Gesù è vivo, è qui in piazza in mezzo a noi. La fede non è un’ideologia o un sistema filosofico: nasce il mattino di Pasqua, dalla Risurrezione, fatto storico certificato per primi dagli apostoli e per ultimo da San Paolo, “come un aborto”. In una piazza San Pietro ancora adornata dei fiori gialli della Messa di Pasqua, davanti a 20mila persone, è risuonato ancora una volta l’annuncio pasquale, nella catechesi dell’udienza di Papa Francesco, dedicata a “Cristo Risorto, nostra speranza”, così come lo presenta San Paolo nella prima Lettera ai Corinzi.
La fede nasce dalla risurrezione, spiega Francesco. Tutto poggia su questo presupposto, dalla risurrezione di Cristo come dato inoppugnabile, che non è l’esito di una riflessione di qualche uomo sapiente, ma un fatto, un semplice fatto storico. Il cristianesimo, cioè,
“non è un’ideologia, non è un sistema filosofico, ma un cammino di fede che parte da un avvenimento, testimoniato dai primi discepoli di Gesù. Paolo lo riassume in questo modo: Gesù è morto per i nostri peccati, fu sepolto, e il terzo giorno è risorto ed è apparso a Pietro e ai Dodici. Questo è il fatto: è morto, è sepolto, è risorto, è apparso, cioè Gesù è vivo. Questo è il nocciolo del messaggio cristiano”.
La morte, da sola, non potrebbe generare la nostra fede. Gesù è morto ma è risorto: accettare che Cristo è morto, ed è morto crocifisso, non è un atto di fede, è un fatto storico. Credere che è risorto, invece, sì: la nostra fede nasce il mattino di Pasqua.
Cefa, cioè Pietro, e il gruppo dei Dodici, poi cinquecento fratelli come testimoni, poi Giacomo. Ultimo della lista delle persone a cui è apparso Gesù dopo essere risorto è Paolo, che di se stesso dice: “come un aborto”. Paolo usa questa espressione, spiega Francesco, perché la sua storia personale è drammatica: non era un chierichetto, era un persecutore della Chiesa. Un uomo arrivato, orgoglioso delle proprie convinzioni, con un’idea molto limpida di cosa fosse la vita con i suoi doveri. In questo quadro perfetto, un giorno avviene ciò che era assolutamente imprevedibile: l’incontro con Gesù Risorto, sulla via di Damasco. E così il persecutore diviene apostolo, proprio perché ha visto Gesù vivo, Cristo risorto. Questo è il fondamento della fede di Paolo, degli altri apostoli, della Chiesa, come della nostra fede.
Il cristianesimo non è tanto la nostra ricerca, per lo più tentennante, nei confronti di Dio, ma piuttosto la ricerca di Dio nei nostri confronti. Gesù ci ha presi, ci ha afferrati, ci ha conquistati per non lasciarci più, spiega il Papa:
“Il cristianesimo è grazia, è sorpresa, e per questo motivo presuppone un cuore capace di stupore. Un cuore chiuso, un cuore razionalistico è incapace dello stupore e non può capire cosa sia il cristianesimo, perché il cristianesimo è grazia, e la grazia soltanto si percepisce, di più, si incontra nello stupore dell’incontro”.
Anche se siamo peccatori, anche se i nostri propositi di bene sono rimasti sulla carta, anche se la nostra vita assomiglia alla somma di tanti insuccessi, nel mattino di Pasqua possiamo andare al sepolcro di Cristo, vedere la grande pietra rovesciata e pensare che Dio sta realizzando per me, per tutti noi, un futuro inaspettato.
“Andare al nostro sepolcro”, l’invito a braccio del Papa, per accorgerci che “Dio fa crescere i suoi fiori più belli in mezzo alle pietre più aride”, le parole di Francesco. Essere cristiani significa non partire dalla morte, ma dall’amore di Dio per noi. Dio è più grande del nulla, e basta solo una candela accesa per vincere la più oscura delle notti. Gesù è qui, in piazza con noi, vivo e Risorto!”.
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