Michele Falabretti
Stamattina sono iniziate le catechesi per i giovani. Siamo in una situazione unica, che almeno da venticinque anni non si verificava: tutti alloggiati nella stessa parrocchia. Oltretutto Casa Italia (che è una scuola, la Enrico Fermi) e la parrocchia ci stanno offrendo molti spazi.
Così abbiamo pensato di distribuire i ragazzi in piccoli gruppi (50/60) chiedendo ai vescovi di suddividersi tutti in questi gruppi e di partecipare al percorso dei giovani mettendosi a disposizione per una breve meditazione e per rispondere alle loro domande. Anche questo è un segno dei tempi cambiati.
Anzitutto perché
si vuole ricuperare l’istanza dell’ascolto.
Al centro non è la figura del vescovo e il suo magistero, ma la Parola di Dio. Ai ragazzi viene chiesto di lavorare attorno alle parole del Vangelo, di confrontarsi fra loro e di rivolgere poi le domande al vescovo. Questo ci fa uscire dall’idea di catechesi o di discorsi “firmati”. Forse questo potrà essere anche un piccolo contributo per educare i giovani a non annegare in quelle beghe da pollaio che imperversano su una certa parte della rete cattolica: quella che si schiera con violenza, quella che offende calpestando tutto ciò che incontra sulla sua strada.
Il tema dell’ascolto, così forte nell’ultimo processo sinodale, non cerca direzioni. Altrimenti finiamo per polarizzarci di nuovo: sono gli adulti che devono ascoltare i giovani o i giovani che devono ascoltare gli adulti?
In realtà il “debito di ascolto” è di tutti e vogliamo provare a tornare, anche attraverso il piccolo esercizio delle catechesi alla Gmg, a metterci tutti in ascolto dell’unica Parola che salva.
Chissà che questa disposizione interiore, di giovani e adulti, non sia un segno bello che viene da Panama e chissà che non ci aiuti a uscire dall’idea di parole e discorsi “griffati”, da “boutique”. Soltanto un cuore libero può cogliere ciò che di bello nasce nella storia e nella vita delle persone. E non importa che siano vescovi o giovani laici: solo così la parola autorevole della Chiesa troverà il terreno “giusto”. Perché “fertile” – questa volta – potrebbe essere persino pericoloso.
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