La mèta: cinque santuari, in tre diversi Paesi. La modalità del cammino: un unico itinerario o più tappe. È la Ruta Mariana, che offre ai visitatori di tutto il mondo la possibilità di compiere un pellegrinaggio intriso di spiritualità mariana lungo un quadrilatero alternativo al più celebre Cammino di Santiago. El Pilar a Saragozza, Torreciudad a Huesca, Montserrat a Barcellona e Lourdes: a queste quattro tappe si è aggiunto nel 2014 il Santuario di Meritxell, a cui Papa Francesco ha conferito il titolo e la dignità di basilica minore. Incastonato nei Pirenei tra la Francia e la Spagna, come l’intero Paese, è la méta religiosa per eccellenza di Andorra, un principato di 468 chilometri quadrati e 76mila abitanti, visitato ogni anni da 13 milioni di persone e retto da due capi di Stato (co-principi): il vescovo di Urguell, Joan Enric Vives i Sicilia, e il presidente della Francia, Emmanuel Macron. Il santuario mariano può essere l’occasione, per i pellegrini e non solo, di visitare anche le 44 chiese romaniche sparse nelle sette province, molte delle quali ancora adibite al culto, e di godere dei paesaggi di alta montagna e lacustri, paradiso delle famiglie in estate e dello sci in inverno e teatro di sport, come il ciclismo amatoriale ma anche quello internazionale della Vuelta di Spagna – di cui ormai è quasi un passaggio obbligato – o del Tour de France, che farà tappa qui nel 2021 dopo cinque anni. Senza contare le terme di Caldea, tra le più grandi d’Europa, e le attrattive della capitale, Andorra La Vella, o dell’antica città di Ordino, a 1.300 metri di altezza.
“Un itinerario che mescola cultura e devozione, arte e spiritualità”.
Così Joaquin Bellido Millàn, dell’Ufficio promozione, definisce la Ruta Mariana, nata nel 2009 come associazione no profit: “A differenza del Camino di Santiago, la Ruta è una via aperta, non chiusa. Non c’è un itinerario fisso, un punto di partenza e uno di arrivo: si può iniziare da un santuario e finire in un altro, oppure viverla come un solo grande pellegrinaggio”. Attualmente la Ruta Mariana, che ha origine dall’antico itinerario mariano “Pilar-Torreciudad-Lourdes” battuto dai pellegrini medievali, può essere percorsa in macchina, moto o pullman, perché l’orografia dei Pirenei rende difficile percorrerla in bicicletta o a piedi. “Per visitare tutti i santuari ci vuole almeno una settimana”, informa Joaquin, sottolineando l’intenzione di fare della Ruta Mariana sempre di più “un polo di attrazione per il patrimonio storico, artistico e naturale delle regione dove si trovano”. È il caso del santuario di Meritxell, la cui Vergine è patrona di tutti gli andorrani. “Oggi è il luogo più visitato del nostro Stato”, racconta Enric Torres Arauz, responsabile dei prodotti e nuovi progetti per il turismo di Andorra: “Visitare Meritxell vuol dire scoprire la storia di un Paese unico al mondo, dove la cultura e le tradizioni sono da sempre collegate con i nostri luoghi sacri”. A confermarlo è padre Emilio Villegas, vicario parrocchiale di Encamp: “Il nome del santuario è di origine latina e viene da meridie, luce di Mezzogiorno: la Vergine di Meritxell è il faro spirituale per la nostra fede e il punto di riferimento per tutti quelli che vengono qui in pellegrinaggio”. Di origine romanica, il santuario fu interamente distrutto da un incendio, insieme con la statua originale della Vergine, l’8 settembre del 1972. E ogni anno, l’8 settembre, migliaia di pellegrini arrivano a piedi da tutto il principato di Andorra al santuario – che si compone dell’antica chiesa e del nuovo complesso, costruito dall’architetto Ricardo Bofil – per venerare la loro Madre, riprodotta nella statua lignea policroma che la immortala seduta con suo figlio seduto sulle ginocchia, un velo di tristezza negli occhi, presagio della sorte del figlio di Dio che ha portato nel grembo.
Nessun papa ha mai visitato Andorra: “Aspettiamo Papa Francesco”, azzarda padre Emilio. Il titolo di basilica minore concesso a Meritxell potrebbe essere il primo passo.
Padre Pepe Chisvert i Villena ci sta aspettando, nella Chiesa di San Julià. Ama l’Italia e ci tiene a presentare ad un gruppo di giornalisti italiani i mosaici di padre Marko Ivan Rupnik, l’artista della cappella Redemptoris Mater e di San Romà, inaugurati da poche settimane. Una attualizzazione delle antiche icone bizantine dove l’oro è il colore dominante, e la sensazione è di essere in presenza di una catechesi sulla Chiesa. A sinistra di chi guarda l’altare San Germano e San Giuliano: due santi del quarto secolo, quello della più grave persecuzione dei cristiani, emblematici della tradizionale orientale, al centro Cristo in gloria, a destra la Madonna, San Pietro e San Paolo. Chiesa d’Oriente e Chiesa d’Occidente insieme, in una scena che abbraccia e avvolge, insieme alla raffigurazione della Natività, nella parete laterale sinistra, e di Cristo risorto che salva l’umanità sollevandola con un gesto deciso per tirarla fuori dal suo sepolcro, nella parete laterale destra. Dell’antica chiesa romanica è rimasto intatto solo il campanile: la chiesa è una tipica chiesa contemporanea dove però il rimando all’antico è frutto proprio del mosaico del teologo gesuita. Padre Pepe è orgoglioso di descriverci “il dono di un amico”, come ce lo presenta lui: per Andorra è un privilegio, “un sogno diventato realtà, in nessuna chiesa della Catalogna c’è un mosaico di padre Marco”. Ci tiene, don Pepe, prima di salutarci, a sottolineare che la sua parrocchia è piena di giovani: in 1.500 hanno partecipato al Festival del rock cristiano, una kermesse annuale molto apprezzata da tutte le sette province andorrane, che per l’occasione si radunano in quest’angolo delle Valli dell’Est.
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