DIOCESI – Marco Sprecacè è stato per tre anni Animatore di Comunità del Progetto Policoro. Subentra al suo posto e in continuità con quanto fino ad ora svolto Remigio Giannetti, che svolgerà per tre anni questo compito. Per conoscere meglio cosa sta realizzando il Progetto Policoro nella nostra diocesi, abbiamo intervistato il nuovo Animatore di Comunità.
Cosa riguarda il progetto Policoro?
È il progetto della Chiesa cattolica italiana che affronta le molteplici criticità che noi giovani quotidianamente dobbiamo affrontare quando si tratta sul tema “lavoro”. Quante volte può capitere di aver sbagliato il proprio percorso professionale o anche scolastico/universitario? Quante volte si lanciano curriculum a iosa senza neanche aver controllato a chi è indirizzato? Abbiamo mai avuto qualche idea imprenditoriale e non si viene minimamente presi sul serio?
Di questo ed altre svariate sfaccettature si occupa il Progetto Policoro, attraverso gli Animatori di Comunità (come me) che, individuati prima dalla diocesi, vengono poi indirizzati su un percorso formativo nazionale, poi lavorativo, per 3 anni di mandato, stando a stretto contatto con l’equipe (formata da Caritas, Pastorale Giovanile e Pastorale Sociale e del Lavoro) che deve raccogliere le criticità dalla diocesi per poter applicare la propria operatività.
Quali iniziative sono state realizzate nella nostra diocesi?
Possiamo parlare piuttosto su quali ambiti si è operato. Oltre alle iniziative, a partire dalle attività di sportello lavoro in Caritas, dove si sono raccolti giovani in cerca di lavoro, poi, ad esempio, ci sono stati eventi curati con la Psl ed il Mlac (20 gennaio 2018 finanza ed etica incontro con studenti e maglificio Matisse maggio 2018 Sant’Egidio alla Vibrata; incontro Pastorale della Famiglia e Psl col Prof. Luigino Bruni), poi ci sono stati i progetti intrapresi con alcuni istituti superiori (ITC, IPSIA, Liceo Pedagogico Scientifico, Liceo Classico di Montalto delle Marche) con gli allievi del quinto, attraverso incontri pratici su come fare un curriculum, collaborare e capire il lavoro nella sua complessità. Non meno importante sono stati la progettazione e tutto l’accompagnamento riguardante la mappatura post-sisma, grazie anche all’ormai ex Animatore di Comunità Marco Sprecacè che ha terminato proprio lo scorso 31 dicembre il suo percorso in diocesi, non tralasciando poi anche il primo gesto concreto in fase di registrazione con un’associazione giovanile a Monteprandone.
Quali progetti vorresti realizzare?
Per il mio mandato ho voluto fortemente, con l’aiuto del mio tutor Franco Veccia, rivolgermi ai territori più periferici della diocesi, dove per volere o per mancanza non si è mai troppo a conoscenza delle iniziative o sul come stimolare attivamente il territorio, trovando in esso delle vere opportunità anche a livello lavorativo. Infatti, con un gremito gruppo di parroci delle due diocesi che sfociano nella vallata del Tesino, stiamo avanzando delle proposte da fare ad imprenditori sensibili alla tematica dello spopolamento e per giovani che abbiano desiderio e volontà di riprendere attivamente l’impegno sociale nei propri comuni. Sono già in atto per avviare un secondo gesto concreto che è in fase di realizzazione. Ultimo, ma non meno importante, rinforzare l’ufficio di ascolto per orientamenti al lavoro e creazione di impresa in itinere fuori dalle logiche dell’ufficio fisso, per andare ciclicamente nei punti nevralgici della Diocesi.
Come costruire dei ponti tra i giovani e il mondo del lavoro?
Il ponte richiede costruzione reciproca, noi giovani non possiamo più aspettare che il lavoro ci chiami dal nulla o che quel percorso scolastico/accademico/professionale sia la nostra unica via per il resto dei nostri giorni,. Occorre saper guardare in alto, al di là dei numeri , essere trasversali con i propri talenti. Non cercare qualcosa, come per dire, basti che funziona, ma di volta migliorarsi o nell’ambito lavorativo o nel settore di competenza in cui si vuole entrare a far parte. Questo discorso vale trasversalmente anche per il mondo del lavoro. Le industrie locali fanno molta fatica a trovare personale adatto per la mansione: o per la poca esperienza o la mancata versatilità al lavoro del candidato. Nella nostra diocesi attualmente non c’è un reale ponte giovani-lavoro in quanto, oltre al livello turistico ed in parte di quello industriale (ma solo per alcuni settori ben avviati), mancano dei modi per conoscere le realtà imprenditoriali sul territorio, soprattutto le buone realtà e ce ne sarebbero molte che siano anche per giovani apprendisti e/o tirocinanti un modo per capire come si lavora realmente, piuttosto che adempiere solo a semplici compiti richiesti. A parer mio, occorre che non più solo la politica, ma che la Chiesa, in primis, e la società civile, poi, si rimbocchino le maniche per ricostruire un dialogo in una ferita da tempo aperta.
Ci potresti illustrare nel dettaglio l’iniziativa #postpolicoro?
È una semplice iniziativa che mira a diffondere nella pagina Facebook , attraverso la creazione di post con grafica accattivante e molto sintetica , delle semplici informazioni utili per il mondo del lavoro, delle citazioni o dei pensieri “condivisibili”, un modo consapevole di sfruttare i social network per le loro “buone potenzialità”, spesso poco sfruttato in modo ottimale per questi aspetti, dove molto spesso il sentimento d’odio e frustrazione sociale sfrecciano sotto un normalissimo “mi piace”. È bene sottolineare che questi mezzi possono essere utilizzato in modo più che efficiente anche per buoni scopi.
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