SAN BENEDETTO DEL TRONTO– Il film verrà trasmesso Martedì 29 gennaio presso il Teatro Concordia alle ore 17.00 e 21.30.
“MOONRISE KINGDOM” di Wes Anderson: Negli anni Sessanta, su un’isola al largo delle coste del New England, i dodicenni Sam e Suzy fanno un patto e decidono di fuggire insieme dopo essersi conosciuti e innamorati. Da quel momento, prima che una violenta tempesta si abbatta sulla zona, tutti gli abitanti del posto, compresi i genitori di Suzy e le autorità, cominciano a ricercarli in ogni dove, dividendosi in due diverse fazioni che, parteggiando per l’uno o per l’altra, mettono a soqquadro ogni angolo della città e determinano il destino di tutti coloro che sono coinvolti nella vicenda.
Siamo su un’isoletta tempestosa del New England nell’estate del 1965, ma grazie all’insistita presenza ispiratrice di Benjamin Britten e allo stile “understatement” dei dialoghi e del cast longilineo (la taglia più grande è di Willis), alzi la mano chi non ha pensato di assistere a un film british a cui il social ermafrodita sorriso di Tilda Swinton dà la botta finale. E chi crederebbe che Wes Anderson è nato nel Texas? Film divertente, cattivello, shakespeariano con due 12enni innamorati (proprio colpo di fulmine, tipo La dodicesima notte) che fuggono insieme, come in trance, in un’impossibile Arcadia sentimentale e, mentre tutti li cercano, si trovano al centro di una tempesta, sia fisica sia morale.
Lei faceva il corvo a teatro (certo, sempre il nostro Britten) e lui faceva parte delle truppe 55 dei boyscout ma si scopre orfano e lascia i coetanei che infatti lo odiano. Tutto senza un vero perché. Wes Anderson, anche sceneggiatore con Roman Coppola, narra una cotta infantile con stile un po’ cartoon (Mr. Fox è rimasto nell’inconscio), un margine di racconto didascalico geometrico brechtiano all’inizio (c’è anche un narratore, Bob Balaban) ma senza negarsi caratterizzazioni ufficiali di capi scout (Edward Norton magnificamente inespressivo), la madre padrona al megafono (grande Frances McDormand “contro” Bill Murray). E poi i due debuttanti, Jared Gilman e Kara Hayward che con studiata titubanza garantiscono di aver classe anche in futuro: hanno imparato a rinunciare alle mail e ai telefonini, a scrivere a mano e vedersi film Anni 60. Diventeranno i nipotini dei Tenenbaum? Soprattutto Anderson (ha un nome favoloso che promette bene) racconta una favola composta di sentimenti autentici, di piccoli e grandi segreti e di momenti magici legati alla scoperta più di sé che del mondo, portandoci dentro con la solita spiritosa discrezione in un’avventura di puro cinema, shakerando il mélo under 15 alla bufera di mare e alla critica di costume per finire nel vicolo cieco per happy few di Britten e anche di un’orchestrazione che al cinema da tempo non si sentiva così perfetta.
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