M.Chiara Biagioni e Daniele Rocchi
“Siamo in cammino: continuate a camminare, continuate a vivere la fede e a condividerla. Non dimenticatevi che non siete il domani, non siate il ‘frattanto’, ma l’adesso di Dio”. Sono le ultime parole pronunciate da Papa Francesco ai giovani, prima di lasciare la terra panamense, al termine della Giornata mondiale della gioventù. Sono stati giorni di festa e preghiera, amicizia e silenzio. Secondo il governo locale 600mila erano presenti alla veglia e alla messa conclusiva sul campo San Juan Pablo II. Tra loro anche i 900 ragazzi e ragazze dall’Italia, accompagnati da 120 sacerdoti e 14 vescovi. Sono stati accolti in questi giorni nelle famiglie panamensi, facendo – così raccontano quasi tutti – un’esperienza di accoglienza e generosità. I giovani hanno avuto la possibilità di confrontarsi con i vescovi, hanno seguito Papa Francesco in ciascuno degli appuntamenti previsti nella Gmg. “Vi chiedo – ha detto Papa Francesco salutandoli dal Campo San Juan Pablo II – di non lasciar raffreddare ciò che avete vissuto in questi giorni. Ritornate alla vostre parrocchie e comunità, nelle vostre famiglie e dai vostri amici e trasmettete questa esperienza, perché altri possano vibrano con la forza e la gioia che avete in voi. Con Maria continuate a dire ‘sì’ al sogno che Dio ha seminato in voi”.
Il Papa ha chiesto ai giovani di essere maestri della cultura dell’incontro. Quale contributo i giovani italiani possono “essere” con questa cultura nuova per l’Italia?
Penso che siano una grande risorsa. Perché come veniva messo in evidenza anche nella Via Crucis, noi non siamo nella cultura dell’incontro.
Siamo nella cultura totale dello scarto e lo scarto rende l’uomo non più un essere umano ma una cosa.
È questa mentalità corrente. iniqua e ingiusta. che forma gli scarti, gli emarginati di tutti i tipi.
Cosa contrapporre a questo modo di vivere?
Quello che abbiamo vissuto in queste giornate a Panama. È bello vedere giovani senza frontiere, giovani di razze ed esperienze diverse, giovani di Paesi più poveri e più ricchi. Tutti qui per costruire insieme qualcosa di nuovo, per diffondere una cultura dell’incontro, la civiltà dell’amore. Per dire che l’altro non è qualcosa che si contrappone a me, un altro me stesso. Quando il samaritano si riversò sull’uomo ferito, vide se stesso in quella persona.
L’altro sono io in una condizione diversa. Se non si torna a questa concezione evangelica, noi non potremo superare la cultura della scarto.
Siamo a Panama, in un luogo dove si congiungono gli oceani, che sono le forze più grandi della natura, e noi non riusciamo a fare ponti, a congiungerci e a camminare insieme.
Mai come in questa Gmg è emersa l’opzione preferenziale per i poveri. Come può diventare una bussola anche per i giovani?
La Gmg nei Caraibi, alla luce dei poveri, diventa un segno evangelico. Quando Gesù diceva, i sordi odono, i muti parlano, i ciechi vedono – e questo è l’annuncio del Regno di Dio – non aveva risolto tutti i problemi però ha indicato i passi concreti che devono essere fatti in nome del Vangelo. La scelta preferenziale dei poveri vuol dire mettersi accanto a chi è nella condizione di essere più vicino a Dio. Non siamo noi a farla. È Gesù con il suo Vangelo a indicarla.
Annunciare la profezia del Vangelo è portare una parola di giustizia, di equità, di fraternità, di solidarietà, di incontro in un mondo dove è invece diffusa una logica dello scontro e dello scarto.
Ma come concretizzare il valore profetico emerso in questa Giornata panamense?
