ZENIT / di Paul Maeyer

“Io mi sento amato da Gesù?” Questo il ‘compito” che papa Francesco ha dato domenica 7 maggio ai fedeli presenti in piazza San Pietro per partecipare alla recita della preghiera del Regina Caeli, che nel periodo pasquale sostituisce l’Angelus.

Nel corso della sua breve catechesi il Papa ha infatti richiamato l’attenzione su una dimensione dell’esperienza cristiana forse lasciata “un po’ in ombra”, cioè “la dimensione spirituale e affettiva”.

“A volte razionalizziamo troppo la fede e rischiamo di perdere la percezione del timbro di quella voce, della voce di Gesù buon pastore, che stimola e affascina”, ha detto il Papa, che ha parlato della “meravigliosa esperienza di sentirsi amati da Gesù”.

“Fatevi la domanda: “Io mi sento amato da Gesù? Io mi sento amata da Gesù?”: così Francesco ha esortato le migliaia di persone presenti in piazza San Pietro (25.000 secondo le stime della Gendarmeria vaticana).

Oggi, la quarta domenica di Pasqua, in cui la Chiesa celebra la “Domenica del Buon Pastore”, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura del Buon Pastore nel Vangelo di Giovanni 10,1-10, in particolare su una doppia immagine: quella del Pastore e quella della porta dell’ovile.

Entrambe le immagini si condensano nella persona di Gesù, che è sia il “pastore buono” che la “porta delle pecore”. Lui è “un capo la cui autorità si esprime nel servizio”, ha sottolineato il Papa, “un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla.”

“Di un capo così ci si può fidare”, ha aggiunto, “come le pecore che ascoltano la voce del loro pastore perché sanno che con lui si va a pascoli buoni e abbondanti.”

Ma occorre stare attenti, ha avvertito, poiché c’è sempre il rischio di essere distratti dal chiasso di tante altre voci. “Oggi siamo invitati a non lasciarci distogliere dalle false sapienze di questo mondo, ma a seguire Gesù, il Risorto, come unica guida sicura che dà senso alla nostra vita”, così ha detto.

Offriamo di seguito il testo integrale della catechesi di papa Francesco.

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel Vangelo di questa domenica (cfr Gv 10,1-10), detta “la domenica del buon pastore”, Gesù si presenta con due immagini che si completano a vicenda. L’immagine del pastore e l’immagine della porta dell’ovile. Il gregge, che siamo tutti noi, ha come abitazione un ovile che serve da rifugio, dove le pecore dimorano e riposano dopo le fatiche del cammino. E l’ovile ha un recinto con una porta, dove sta un guardiano. Al gregge si avvicinano diverse persone: c’è chi entra nel recinto passando dalla porta e chi «vi sale da un’altra parte» (v. 1). Il primo è il pastore, il secondo un estraneo, che non ama le pecore, vuole entrare per altri interessi. Gesù si identifica col primo e manifesta un rapporto di familiarità con le pecore, espresso attraverso la voce, con cui le chiama e che esse riconoscono e seguono (cfr v. 3). Lui le chiama per condurle fuori, ai pascoli erbosi dove trovano buon nutrimento.

La seconda immagine con cui Gesù si presenta è quella della «porta delle pecore» (v. 7). Infatti dice: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato» (v. 9), cioè avrà la vita e l’avrà in abbondanza (cfr v. 10). Cristo, Buon Pastore, è diventato la porta della salvezza dell’umanità, perché ha offerto la vita per le sue pecore.

Gesù, pastore buono e porta delle pecore, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio, un capo che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla. Di un capo così ci si può fidare, come le pecore che ascoltano la voce del loro pastore perché sanno che con lui si va a pascoli buoni e abbondanti. Basta un segnale, un richiamo ed esse seguono, obbediscono, si incamminano guidate dalla voce di colui che sentono come presenza amica, forte e dolce insieme, che indirizza, protegge, consola e medica.

Così è Cristo per noi. C’è una dimensione dell’esperienza cristiana che forse lasciamo un po’ in ombra: la dimensione spirituale e affettiva. Il sentirci legati da un vincolo speciale al Signore come le pecore al loro pastore. A volte razionalizziamo troppo la fede e rischiamo di perdere la percezione del timbro di quella voce, della voce di Gesù buon pastore, che stimola e affascina. Come è capitato ai due discepoli di Emmaus, cui ardeva il cuore mentre il Risorto parlava lungo la via. È la meravigliosa esperienza di sentirsi amati da Gesù. Fatevi la domanda: “Io mi sento amato da Gesù? Io mi sento amata da Gesù?”. Per Lui non siamo mai degli estranei, ma amici e fratelli. Eppure non è sempre facile distinguere la voce del pastore buono. State attenti. C’è sempre il rischio di essere distratti dal frastuono di tante altre voci. Oggi siamo invitati a non lasciarci distogliere dalle false sapienze di questo mondo, ma a seguire Gesù, il Risorto, come unica guida sicura che dà senso alla nostra vita.

In questa Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni – in particolare per le vocazioni sacerdotali, perché il Signore ci mandi buoni pastori – invochiamo la Vergine Maria: Lei accompagni i dieci nuovi sacerdoti che ho ordinato poco fa. Ho chiesto a quattro di loro della diocesi di Roma di affacciarsi per dare la benedizione insieme a me. La Madonna sostenga con il suo aiuto quanti sono da Lui chiamati, affinché siano pronti e generosi nel seguire la sua voce.

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