Luca è morto l’8 luglio scorso mentre faceva una ascesa sul Cervino. Si sarebbe laureato pochi giorni dopo in scienze biologiche. Aveva 22 anni. A discutere la tesi e ritirare l’attestato si è presentata la mamma Cristina, accompagnata dal papà Vittorio e da Giulia, la sorella, cosa che ha fatto molta notizia. Sono state però la grinta e la luminosità di Cristina ripresa dai telegiornali mentre discuteva la tesi, considerandola la “cosa più naturale, giusta e normale da fare”, a bucare letteralmente lo schermo in un video condiviso anche sui social. “Ancora adesso mi scrivono da tutta Italia e fa piacere ogni mattina ricevere messaggi da gente che non sai chi sia”, ci racconta Cristina a un mese dalla morte del figlio. “Quelli che mi piacciono di più sono quelli che ricevo dai giovani. Poi ci sono messaggi di gente che ha vissuto situazioni simili alla mia o di gente comune e questo mi aiuta tantissimo”. “Queste sono testimonianze con modalità moderne, no?!”, dice Cristina con la sua aria di sfida alla vita che l’ha provata togliendole il figlio, e sei mesi prima la mamma a cui era legatissima.
In queste settimane Cristina è stata invitata anche da alcuni programmi televisivi, ma ha declinato: “Tutto questo è successo perché doveva succedere, però io adesso non voglio diventare un caso, perché non sono un caso. Adesso c’è la parte della riflessione, di noi e Luca”.
Luca Borgoni era un ragazzo “entusiasta a mille, un ragazzo degli eccessi, ma sempre in positivo. Viveva la vita senza sfumature di grigio e io glielo dicevo sempre. Si proponeva obiettivi a volte assurdi e li raggiungeva”. Come con la passione per la montagna. Ha iniziato ad andare in montagna due anni fa, quando ha avuto 45 giorni di libertà dallo studio perché aveva finito tutti gli esami. In quei giorni ha fatto 42 gite e ha iniziato a pensare all’ascesa sul Dhaulagiri, una delle cime più alte del mondo. “Io e mio marito gli abbiamo detto di fermarsi, che non lo avremmo finanziato e lui ha deciso di fare un concorso europeo per ottenere la sponsorizzazione”. Luca ha vinto il concorso. La notizia è arrivata l’11 luglio. Avrebbe ottenuto 8mila euro e sarebbe partito il 28 agosto”.
“Adesso il Dhaulagiri è troppo basso per lui: è andato molto più in su”. Racconta ancora Cristina, come un fiume in piena: “Una delle frasi che diceva di più era ‘io non ho tempo’. Forse era vero, perché aveva solo 22 anni di tempo”. Selettivo con gli amici, stava solo con chi era “ricco e puro dentro”: la gente di montagna oppure Davide, un suo amico che alleva maiali e con cui Luca diceva di condividere le stesse emozioni. In casa “era uno tsunami e coinvolgeva tutti nel suo mondo e nelle sue emozioni”.
Così come regalo di compleanno per Cristina, il 5 luglio, Luca l’ha portata al bivacco Boerio, a 3089 metri, perché doveva vedere l’alba. Le aveva detto: “L’alba si vede in quota, possibilmente se ci sono le nuvole sotto di te. Quando il sole sorge si vede uno spettacolo meraviglioso e tutte le nuvole diventano d’oro e questo dura pochissimi istanti”. E così è stato il giorno del compleanno di Cristina. “Era un figlio con cui si stava benissimo. Il nostro non era un rapporto sdolcinato, era meraviglioso e basta”. E le lacrime scendono sul volto di Cristina.
“Ha avuto una vita corta e meravigliosa, però non ha conosciuto la sofferenza. E questo mi deve fare coraggio, è un motivo di serenità”.
Quando Luca è caduto c’erano anche i suoi genitori, poco lontano:“La notizia della morte mi è arrivata dal cielo, perché io ero là, in montagna, 600 metri sotto il punto in cui è caduto”. Luca aveva partecipato alla Cervino XTrail: “Ho salutato mio figlio l’ultima volta facendo il tifo per la sua gara”. All’arrivo c’era il marito, Cristina li aspettava, invece è sceso solo Vittorio, perché Luca è voluto andare ancora più su “per ottimizzare il viaggio”. Il marito Vittorio, quindi, porta Cristina a vedere dove era l’arrivo della gara. “Stavo facendo delle foto perché c’erano delle belle nuvole grandi, bianche. A un certo punto alzo lo sguardo e vedo un elicottero del 118 e mi sono messa a piangere come una pazza. E mio marito mi ha chiesto perché piangessi e io ho risposto ‘perché là c’è Luca’. Sono scesa al rifugio Duca degli Abruzzi e ho cercato una croce che avevo visto salendo. È la prima volta in vita mia in cui sento la necessità fisica di inginocchiarmi. C’era molta gente che faceva delle foto e quindi mi sono accovacciata, perché non mi prendessero per pazza: ho detto le preghiere più intense della mia vita.
Sotto quella croce, io sono morta.
Io l’ho capito un’ora e mezza prima che arrivasse la notizia”.
Il dolore è “una cosa disumana, però con la fede, è come se noi avessimo il cuore spaccato, ma anestetizzato. Il dolore è una cosa che si affronta solo con l’anestesia. Io lo scaccio, penso a Luca sempre ma mai prendendone coscienza fino in fondo perché non è possibile. Prego, e prego in modo molto diverso la Madonna, perché a Maria dico: adesso tu mi capisci perché io ho perso un figlio come te, ben undici anni prima. E in più Maria non aveva perso sant’Anna sei mesi prima”, aggiunge Cristina con foga rispettosa. “Quindi o il Signore mi ha sopravvalutato o adesso mi da la forza”.
“Per me pregare vuol dire respirare. Appena mi sveglio prego: Signore, ti ringrazio del nuovo giorno. Dammi la forza”.
Così ora si vive “lasciando che la vita faccia” con un’apertura e una fiducia che lasciano senza parole, passando attraverso tanti “segnali” che parlano di Luca. Cristina ne racconta tanti: “Bisogna solo saperli vedere. E così sento Luca vicino. Anche se fosse suggestione, ben venga. Ogni tanto sgrido Luca: tu sei stato ingordo di quota tu adesso stai bene, e allora dacci una mano qui. Anche mio marito che non crede, gli si sono aperti gli occhi”. Poi ci sarà la scuola “meno male, a me piace tantissimo” e poi c’è la sorella, Giulia che deve compiere diciott’anni e “fare la sua vita”. L’ultima domanda; “Che cosa ti aspetti dagli altri, dalla comunità?”. E lei risponde con quella sua decisione che non sai se amare o detestare tanto ti colpisce diretta: “Niente, perché ho già avuto troppo”.
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