Dopo i picchi degli anni ’80 e un periodo di decrescita, in questi ultimi anni la spesa militare mondiale continua ad aumentare: 1.739 miliardi di dollari nel 2017. Questo comporta, di conseguenza, anche un incremento del commercio mondiale. Le guerre non cessano mai perché i governi hanno sempre più interesse a vendere e comprare armi. Una constatazione cinica e pragmatica che anche un bambino è in grado di comprendere. È resa ancora più drammatica dalle cifre dell’import-export di armamenti, i cui dati più autorevoli sono forniti dal Sipri (Stockholm international peace research institute). I più aggiornati risalgono a marzo 2018. I principali esportatori nel quinquennio 2013-2017 risultano nell’ordine gli Usa, la Russia, la Francia, la Germania, la Cina, la Gran Bretagna, la Spagna, Israele, l’Italia e l’Olanda, che detengono il 90% del mercato mondiale. Il flusso è diretto soprattutto verso Asia e Oceania (il 42%, in particolare nell’area asiatica meridionale in relazione alle tensioni tra Cina, India e Pakistan) e verso il Medio Oriente (il 32%, con il raddoppio dell’import rispetto al 2008-2012). Tutti numeri aridi e noiosi, dietro i quali però non ci sono solo acquisti a scopo difensivo ma tragedie immani e perdite di vite umane. Come la vendita di armi all’Arabia Saudita, aumentata del 225% per rifornire la coalizione impegnata nel feroce conflitto in Yemen. O il dato sul raddoppio delle vendite verso gli instabili Paesi del Medio Oriente oppure le vendite di armi italiane al Qatar, ritenuto da molti come il principale sostenitore del terrorismo internazionale.
Stati Uniti, i più grandi esportatori al mondo. Gli Stati Uniti, come sempre, sono i più grandi esportatori di armi nel mondo,
con il 34% del totale mondiale.
Nel quinquennio 2013-2017 hanno aumentato le consegne del 25%, rispetto al periodo precedente, il picco più alto dalla fine degli anni ’90, raggiunto durante l’amministrazione Obama. Sulla base dei contratti stipulati nel 2017
si annuncia ancora un trend in crescita nei prossimi anni.
Anche la Cina è in aumento del 38%, come pure la Francia (+27%), mentre Russia e Germania hanno diminuito rispettivamente del 7% e 14%.
Importazioni, al primo posto c’è l’India. Non avendo in patria le capacità per produrre armi in proprio,
l’India risulta la principale importatrice di armi al mondo, con il 12% del totale,
in aumento del 24% rispetto al quinquennio precedente. Gli Stati Uniti sono i loro principali rifornitori, con un aumento del 557%.
Il dato più preoccupante è però il raddoppio delle importazioni verso il Medio Oriente negli ultimi 10 anni: Arabia Saudita (+225%), Egitto (+215%), Emirati Arabi e Qatar.
Tutti acquistano armi da Stati Uniti e Paesi europei. In Africa diminuiscono del 22% le importazioni, tranne in Nigeria dove c’è stato un picco del 42%. Anche le Americhe registrano un -29%, compreso il Venezuela (-40%). In Asia il Myanmar acquista il 68% delle sue armi dalla Cina, la quale vende anche alla Russia (15%). In Pakistan diminuiscono del 76% le importazioni, l’Indonesia registra invece una crescita enorme: + 193%. L’Australia è il sesto più grande importatore di armi al mondo.
Anche l’Italia ha le sue responsabilità. Secondo l’ultima Relazione al Parlamento resa nota a maggio dalla Rete italiana per il disarmo,
l’Italia ha rilasciato 10,3 miliardi di euro di autorizzazioni all’export di armi, il 48% verso Medio Oriente e Nord Africa.
Il dato è in calo del 35% rispetto al 2016 ma la commessa navale per il Qatar garantisce comunque un +35% rispetto al 2015 e una quadruplicazione delle licenze rispetto al 2014. I primi 12 Paesi destinatari sono, nell’ordine, Qatar, Regno Unito, Germania, Spagna, Usa, Turchia, Francia, Kenya, Polonia, Pakistan, Algeria e Canada. In totale, nel 2017, l’Italia ha venduto armi a 86 Paesi.
Il filo rosso delle armi. “Seguendo il filo rosso del commercio di armi ci indirizziamo verso guerre in atto e possibili guerre future non meno preoccupanti – commenta al Sir Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Archivio Disarmo -. Anche l’Italia ha più che triplicato in questi ultimi anni le vendite di armi all’estero, contribuendo ad alimentare conflitti e tensioni, che generano instabilità e movimenti di profughi. Preoccupano in particolare le nostre esportazioni verso l’Arabia Saudita, il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti: tutti Paesi impegnati nella sanguinosa guerra in corso in Yemen”.
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