“Per noi è un traguardo significativo”. Così, da Parigi, Luca Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, definisce l’arrivo questa sera del primo corridoio umanitario francese all’aeroporto Charles de Gaulle. A giungere, in questo primo volo dal Libano, saranno quattro famiglie (16 persone in tutto con 3 bambini) provenienti la maggior parte da Homs, città siriana oggi completamente rasa al suolo a causa della guerra. Una volta arrivate in Francia saranno accolte nelle città di Nîmes e Le Mans. È il progetto dei corridoi umanitari. In Italia fu avviato nel febbraio 2016 ed ha portato fino ad oggi nel Paese 850 persone dai campi profughi libanesi con 14 voli. Questa sera “sbarca” in Francia grazie a un protocollo d’intesa firmato il 14 marzo scorso all’Elysée, tra il ministero dell’Interno, il ministero degli Affari Esteri, la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione protestante di Francia e la Conferenza episcopale francese. L’intesa prevede un percorso d’identificazione, accoglienza e integrazione per 500 persone per i prossimi 18 mesi.
La Francia è il primo Paese europeo a seguire l’esempio italiano.
“Una buona pratica – dice Negro -, pienamente collaudata e portata avanti, in chiave ecumenica, da protestanti e cattolici che, insieme, si sono attivati per l’accoglienza in sicurezza di persone che hanno perso tutto a causa di guerra e persecuzione”. Le Chiese e la Comunità di Sant’Egidio hanno preso contatti con altri Paesi in Europa (tra cui Germania e Svizzera). “Siamo convinti – spiega il pastore Negro – che si tratti di un modello esportabile sia perché è fondato sui parametri di Schengen che prevede la possibilità da parte degli Stati membro di rilasciare visti per motivi umanitari. Sia perché è esattamente il contrario di una migrazione selvaggia”.
I corridoi umanitari garantiscono non solo sicurezza alle persone che arrivano, senza bisogno di affrontare i viaggi della morte sui barconi, ma danno sicurezza al Paese che li accoglie perché sono persone che vengono scelte in base anche alla loro situazione di vulnerabilità all’origine.
L’Europa, sia a livello di Ue sia come singoli Stati membri, fatica a trovare soluzioni percorribili per risolvere la crisi migratoria. Lo sforzo compiuto fino ad oggi si è limitato a stipulare piani, precisare le condizioni e, in alcuni casi, ad alzare le barriere. In questo contesto s’inserisce un’iniziativa importante lanciata dalla Federazione delle Chiese evangeliche italiana.
Il 3 luglio ha inviato una lunga lettera ai suoi partner internazionali – Chiese e Organismi ecumenici – per proporre di avviare dal basso un’azione europea concertata delle Chiese per smuovere sulla questione migratoria l’Europa e i rispettivi Stati membri.
In concreto, la Fcei propone di considerare l’opzione dei “corridoi umanitari”; fare pressione sui propri governi affinché sia immediatamente implementato il programma di reinsediamento dell’Ue, vengano adottate politiche di solidarietà e di condivisione relativamente al numero degli arrivi; si aprano dei “safe passages”, analoghi ai corridoi umanitari, e s’introducano visti umanitari temporanei che permettano a coloro che sono stati tratti in salvo nel Mediterraneo di accedere ad altri Paesi Ue.
Europa, non lasciare sola l’Italia.
“Chiediamo ai nostri partner – spiega Negro – di moltiplicare gli sforzi perché si possa trovare una soluzione alla crisi migratoria affinché questa non ricada interamente sulle spalle dell’Italia. Noi non abbiamo condiviso certe proposte provocatorie che ha fatto l’Italia, come quella di chiudere i porti alle Ong straniere però ci rendiamo conto che questa provocazione è stata lanciata per svegliare questa Europa che dorme. Quello che vogliamo comunicare alle nostre Chiese sorelle è quest’idea di non lasciare sola l’Italia e di fare tutta la loro parte per sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica e la classe politica del proprio Paese”.
La politica non basta. E le istituzioni non possono agire da sole.Suona “artificiale” alle orecchie delle Chiese la distinzione (di recente sostenuta anche dal neo-presidente francese Macron) tra migranti legittimi, perché fuggiti per motivi di guerra, e migranti illegittimi, perché scappati per motivi economici. A Lampedusa – racconta Negro – dove dal 2014 la Federazione ha un osservatorio sulle migrazioni, “accogliamo sistematicamente le storie di tutti coloro che passano e sono storie di giovani che sono partiti per cercare un futuro migliore ma poi hanno incontrato sul loro percorso di viaggio situazioni di aggressione, fame, vere e proprie torture, alcuni purtroppo la morte”.
Insomma, il ruolo delle Chiese è proprio questo: “Richiamare non solo ogni singolo Paese alle sue responsabilità, ma anche richiamare l’Unione europea alle sue motivazioni profonde. Un’Europa che non può essere basata solamente sull’interesse economico, ma è chiamata anche oggi ad essere una comunità solidale al suo interno e aperta al mondo”.
“Si è parlato tanto sulle radici cristiane d’Europa”, incalza Negro: “Di fronte a una crisi di questa portata, le radici cristiane oggi si declinano in solidarietà e capacità di rispondere alle situazione di necessità ed emergenza senza fare troppi distinguo”.
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