L’educazione dei giovani presuppone una sana “asimmetria”, cioè che “l’adulto faccia l’adulto e il giovane faccia il giovane: non bisogna alterare le relazioni, altrimenti si creano degli scompensi gravi”. Ne è convinto il card. Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila, che in un’intervista sul numero di luglio della rivista ufficiale dell’Opera Don Orione,  afferma: “Povero il giovane che non trova un adulto che sappia fare l’adulto, che lo affianchi e lo accompagni: capace di assumere – dove è necessario – atteggiamenti saggi e fermi”. Il porporato racconta che da sacerdote, ad Ascoli Piceno, ogni settimana dedicava circa 12 ore all’incontro personale e al dialogo, ascoltando i giovani “con un amore intelligente”. “Il fenomeno del nomadismo – assicura – si verifica quando l’adulto rinuncia a fare l’adulto e sta accanto al giovane senza avere un orientamento, un progetto. È il grande guaio di molte pedagogie moderne, che per paura di essere autoritarie e impositive non propongono una ‘mappa esistenziale’”. Tre, aggiunge, le dimensioni dell’educazione “con” e “per” i giovani: la formazione, “cioè offrire loro dei modelli teorici e pratici”; la corresponsabilità, “espressa dal fatto che l’adulto e il giovane sono entrambi invitati ad impegnarsi fino in fondo”; infine gli “strumenti”. Strumenti “che l’adulto spesso non ha e sa di non avere, ma che è contento di vedere messi in campo dal giovane, reso protagonista nell’ “avventura educativa”.

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