Si spalancano le porte della prigione per l’ex presidente della Repubblica del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva. Nella serata di ieri (nella notte ora italiana) il Tribunale supremo federale ha deciso a strettissima maggioranza (sei voti contro cinque) di respingere la richiesta di “habeas corpus”, in pratica una richiesta preventiva di libertà provvisoria presentata dal suo collegio difensivo. La decisione è arrivata dopo dieci ore di discussione. Decisivo il voto della consigliera Rosa Weber, lo stesso alto magistrato che si era finora espressa contro la tesi di far scontare la condanna in carcere dopo il verdetto di secondo grado.

La sentenza è stata seguita con grande partecipazione e tensione nel Paese. Per Lula rischiano di aprirsi, entro qualche giorno, le porte del carcere. Il leader del Pt ha ancora un’ultima carta da giocare: un ricorso al Tribunale federale della IV regione, lo stesso che lo ha condannato a 12 anni e un mese, su alcuni aspetti giuridici legati alla motivazione della sentenza. Ma la sostanza e l’ammontare della pena non sono destinati a cambiare. E, se anche l’ultima istanza sarà rigettata, il giudice Sergio Moro potrà emettere l’ordine di cattura che, oltre a portare in carcere Lula, interromperà anche la sua corsa alla presidenza. Finora, infatti, Lula aveva puntato a rinviare l’applicazione della condanna, così da potersi candidare e tornare, grazie alla sua ancora forte popolarità, alla guida del Paese. In tale incarico avrebbe poi goduto dell’immunità.

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