Di Don Gianni Croci

DIOCESI – La comunicazione passa attraverso i segni e le parole. A volte i gesti comunicano molto di più. In ogni Chiesa, ad esempio, l’ambone parla di una comunità in ascolto della Parola di Dio e il tabernacolo di una presenza del Signore in mezzo al suo popolo che prega, adora e loda. E’ importante però che non manchi “un’opera” che sia segno per i poveri che Dio è amore, accoglienza e perdono; per i cristiani della fedeltà al Vangelo; per il mondo di che cosa sta a cuore alla Chiesa. La comunità cristiana è chiamata ad essere una presenza profetica, capace di dare voce a chi non ha voce, di prendere la difesa di chi è sfruttato e messo ai margini, dentro una società in cui prende sempre più piede la cultura dello scarto e cresce il disprezzo per chi è debole, la paura della diversità, l’indifferenza verso tutto e tutti.

Ha detto Papa Francesco nella visita a S. Giovanni Rotondo: “Chi si prende cura dei piccoli sta dalla parte di Dio e vince la cultura dello scarto, che, al contrario, predilige i potenti e reputa inutili i poveri. Chi preferisce i piccoli proclama una profezia di vita contro i profeti di morte di ogni tempo, anche di oggi, che scartano la gente, scartano i bambini, gli anziani, perché non servono. Da bambino, alla scuola, ci insegnavano la storia degli spartani. A me sempre ha colpito quello che ci diceva la maestra, che quando nasceva un bambino o una bambina con malformazioni, lo portavano sulla cima del monte e lo buttavano giù, perché non ci fossero questi piccoli.

Noi bambini dicevamo: “Ma quanta crudeltà!”. Fratelli e sorelle, noi facciamo lo stesso, con più crudeltà, con più scienza. Quello che non serve, quello che non produce va scartato. Questa è la cultura dello scarto, i piccoli non sono voluti oggi”. In questa situazione la chiesa non può né deve sostituirsi alle istituzioni, che hanno il dovere di farsi carico di chi é più debole, ma é suo compito richiamare l’attenzione su chi vive nella precarietà, conseguenza spesso e volentieri di scelte politiche ed economiche scellerate. Non è civile quella società dove pochi ‘crepano’ perché hanno troppo, vivendo nella rincorsa dell’ultima dieta, e tantissimi ‘crepano’ perché non hanno nulla, ridotti ad elemosinare gli avanzi dei pochi ricchi epuloni. Ecco allora la scelta delle ‘Opere segno’ sparse nel territorio, e cioè servizi, strutture, progetti gestititi dalla comunità cristiana con lo stile della gratuità.

La carità non si può delegare a pochi filantropi e/o ad alcune istituzioni religiose. E’ necessario superare la logica della delega (ci pensa la caritas!), per giungere ad una vera corresponsabilità ecclesiale nell’impegno caritativo, secondo il dettato del Concilio Vaticano II e l’insegnamento del Beato Paolo VI. L’attenzione alle ‘Opere Segno’ risponde, non solo al criterio funzionale, grazie al quale si soddisfano determinati tipi di bisogni che, diversamente, rimarrebbero a lungo senza risposta, ma sono anche un “dito puntato” per indicare altro e di più.

Nella diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatrasnone – Montalto, la casa di AccoglienzaMons. Gervasio Gestori” presso la Caritas diocesana e la casa Papa Giovanni XIII presso la parrocchia di Cristo Re a Porto d’Ascoli di San Benedetto del Tronto, richiamano la comunità ecclesiale e civile al dovere dell’ospitalità; I progetti “Una casa anche per te” fatto con l’8xmille al Paese Alto di S. Benedetto del Tronto e “C’è un posto …anche per te”, finanziato dalla Fondazione Carisap, a Centobuchi di Monteprandone, evidenziano le difficoltà dei papà separati e dei giovani senza casa e senza lavoro; Il “Taxi sanitario” di Comunanza, grazie a progetti di Caritas Italiana per le zone colpite dal sisma sollecita la vicinanza ai malati e agli anziani bisognosi di cure: sia per visite mediche sia per terapie di riabilitazione.

Il sogno della Chiesa diocesana è che sul territorio, in ogni vicaria, sorgano tante altre ‘opere segno’ e che non sia calpestata la dignità di nessun uomo e di nessuna donna, specie se deboli e poveri.

Alla sera della vita tutti saremo giudicati sull’amore, dice infatti Gesù nel Vangelo: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.” (Mt. 25,34–36). Riscoprendo ogni giorno il volto di Cristo nell’altro costruiremo una ‘società altra’, inizio del Regno di Dio.

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