ITALIA – “Condividere la vita con la vita”, contrastando la solitudine e la disperazione che, in tanti casi, portano le donne ad abortire. Sta qui lo scopo del Servizio maternità difficile e vita dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che ieri a Bologna ha presentato il resoconto, per il 2012, del suo impegno a sostegno alla vita nascente. La Comunità, fondata da don Oreste Benzi, è presente nei cinque continenti e conta oltre 500 realtà di accoglienza in 32 Paesi: case famiglia, mense per i poveri, centri nutrizionali, “capanne di Betlemme”, comunità terapeutiche, cooperative sociali e centri di pronta accoglienza.
Condivisione e azione. Due gli obiettivi della Papa Giovanni, delineati dall’animatore generale del Servizio, Enrico Masini: innanzitutto la “rimozione delle cause che generano emarginazione”, attraverso “un’azione mirata nei confronti dei poveri e delle istituzioni”; in secondo luogo la “condivisione diretta” che si realizza nelle case famiglia, stando fianco a fianco con i più bisognosi, tra cui ci sono, appunto, le donne incinta che, da sole, non hanno forza per portare avanti la gravidanza e potrebbero rinunciare al loro figlio. “Accedono ai nostri servizi 41mila persone nel mondo”, spiega Masini, precisando che nel 2012 si è registrato nel nostro Paese un “grosso aumento, dell’ordine del 50%, in larga parte dovuto alla crisi”. Ciononostante, ricorda la Comunità, “oggi ci sono quasi quattro milioni di donne in Italia che convivono con la memoria di un aborto” e nella sola città di Bologna “ogni giorno vengono soppressi ‘a norma di legge’ almeno 11 tra bambini e bambine”, ovvero “ogni due giorni viene eliminato l’equivalente di una classe scolastica”.
A sostegno della “maternità difficile”. Come contrastare questa piaga, che nel 2010 (ultimo dato disponibile) ha portato a 115.981 aborti? L’associazione risponde innanzitutto con la preghiera, diverse iniziative e un numero verde, 800.035036, cui si può rivolgere chi vive una “maternità difficile”. Nel 2012 sono state 100 le nuove mamme che hanno composto il numero telefonico: avevano bisogno soprattutto di accoglienza o di un aiuto economico, condizioni senza le quali si sarebbero forse trovate “costrette” a rinunciare al figlio che portavano in grembo. In Italia, lo scorso anno, la Comunità ha incontrato 361 donne, tra cui 172 di nazionalità straniera, mentre sono circa 700 quelle attualmente inserite in un percorso di sostegno (che dura generalmente 2-3 anni). 88 le madri accolte nelle famiglie e nelle case famiglia della Comunità; 89 quelle indecise se abortire e in 41 casi, grazie all’affiancamento della Papa Giovanni, hanno proseguito la gravidanza e dato alla luce il bimbo che portavano in grembo.
Preghiera e obiezione fiscale. A fianco del sostegno – realizzato attraverso l’ascolto, la creazione di una rete, la ricerca di una casa o di un lavoro, l’aiuto economico, l’accoglienza – vi è la preghiera, che l’associazione fa davanti agli ospedali nei quali si compiono gli aborti e il primo novembre, “perché riteniamo in tal modo – precisa Paola Dalmonte, animatrice della zona di Bologna – di ridare dignità a questi bimbi”. Condanna dell’aborto, però, non significa abbandono delle donne che hanno fatto quest’esperienza, “alle quali cerchiamo di offrire strumenti per l’elaborazione del lutto”. La Comunità partecipa pure ai tavoli di lavoro per contrastare le cause che rendono difficile una maternità, e al tempo stesso lancia la proposta dell’obiezione fiscale, “trattenendo una cifra dalle tasse dovute alla Regione e versandola a un’associazione pro-life”, dal momento che gli aborti vengono pagati con denaro pubblico. “Non è evasione – precisa Andrea Mazzi della Comunità – perché l’obiettore rende pubblico il suo gesto mandando una comunicazione al Presidente della Repubblica e all’Agenzia delle entrate”, pronto però a pagare le conseguenze della sua “disobbedienza civile”. Lo scopo, enuncia Mazzi, è “arrivare a un’opzione fiscale nella denuncia dei redditi per talune materie di particolarissima rilevanza, come l’aborto”. In altri termini, far scegliere il contribuente se, con una quota delle sue tasse, finanziare gli aborti o progetti di sostegno alla maternità. Perché le future mamme siano sempre meno lasciate sole e i figli che portano in grembo possano vedere la luce.
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