La crisi strutturale del 2008 “ha cambiato il paradigma del consumo producendo cambiamenti significativi anche del consumo culturale”, mentre “solo 3 italiani su 10 hanno gli strumenti per orientarsi compiutamente nel mondo della scrittura e della lettura. Il 5% è di fatto analfabeta o analfabeta di ritorno; il libro non è più un ascensore sociale e il suo prestigio è diminuito rispetto al passato”. A delineare questo scenario è Roberto Alessandrini (Edizioni Dehoniane Bologna – Edb) al convegno “Professionalità e carità intellettuale: quarant’anni di Abei (1978 – 2018)” che si chiude oggi a Roma. Tra le cause di questa crisi culturale Alessandrini ravvisa “la debolezza del sistema scolastico, la scarsa consapevolezza che dove non c’è cultura non c’è innovazione o cambiamento, l’impoverimento e banalizzazione del discorso pubblico, l’incapacità dei media di mediare” mentre “non è più chiara la distinzione tra percezione e realtà”. Un contesto al quale si aggiungono “elementi di criticità del libro religioso. Il primo – spiega – riguarda l’autoreferenzialità verbale e visiva di molti di questi testi, spesso escludenti e comprensibili solo agli ‘interni’. Poi il privilegiare la produzione devozionale rispetto a quella culturale, la saggistica anziché la testimonianza e la vita vissuta. Nonostante ciò aumentano i lettori, il 40% non praticanti o non credenti, segno della domanda di senso che attraversa la società”. In questo scenario “l’editore religioso deve reinventarsi”.
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