La chiamano la “fotografa dei migranti”, ma in realtà Lejla Samardzic è un’insegnante di Bihac, la cittadina bosniaca alla frontiera croata dove sono concentrate migliaia di persone con la speranza di passare il confine e arrivare in Croazia. Da tempo le foto di Lejla, intitolate “Il tempo dei migranti”, contano migliaia di seguaci su Twitter e il suo profilo è molto ricercato da coloro che sono interessati alle sorti dei Balcani occidentali.
Un gran numero di persone. Molti dei migranti passano proprio di fronte alla casa di Lejla, che di professione fa l’insegnante ma la sua grande passione, iniziata 15 anni fa, è proprio la fotografia. Spesso passeggia nel parco e fotografa ciò che incontra, gli abitanti del posto, la natura che scandisce il cambio delle stagioni, gli animali.Negli ultimi mesi però, a Bihac, per le strade, nei parchi, sulle panchine, nelle stazioni, attorno al lago con le papere, ci sono loro, i migranti.Secondo le stime ufficiali, dall’inizio dell’anno oltre 23mila richiedenti asilo sono entrati in Bosnia-Erzegovina attraverso quella che fino a non molto tempo fa era indicata come “rotta balcanica”.
“Abbiamo dimenticato…”. “Quando i profughi hanno iniziato ad arrivare, ho pensato che dovevo fare qualcosa – racconta la fotografa al Sir –; volevo fare memoria del tempo, per me e per gli altri”. Tornando indietro, Samardzic ricorda i primi arrivi dei migranti nella sua città: “I cittadini di Bihac si sono prodigati per aiutare e sono sorte diverse iniziative umanitarie, ma con l’aumento del numero delle persone i media hanno iniziato a diffondere tantissime notizie riguardo i migranti, alcune vere, altre no”. Così la gente ha iniziato ad avere paura: “Siamo una comunità piccola – chiosa – e le persone non si sentono sicure, hanno dimenticato che i nuovi arrivati erano prima di tutto persone oltre che migranti”.
Buone parole e rispetto. Lejla ha incontrato centinaia di migranti in questi mesi. “In mezzo a loro ci sono persone con storie ed esperienze diverse: colte o senza istruzione, buoni e cattivi”, racconta. Per lei i migranti non sono diversi dalle altre persone. Lo ha capito ascoltando le loro vicende, cosa li ha spinti a intraprendere questo viaggio pericoloso, pieno di incognite alla ricerca di una vita migliore. Il rischio più grande che rileva nei confronti dei migranti è “mettere tutti sotto un denominatore comune, arrivando a conclusioni generalizzate e a condanne pesanti”. Invece l’esperienza diretta di Lejla dimostra un’altra cosa: “Ho incontrato tanta gentilezza, buone parole e rispetto nei confronti della gente locale”.
Scene di vita quotidiana. Resasi conto che l’immagine dei rifugiati fornita dalla maggior parte dei media era “storta”, Samardzic ha voluto, e vuole, “evidenziare tramite le foto gli esempi positivi: il ragazzo straniero che accompagna la signora anziana per attraversare la strada, un altro che dà da mangiare alle papere del lago (mentre alcuni media dicevano che i migranti avrebbero annientato gli uccelli), la famiglia con le buste-valigie all’angolo della strada, il rifugiato che dorme sulla panchina nel parco”.
La minaccia che viene dal freddo. Nel frattempo, in Bosnia-Erzegovina è già arrivata la neve e le nuove foto di Lejla sono con uno sfondo bianco naturale. “A Bihac l’inverno può essere molto freddo e pericoloso per i migranti che non dispongono di alloggi caldi o vestiti ipertermici”.Anche nelle foto di Lejla si vedono tanti bambini che invece di stivali hanno ancora le pantofole e giacchine leggere, “magari – dice – le organizzazioni umanitarie provvederanno a loro”.Il rischio c’è anche per quelli che comunque continuano a tentare a passare la frontiera. “Negli ultimi giorni sono arrivate le notizie di diversi migranti salvati dal congelamento nei boschi”.
“L’amore vince tutto”. La fotografia preferita di Lejla rappresenta una giovane coppia di migranti. La descrive così: “Abbracciati, stretti sulla panchina nel parco, sorridenti. Come se a scapito dei tempi e delle persone, di tutte le difficoltà, i loro sorrisi dimostrano che l’amore è l’arma più potente, che alla fine con l’amore si può vincere tutto, anche i muri dell’odio e dell’incomprensione”. È il messaggio che Lejla Samardzic vuole trasmettere attraverso le sue foto, con questi brevi racconti di incontri personali. “I pregiudizi – ne è convinta – nascono dalla paura che genera l’odio”. L’esperienza della fotografa genera una raccomandazione: “Guardare ai migranti come persone uguali a noi e non come a degli intrusi. A volte – conclude – basta rivolgere una buona parola o un sorriso, per loro è tanto ma ogni gesto di bontà porta del bene anche a chi lo fa”.
0 commenti