Nasce la pastorale per la tutela dei minori. È questa la novità più significativa, assieme all’obbligo “morale” per i vescovi di denuncia all’autorità giudiziaria in caso di abusi sui minori, delle Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili approvate dall’Assemblea della Cei della scorsa settimana. Il documento è frutto di un lavoro di studio di quasi tre anni, prima del Gruppo e poi del Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili guidato dall’arcivescovo di Ravenna-Cervia, mons. Lorenzo Ghizzoni, che in quest’intervista spiega la portata della sfida che la Chiesa italiana ha deciso di affrontare. A partire dall’azione pastorale e formativa da avviare, anche nei confronti dei ragazzi, in ogni territorio a protezione dei più piccoli e vulnerabili, una preoccupazione che dovrà essere dell’intera comunità cristiana, delle parrocchie, delle diocesi. Perché troppo gravi sono i danni che segnano le vittime degli abusi, dentro e fuori dalla chiesa.
Qual è la principale novità contenuta in queste Linee Guida?
La vera svolta è l’introduzione dell’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria da parte dell’ordinario del luogo (il vescovo, ndr) nel quale avviene un possibile abuso da parte di un chierico. Ovviamente dopo averne vagliato la verosimiglianza. Il vescovo aveva già l’obbligo di avviare un’indagine cosiddetta “previa”, cioè raccogliere elementi da inviare alla Congregazione per la Dottrina della fede e, nel caso, avviare un procedimento canonico. Ma
nelle linee guida introduciamo anche l’obbligo morale (perché dal punto di vista giuridico in Italia non lo avremmo), di informare anche l’autorità giudiziaria, che ha mezzi molto più efficaci di indagine, questo è il punto.
O meglio, dopo aver fatto l’indagine “previa” sulla segnalazione, noi incoraggiamo anzitutto la denuncia da parte di chi l’ha presentata o dei genitori o tutori, se minorenne. Se non la vogliono fare, prepariamo noi un esposto, informando di questo chi segnala. Se si opporranno, chiederemo che questa opposizione alla denuncia sia scritta, debitamente documentata e ragionevolmente giustificata.
Prima di tutti, quindi, la tutela del minore …
Di fatto, incoraggiamo ad andare a denunciare chiunque, compresi sacerdoti o religiosi. E il focus di tutto il documento è proprio sull’ascolto, sull’accoglienza e sul dare credibilità alle vittime, non a proteggere il chierico colpevole. Le conseguenze fisiche, psichiche, morali e spirituali di questi abusi sono troppo gravi. I segni restano per sempre, anche in chi riesce a rielaborarli e a parlarne.
L’obbligo di denuncia è presente in altre linee guida degli episcopati nazionali?
In quasi tutte quelle del mondo Occidentale: in molti Paesi soprattutto del Nord del mondo, c’è l’obbligo per legge di denunciare questi reati. In Italia,
la Chiesa ha ampliato decisamente gli spazi di tutela delle possibili vittime, accogliendo una definizione molto ampia di “persone vulnerabili” contenuta nell’ultimo motu proprio di Papa Francesco,
che include “ogni persona in stato d’infermità, di deficienza fisica o psichica, o di privazione della libertà personale che di fatto, anche occasionalmente, ne limiti la capacità di intendere o di volere o comunque di resistere all’offesa”.
Le linee guida affrontano anche il tema della prevenzione. Cosa prevedono per le singole diocesi?
Ogni diocesi deve individuare un referente diocesano che, magari affiancato da una piccola equipe, scelta tra professionisti ed esperti, affiancherà il vescovo nell’azione di ascolto. Ma soprattutto si occuperà della prevenzione, su tre livelli. Il primo è quello delle parrocchie, dei sacerdoti e degli educatori e catechisti.
Le linee guida contengono materiali già pronti con i quali la diocesi dovrà fare formazione e informazione verso gli educatori.
Ci sono indicazioni e definizioni di base: cos’è un abuso, un profilo di come può presentarsi un abusatore, un vademecum per la scelta degli educatori, i luoghi e i tempi nei quali può avvenire un abuso, i segnali rivelatori, etc… Il secondo livello è quello dei ragazzi stessi. Se non lo diciamo a loro, a chi lo possiamo dire? Fonti Onu dicono che i ragazzi, a 11 anni, hanno già in mano il cellulare e quindi hanno accesso ai social (soprattutto Istagram) e ai siti che possono essere veicolo di varie forme di abuso, come il sexting, i ricatti, il grooming. Sempre gli stessi dati Onu dicono che il 70% dei ragazzi usano il cellulare. E anche gli adulti che vogliono educare, non riescono ad intercettare questo mondo dove la dipendenza può creare veri danni emotivi, affettivi, neurologici. L’educazione e la pastorale su questi temi è importante anche perché costringe gli educatori e le parrocchie a fare educazione all’affettività, alla sessualità, che molto spesso si sottovaluta.
E il terzo livello?
Poi dobbiamo aiutare le famiglie, che oggi, in generale, ma soprattutto su temi come l’educazione ai media, sono in difficoltà. Se è vero tra l’altro che una percentuale altissima di abusi, avviene in famiglia, questo aspetto è ancor più fondamentale, e al contempo complicato. Il discorso in questo caso si può introdurre bene coinvolgendo i genitori nella prevenzione al bullismo, anche perché tanto bullismo è a sfondo sessuale. Ed è sempre più precoce.
Chi potrà occuparsi di questa formazione?
L’equipe diocesana dovrà avviare dei processi. I referenti, in Emilia-Romagna hanno già iniziato la loro formazione e lavoreranno insieme, a livello regionale. Noi immaginiamo questa come un’azione pastorale: ci sarà bisogno di specialisti ma soprattutto di persone delle parrocchie.
Altri aspetti rilevanti delle linee guida? Quando verranno pubblicate?
Dobbiamo solo recepire alcune indicazioni che ci hanno dato i vescovi in assemblea e poi le pubblicheremo, questione di settimane. Le linee guida danno indicazione anche su come accompagnare gli abusatori, dopo la fine dei processi, canonico e civile. Ovviamente se la persona è disponibile. È il momento più delicato, perché quando finisce tutto, spesso queste persone se ne vanno dalla Chiesa e dal territorio nel quale hanno commesso un abuso. E sono libere, e sole.
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