Michele Raviart – Città del Vaticano
Papa Paolo VI entrò nella Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme quasi sospinto dalla folla. Ad attenderlo, quella giornata di 55 anni fa, una massa di gente che, fin dall’arrivo alla porta di Damasco e per le vie della Città vecchia, era accorsa numerosa per quello che è stato il primo viaggio della storia di un Pontefice in Terra Santa e il primo viaggio papale dell’età moderna.
Un viaggio di preghiera e penitenza
Un pellegrinaggio di tre giorni, dal 4 al 6 gennaio del 1964, che San Paolo VI aveva voluto, in pieno Concilio Vaticano Secondo, come un momento “di preghiera e di penitenza”, nei luoghi “da dove Pietro è partito, portatore del Messaggio cristiano”. Un ritorno alla “culla del Cristianesimo” che cominciò la mattina del 4 gennaio con l’arrivo del Papa all’aeroporto di Amman. Ad accoglierlo il re Hussein di Giordania, che all’epoca amministrava i territori della Cisgiordania e di Gerusalemme Est dopo la guerra arabo-israeliana del 1948.
“La nostra visita è spirituale, un umile pellegrinaggio ai luoghi sacri resi santi dalla nascita, dalla vita, dalla passione e morte di Gesù Cristo e dalla sua gloriosa Risurrezione e Ascensione. In ciascuno di questi venerabili santuari, pregheremo per quella pace che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli, quella pace che il mondo non può dare, ma che viene dall’adempimento del suo comandamento: amarci gli uni gli altri come Egli ci ha amato”, disse il Pontefice al sovrano prima di partire per la Città Santa.
La Messa al Santo Sepolcro
Una sosta sulle rive del Giordano e una visita alla casa di Lazzaro a Betania precedettero l’arrivo a Gerusalemme, culminato appunto con la Messa al Santo Sepolcro. “È ora che bisogna che le nostre menti si risveglino”, disse il Papa sulla tomba di Cristo, “prendiamo ora coscienza, nel dolore sincero, di tutti i nostri peccati, di quelli dei nostri padri, di quelli della storia passata, di quelli del nostro tempo, di quelli del mondo in cui viviamo”.
L’incontro con Athenagoras
L’incontro con il patriarca greco ortodosso Benedictos, con quello armeno Derderian e con le comunità cattoliche di rito orientale fecero da preludio allo storico incontro ecumenico della sera seguente al Monte degli Ulivi con il patriarca di Costantinopoli Athenagoras, giunto a Gerusalemme per incontrare il Pontefice. Un abbraccio e una preghiera comune in latino e in greco, primo passo verso la dichiarazione dell’anno seguente in cui Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa revocarono la reciproca scomunica risalente al 1054.
Il saluto alle autorità israeliane
Prima dell’incontro, la giornata del 5 gennaio segnò l’ingresso di Paolo VI nella parte ebraica di Gerusalemme. “Da questa terra unica al mondo per la grandezza degli eventi in cui è stata teatro, la Nostra umile supplica sorge a Dio per tutti gli uomini, credenti e non credenti, e in essa includiamo volentieri i figli del “popolo dell’Alleanza”, il cui ruolo nella storia religiosa dell’umanità non possiamo dimenticare”, disse il Papa alle autorità israeliane sul colle di Meghiddo.
Pio XII e la seconda guerra mondiale
Nazareth, Tagba e il lago di Tiberiade, Cafarnao, il Monte delle Beatitudini e il Monte Tabor furono visitati quel giorno da Papa Montini che, tornato a Gerusalemme e congedandosi dalle autorità israeliane ricordò il predecessore Pio XII e il suo ruolo durante il secondo conflitto mondiale. “Tutti sanno cosa fece per la difesa e la salvezza di quelli che erano in difficoltà, senza alcuna distinzione. Eppure, come sapete, vollero gettare sospetti, e persino accuse, contro la memoria di questo grande Pontefice”, disse, “lo sapevano bene anche coloro che, all’indomani della guerra, sono venuti con le lacrime agli occhi per ringraziarlo per avergli salvato la vita”.
La Messa a Betlemme e il ritorno in Vaticano
Il 6 gennaio, giorno dell’Epifania, il Papa celebrò Messa nella Basilica della Natività di Betlemme, appellandosi alla pace nel mondo e all’unità dei cristiani. Dopo aver incontrato nuovamente Athenagoras e la comunità cattolica di rito latino di Gerusalemme, San Paolo VI tornò ad Amman per prendere l’aereo verso Roma. “Voi avete compreso che il mio viaggio non è stato soltanto un fatto singolare e spirituale”, dirà al suo ritorno: “è diventato un avvenimento, che può avere una grande importanza storica. È un anello che si collega ad una tradizione secolare; è forse un inizio di nuovi eventi che possono essere grandi e benefici per la Chiesa e per l’umanità”
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