupa di esaminare già dagli anni ‘30 del secolo scorso i film distribuiti nei cinema italiani, con un’attenzione privilegiata per le sale parrocchiali, oggi sale della comunità.
Non si tratta di una censura, come erroneamente si è creduto in più di un’occasione, bensì di un’indicazione sui contenuti e le modalità di narrazione dei film, indicazione rivolta alle sale e in generale al pubblico.
Ma veniamo all’incontro con la commedia di Totò. Nel Secondo dopoguerra Totò si è imposto nel panorama cinematografico nazionale come emblema di una comicità ritrovata in Italia, un umorismo “slapstick” (segnato da gag) che rimanda a Buster Keaton o a Charlie Chaplin ma anche al più contemporaneo Jacques Tati. Una comicità fortemente fisica, che in Totò trova inoltre la componente verbale, la battuta spumeggiante e graffiante insieme. I film di Totò si caratterizzavano per un umorismo caustico, prendendo di mira il tessuto sociale così come le realtà istituzionali, senza alcuno sconto.
Questo, nella prospettiva della Commissione film, era visto con sospetto, con il timore che la sua verve comica potesse essere occasione di fraintendimento ed eventuale smarrimento per un pubblico percepito come indifeso, ancora in ginocchio dalla guerra e poco alfabetizzato.
L’evasione era molto ricercata e Totò era simbolo di una ribellione attraverso l’ironia; per tale motivo, per questa comicità “ruspante”, i suoi film venivano sempre accolti con distacco e atteggiamento prudente. Ecco alcune valutazioni pastorali come esempio: “Tototarzan” (1950) di Mario Mattoli considerato “E: escluso per le sale parrocchiali”; “Guardie e ladri” (1951) di Steno e Mario Monicelli ritenuto “TR: per tutti con riserva”; “Totò a colori” (1952) di Steno valutato come “S: sconsigliato per i cinema parrocchiali”; “Miseria e nobiltà” (1954) di Mattoli valutato “A: per adulti”; “Totò, Peppino e la… malafemmina” (1956) di Camillo Mastrocinque ritenuto “AR: adulti con riserva”.
Alcuni titoli richiamati in maniera esemplificativa per attestare come la risata senza inibizioni fosse accolta con particolare attenzione; si avvertiva infatti il timore che ci potesse essere un cedere verso il basso da parte degli spettatori.
Totò oggi, un artista visto nella sua complessità e ricchezza
Le valutazioni cinematografiche della Commissione film della Cei possono essere viste come un termometro del cambiamento in atto nel tessuto sociale, dagli anni ‘30 a oggi. Cambiamenti che hanno comportato anche una modifica dei criteri di valutazione pastorale nel corso dei decenni. Le valutazioni sono da considerare atti ufficiali, pertanto non modificabili successivamente all’uscita del film, perché espressione dello spirito del tempo, documenti di studio e analisi socioculturale. Si ricorda un solo caso che ha richiesto una seconda valutazione: La dolce vita (1960) di Federico Fellini (cfr. R. Eugeni, D.E. Viganò, Attraverso lo schermo. Cinema e cultura cattolica in Italia, EdS 2006).
Non è possibile pertanto ritornare sui singoli film, sui giudizi espressi in merito alle opere di Totò, ma è invece opportuno da parte della Commissione offrire un riconoscimento positivo sul lavoro e sull’importante eredità che lui ha lasciato al cinema.
Desideriamo allargare lo sguardo e riconsiderare quella sua comicità brillante e libera, persino capace di precorrere i tempi, come un cambio di passo della nostra cinematografia e in genere del Paese tutto. Totò ci ha aiutato a uscire dagli anni foschi della guerra ritrovando la forza del sorriso, il coraggio di ridere nonostante tutto. Come ha ricordato tempo fa papa Francesco: “Un po’ di umorismo per aiutarci ad andare avanti. Il Signore ci dia questa grazia” (Omelia, 17 dicembre 2016).
Se ieri l’umorismo non convenzionale di Totò è stato valutato negativamente, oggi la Commissione film è attenta a cogliere la complessità della sua vis comica, la varietà del suo lessico stralunato, in grado di attivare un trasporto e sano piacere, che ci ha resi un po’ più spensierati e meno ingessati.
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