Non potremo dire che non avevamo capito. Né che non ce ne eravamo accorti. Né che serviva un’interpretazione sofisticta o un’esegesi raffinata. No. La direzione di marcia è ben chiara.
Capitano a ricordarcelo i quattro giorni (da giovedì 24 a domenica 26 novembre), che abbiamo alle spalle. Nella liturgia del giorno di festa, Matteo che scrisse il Vangelo più crudo e nei giorni precedenti il Papa figlio di migranti che parla ancora una volta di lavoro. Si intrecciano tre fili essenziali per cucire la presenza feconda dei cristiani nella contemporaneità.
Giovedì 23 novembre. “La fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo convergono in un movimento dinamico che prende la forma del cambiamento di noi stessi e del cambiamento della realtà, superando immobilismi e convenienze, creando spazi e lavoro per i giovani e per il loro futuro. Perché il cambiamento è salutare non solo quando le cose vanno male, ma anche quando tutto funziona bene e siamo tentati di adagiarci sui risultati raggiunti. Allargare il nostro servizio, rendere partecipi altri dei nostri progetti, dilatare gli spazi della creatività significa accogliere la sfida del cambiamento proprio per rimanere fedeli a Dio e all’uomo. Sembra una contraddizione, ma la fedeltà è questo cammino che avvia dei processi e non permette che noi ci fermiamo negli spazi che ci difendono da ogni creatività, spazi che alla fine vanno sul senso del è sempre stato fatto così”. Così Francesco nel messaggio video alla settima edizione del Festival della dottrina sociale cristiana.
Venerdì 24 novembre. “La persona fiorisce nel lavoro”, torna a dire con forza Papa Francesco. E propone una doppia tripletta attorno alla lettera “T”.
Il lavoro – dice Francesco – va visto in modo integrale: c’è un “legame fra le tre ‘T’: terra, tetto e lavoro [trabajo]. Non vogliamo un sistema di sviluppo economico che aumenti la gente disoccupata, né senza tetto, né senza terra. I frutti della terra e del lavoro sono per tutti, e ‘devono essere partecipati equamente a tutti’. L’interdipendenza tra il lavoro e l’ambiente ci obbliga a reimpostare i generi di occupazione che vogliamo promuovere in futuro e quelli che devono essere sostituiti o ricollocati, come possono essere, ad esempio, le attività dell’industria di combustibili fossili inquinanti. E’ ineludibile uno spostamento dall’industria energetica attuale a una più rinnovabile per proteggere la nostra madre terra. Ma è ingiusto che questo spostamento sia pagato con il lavoro e con la casa dei più bisognosi. Ossia, il costo di estrarre energia dalla terra, bene comune universale, non può ricadere sui lavoratori e le loro famiglie”.
Tra le tante cose nuove che in questo ambito si muovono, ne ricordo due. La proposta emersa dalla 48ma Settimana Sociale di Cagliari di ampliare la platea di Pmi destinatarie delle risorse raccolte tramite i Pir comprendendo quelle che rispettino criteri ambientali e sociali minimi. Un emendamento in tal senso è stato presentato alla legge di bilancio 2018 che si discute in Senato. Occorre sostenerlo. E poi la proposta di incentivare (con un minore assorbimento patrimoniale) i finanziamenti da parte delle banche alle imprese green, alla produzione di energia da fonti rinnovabili, ai progetti di serio efficientamento energetico, alla mobilità sostenibile. In queste settimane, è infatti oggetto di revisione a Bruxelles un’importante normativa bancaria europea, il cosiddetto Crr, e Federcasse a nome delle Bcc italiane insieme ad altre associazioni bancarie cooperative europee hanno proposto quello che tecnicamente viene definito un green finance supporting factor.
Seconda tripletta di Francesco. “Questa volta tra lavoro, tempo e tecnologia. Quanto al tempo, sappiamo che la ‘continua accelerazione dei cambiamenti’ e ‘l’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro’, che alcuni chiamano ‘rapidación’ non favoriscono lo sviluppo sostenibile né la sua qualità. Sappiamo anche che la tecnologia, da cui riceviamo tanti benefici e tante opportunità, può ostacolare lo sviluppo sostenibile quando è associata a un paradigma di potere, dominio e manipolazione”. L’approccio può essere allora quello del governo della tecnologia, dell’automazione. Sfida quasi impossibile, ma l’Instrumentum Laboris della 48ma Settimana Sociale indica un approccio realistico: né demonizzare né mitizzare la tecnologia. Occorre darsi una progettualità di governo dell’automazione, della robotica, della vita digitale. Il numero… di quel documento va preso sul serio. E può essere assunto come approccio culturale e piattaforma politica.
Domenica 26 novembre. Il Vangelo di Matteo (capitolo 25, quello prima della Passione) con stupefacente semplicità traccia il profilo identitario del cristiano. Colui che in concreto va incontro e prova a risolvere il problema individuale (il volto della singola persona col gesto concreto da solo o in comunità) e il problema generale (la dimensione politica, indirizzando collettivamente le scelte strategiche) del caso, di quanti hanno fame, sete, sono stranieri, nudi ovvero poveri, malati, carcerati.
Il Vangelo delle povertà da affrontare. Se ci pensiamo, il lavoro che fa fiorire la vita attraversa in modo diverso quelle sei situazioni emblematiche. Il lavoro degno e pieno di senso come soluzione a quelle singole condizioni dell’esistenza. Alcune subìte, altre frutto di errori propri o di altri. Potremo dire che non avevamo capito?
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