“L’Italia è l’Italia”. Basta una battuta del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker per capire che il Belpaese è stato al centro di particolare attenzione al Consiglio europeo del 17-18 ottobre. Almeno su due fronti: quello della manovra finanziaria, “osservata speciale”; e quello delle migrazioni, per il silenzio registrato rispetto alle attese del governo guidato da Giuseppe Conte. Il summit Ue doveva concentrarsi, stando all’ordine del giorno, su Brexit, migrazioni, sicurezza e affari esteri. Pochi, praticamente nulli, i passi in avanti, se non registrare una intesa a 27 sul “divorzio da Londra”: la premier Theresa May è tornata a Downing Street con un pugno di mosche.
“Il premier italiano Conte ha esposto con verve e passione” l’impianto della manovra finanziaria e le sue ragioni, afferma in chiusura di summit Jean-Claude Juncker. “Noi non abbiamo reagito in alcun modo alla sua presentazione semplicemente perché stiamo esaminando” la proposta italiana.“Non c’è alcun pregiudizio negativo” verso i conti italiani che “saranno giudicati con lo stesso rigore che applichiamo agli altri Paesi”.“Ci sono 4 o 5 o 6 Paesi ai quali chiederemo ulteriori chiarimenti” sulle rispettive manovre finanziarie. Juncker osserva: “In passato la Commissione è stata accusata di essere stata generosa verso l’Italia. Direi che l’Italia ha usato tutti i possibili strumenti di flessibilità” previsti dalle norme Ue e “ha speso 30 miliardi di euro. Siamo stati molto generosi e positivi con l’Italia”.
Nelle stesse ore procedeva la visita del commissario agli Affari economici Pierre Moscovicia Roma, per chiarire con il ministro Giovanni Tria alcuni particolari della manovra. Per poi consegnargli una lettera, dai toni ultimativi, firmata dallo stesso Moscovici e dal vicepresidente dell’esecutivo Valdis Dombrovskis.
“Il bilancio italiano mostra una deviazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità”
vi si legge, “dovuta a un’espansione vicina all’1% e a una deviazione dagli obiettivi pari all’1,5%”. La Commissione rimarca “un non rispetto particolarmente serio con gli obblighi del Patto”. A questo punto si intima al governo italiano di fornire chiarimenti entro lunedì 22 ottobre.
A Bruxelles, in presa diretta, il premier Giuseppe Conte, incalzato dai giornalisti, spiega alcuni passaggi della lettera, ne contesta altri, e segnala: “L’Italia deve crescere. L’Italia gode di buona salute. Mi rendo conto che c’è tensione nei mercati”,
mentre lo spread vola ben oltre 300 punti, “ma i fondamentali dell’economia sono sani”. Infine si dichiara “seriamente disponibile al dialogo con la Commissione europea”. E da Roma anche Giovanni Tria usa gli stessi toni: “Abbiamo ricevuto la lettera con le osservazioni della Commissione” e ora “si apre un dialogo costruttivo partendo da valutazioni diverse sulla nostra politica economica”.
Sempre da Bruxelles non mancano commenti sul caso-Italia. La cancelliera tedesca Angela Merkel prima di lasciare l’Europa Building dichiara: “Ho sottolineato con il premier Conte che l’Italia deve avere un dialogo con la Commissione Ue” sulla manovra finanziaria”. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, presidente di turno del Consiglio Ue, è più esplicito: “Ci aspettiamo che il governo italiano rispetti le regole. Non siamo i soli a pensarlo. I criteri di Maastricht valgono per tutti e in Austria di sicuro non pagheremo per il debito di altri”.
Il Consiglio europeo ha quindi preso in considerazione il nodo-Brexit. “Andiamo avanti con i negoziati” con “spirito positivo” e “fiducia nel negoziatore Michel Barnier”, riferisce Donald Tusk in conferenza stampa.
Specifica: “Un vertice straordinario sarà convocato se e quando ci saranno progressi decisivi” nei negoziati, progressi “che per ora non ci sono”.
Quindi lascia intravvedere l’allungamento del periodo di transizione (forse fino alla fine del 2021) per consentire una migliore definizione del dopo-Brexit e dei futuri rapporti tra Ue e Regno Unito. Gli fa eco Jean-Claude Juncker: “Un mancato accordo sarebbe dannoso per tutti”.
C’è poi il capitolo migrazioni. Tema caro all’Italia, Paese di primo approdo, che più di tutti ha fatto in Europa per salvare vite umane e dare ospitalità ai rifugiati in fuga da Africa e Medio Oriente. Pagando a caro prezzo tale impegno. Nel documento che chiude il summit (denominato “Conclusioni”) si legge a tale riguardo: “Mentre il numero di attraversamenti illegali delle frontiere dell’Ue rilevati è stato ridotto del 95% rispetto al suo picco nell’ottobre 2015, alcuni recenti flussi interni ed esterni meritano un’attenzione costante”.
“Il Consiglio europeo sottolinea l’importanza di continuare a prevenire l’immigrazione illegale e rafforzare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, in particolare nel Nord Africa, come parte di una più ampia partnership”.
“La lotta contro i canali dell’immigrazione clandestina deve essere intensificata”. Inoltre “dovrebbe essere istituita una task force congiunta presso il Centro europeo per la tratta di migranti istituito nell’ambito di Europol”. Ma nessun accenno alle richieste italiane: ricollocamento migranti, riforma di Dublino, impegno finanziario maggiore sulle migrazioni da parte dei Paesi che non accolgono. Di positivo resta l’impegno – tutto da realizzare – per un piano di sostegno di ampia portata per lo sviluppo dei Paesi di provenienza dei flussi. Ma si tratta di passare, ancora una volta, dalle parole ai fatti.
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