Giovanni M. Capetta
Passati in rassegna con disanima lucida ed esaustiva tutti i punti nevralgici di “quello che sta accadendo alla nostra casa” (dalla questione dell’acqua, alla perdita di biodiversità, dal degrado sociale all’inequità planetaria), il Papa si sofferma sulle alte motivazioni che la fede offre per prendersi cura della natura e dei fratelli più fragili.
Si tratta di risalire a quello che “ci dicono i grandi racconti biblici sul rapporto dell’essere umano con il mondo”. La Bibbia ci “insegna che ogni essere umano è creato per amore, fatto a immagine e somiglianza di Dio”.
“Che meravigliosa certezza è sapere che la vita di ogni persona non si perde in un disperante caos, in un mondo governato dalla pura casualità o da cicli che si ripetono senza senso!” (LS 65). Il Papa invita a considerare come l’esistenza umana – secondo i racconti della Genesi – si basi sulle tre relazioni fondamentali, con Dio, coi fratelli e con la terra. Dunque è da contestare quell’accusa fatta al pensiero ebraico-cristiano secondo la quale il primo libro della Bibbia invitando l’uomo a soggiogare la terra lo indurrebbe allo sfruttamento indiscriminato della natura, tutt’altra è la lettura che si deve fare dei testi biblici, inserendoli nel loro contesto.
Responsabilità dell’uomo è coltivare e custodire la terra, in un rapporto virtuoso costantemente insidiato dal peccato. Ma noi oggi che viviamo per la maggior parte senza più un contatto diretto con l’ambiente naturale che ci circonda; noi che non raccogliamo più i frutti direttamente dalla terra e dagli alberi, che prendiamo l’acqua da un rubinetto sempre a disposizione, in che rapporto siamo con il Creato? Come ci relazioniamo con questo delicato tesoro che ci è stato affidato? Forse anche nella nostra quotidianità potremmo riacquistare un rispetto e un’attenzione nuovi per ciò che ci circonda.
Non c’è bisogno di avere un animale domestico, né di sporcarsi personalmente le mani per raccogliere ortaggi per essere cittadini rispettosi della terra su cui insistiamo. Cittadini e credenti. Forse non abbiamo mai pensato abbastanza che la nostra preghiera può rivolgersi a Dio per ringraziarlo dei doni ricevuti dall’intero universo e per chiedergli di aiutarci nel relazionarci ad esso con l’atteggiamento più rispettoso.
Come spesso succede in famiglia, la più piccola recita una preghiera spontanea sulla tavola e per una volta sposta l’attenzione da noi, dalle persone, sulle “cose”: ringrazia per il cibo, i frutti della terra, per il sole, l’acqua… Sì, e oltre a ringraziare, possiamo imparare a pregare meno perché siano risolti i nostri (soliti) problemi e più perché si risolvano i problemi degli uomini e delle donne di questo mondo. Come missionari in viaggio solo con la propria coscienza, invece di essere spettatori passivi di telegiornali spesso grondanti di catastrofismo, la preghiera ci permette di colmare le distanze con spedizioni del cuore in cui siamo nel luogo che pensiamo. “Signore ti prego per i mari, i laghi e i fiumi, per le montagne e le colline, ti prego per tutti gli animali, la frutta e la verdura, i cibi più diversi e perché tutti ne abbiano a sufficienza. Ti prego per questo Creato che ci accoglie e che ci chiede di essere protetto”.
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