Agendo esattamente come Maria canta nel Magnificat. Il canto più importante di tutta la storia, non solo del popolo eletto ma dell’umanità. Il Magnificat è il piano di Dio su tutta la storia. Tutta la teologia dell’America Latina è partita dal Magnificat. Maria nel suo canto avverte che tutte queste situazioni d’ingiustizia un giorno si ribalteranno.
Dai giovani di Panama riparte forse la teologia della liberazione?
Certamente! Ma con le categorie evangeliche tracciate nel Vangelo e nella Laudato Si’ che reputo il più alto documento di teologia morale della Chiesa insieme alla Rerum Novarum. Purtroppo in passato ci sono stati degli equivoci perché abbiamo mescolato dei concetti hegeliani o marxisti a ciò che era una spinta che proveniva dal Vangelo e, in particolare, dal Magnificat. Purtroppo l’Occidente l’ha inquinata. Ma questa è la vera teologia della liberazione, il Magnificat, il Vangelo e la Laudato Si’ dove si ha il coraggio di dimostrare – e non solo di affermare -, una ad una, tutte le ingiustizie presenti nella società.
La Via Crucis è stato uno dei momenti più forti di questa Gmg in cui il Papa ha fatto riflettere sulle Via Crucis di oggi, anche quelle dei giovani…
La riflessione del Papa è stata meravigliosa e condotta sullo stile della Chiesa latinoamericana, stigmatizzando le nazioni in cui ci sono piaghe particolari, di schiavitù, di ingiustizia, o contro la vita… Il Papa quando ha preso tutte queste situazioni e le ha messe nelle mani di Maria in modo commovente, ha detto che la Via Crucis di Gesù è la stessa dell’uomo.
La Croce diventa sintesi dell’amore di Dio per l’uomo.
La Via Crucis non è una pratica devozionale ma serve a capire i patimenti di Gesù nella carne dei suoi fratelli. Quando il Papa ha visitato Assisi e ha incontrato i bimbi disabili e li abbracciati ha detto: le sofferenze di questi bambini sono le ferite della carne di Cristo.
Di ingiustizie le nuove generazioni ne vivono anche in Italia. Cosa la preoccupa di più per i giovani del nostro Paese? E cosa l’ha impressionata maggiormente dei giovani italiani presenti a Panama?
I giovani che ho incontrato, in questi giorni, a Panama e a Casa Italia, certamente non rappresentano tutto il modello della nostra gioventù. Ci illuderemmo se pensassimo questo. Certamente sono un segno.
Credo, come dice sempre Papa Francesco, che sui giovani dobbiamo scommettere.
Non crede che si debba scommettere anche sulle famiglie? Cosa ha da dire alle famiglie e, in generale, al mondo degli adulti, la lezione di Panama?
Credo che sia urgente tornare a dare spazio all’educare e all’accompagnare. Le famiglie non sanno educare i figli perché l’attuale generazione ha avuto dei maestri che non hanno saputo educare. Educare non vuol dire imporre, ma accompagnare. Non ti sto davanti, perché occupo lo spazio del tuo cammino, sei tu che devi andare nella libertà dei figli di Dio nella direzione da Lui indicata; non ti sto dietro, perché se c’è una buca ci cadi dentro; ti sto accanto e sono tuo compagno di viaggio, aiutandoti con la mia esperienza. Se ti sono amico, è chiaro che posso dirti tutte quelle cose che la mia esperienza di adulto, di cristiano, di padre e di madre mi consentono di trasmettere.
Poco fa, ha detto che i giovani sono “un segno”, ma forse anche un sogno. Il Papa aprendo la Gmg ha detto “Siamo qui per amare come Gesù ci ha amato”: è forse questo il mandato della Gmg panamense ai giovani del mondo, italiani compresi?
Bisogna ritornare a far sognare i giovani. Non possiamo essere i controllori dei loro sogni.
Devono sognare con intelligenza, con amore, con grazia. Dobbiamo essere i custodi dei loro sogni. Anche i vecchi hanno i sogni e quando i vecchi e i giovani sognano insieme diventano la forza di Dio.
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