Una foto scattata dal fotografo americano Joseph Roger O’Donnell dopo il bombardamento atomico a Nagasaki. L’ha scelta Papa Francesco per denunciare “…il frutto della guerra”. L’immagine, fatta stampare dal Santo Padre su un cartoncino, diffuso in questi giorni, ritrae “un bambino che aspetta il proprio turno nel crematorio per il fratello morto che tiene legato dietro la schiena. La tristezza del bambino solo – viene spiegato nel retro del cartoncino – si esprime nel suo gesto di mordersi le labbra che trasudano sangue”. Tornano alla mente le parole del Papa nel messaggio “Urbi et Orbi” di pochi giorni fa: “Oggi, mentre sul mondo soffiano venti di guerra e un modello di sviluppo ormai superato continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale, il Natale ci richiama al segno del Bambino, e a riconoscerlo nei volti dei bambini, specialmente di quelli per i quali, come per Gesù, ‘non c’è posto nell’alloggio’ (Lc 2,7). Vediamo Gesù nei bambini del Medio Oriente, che continuano a soffrire per l’acuirsi delle tensioni tra Israeliani e Palestinesi. (…) Vediamo Gesù nei volti dei bambini siriani, ancora segnati dalla guerra che ha insanguinato il Paese in questi anni. (…) Vediamo Gesù nei bambini dell’Iraq, ancora ferito e diviso dalle ostilità che lo hanno interessato negli ultimi quindici anni, e nei bambini dello Yemen, dove è in corso un conflitto in gran parte dimenticato, con profonde implicazioni umanitarie sulla popolazione che subisce la fame e il diffondersi di malattie. (…) Vediamo Gesù nei bambini dell’Africa, soprattutto in quelli che soffrono in Sud Sudan, in Somalia, in Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo, nella Repubblica Centroafricana e in Nigeria. (…) Vediamo Gesù nei bambini di tutto il mondo dove la pace e la sicurezza sono minacciate dal pericolo di tensioni e nuovi conflitti. (…) A Gesù Bambino affidiamo il Venezuela (…). Vediamo Gesù nei bambini che, insieme alle loro famiglie, patiscono le violenze del conflitto in Ucraina e le sue gravi ripercussioni umanitarie e preghiamo perché il Signore conceda al più presto la pace a quel caro Paese. Vediamo Gesù nei bambini i cui genitori non hanno un lavoro e faticano a offrire ai figli un avvenire sicuro e sereno. E in quelli a cui è stata rubata l’infanzia, obbligati a lavorare fin da piccoli o arruolati come soldati da mercenari senza scrupoli. Vediamo Gesù nei molti bambini costretti a lasciare i propri Paesi, a viaggiare da soli in condizioni disumane, facile preda dei trafficanti di esseri umani. (…) Rivedo Gesù nei bambini che ho incontrato durante il mio ultimo viaggio in Myanmar e Bangladesh, e auspico che la Comunità internazionale non cessi di adoperarsi perché la dignità delle minoranze presenti nella Regione sia adeguatamente tutelata”. Il pensiero corre anche al discorso pronunciato dal Papa in occasione del convegno “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”, tenuto lo scorso novembre in Vaticano. “Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche – ha detto Francesco -, altro non generano che un ingannevole senso di sicurezza e non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà”. E l’immagine del fotografo O’Donnell lo ricorda con molta efficacia.
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