Alberto Campoleoni

Il Senato ha dato il via libera e così l’Educazione civica torna ad essere introdotta nelle scuole. Verrebbe da dire torna ad essere una “materia scolastica”, ma forse non è così. Perlomeno non in senso pieno, perché la nuova legge, composta di 12 articoli, prevede l’insegnamento della materia sia nel primo che nel secondo ciclo di istruzione per almeno 33 ore annuali, ma si tratterà di un “insegnamento trasversale” affidato non ad un insegnante dedicato, piuttosto in contitolarità ai docenti dell’area storico-geografica nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, mentre nelle scuole del secondo ciclo, l’insegnamento verranno coinvolti i docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, ove disponibili nell’ambito dell’organico dell’autonomia. Per ciascuna classe è individuato, tra i docenti a cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica, un docente con compiti di coordinamento.
Bene. Si capisce la differenza con Matematica, o con Inglese, ad esempio. Si dirà che per l’Educazione civica è meglio così – e nella storia recente e passata della scuola italiana sono innumerevoli le osservazioni sollevate in proposito su una questione che ha le caratteristiche di un fiume carsico: compare e scompare a piacimento, di volta in volta infrattandosi nei meandri più nascosti – tuttavia le condizioni disegnate dalla nuova legge qualche motivo di perplessità lo autorizzano.
A cominciare dalla precisazione sui fondi disponibili per l’insegnamento: nessuno. In effetti la legge precisa che non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e l’amministrazione interessata provvede alla sua attuazione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. In buona sostanza, ogni scuola si organizza come può. Può, ad esempio, coordinarsi con i Comuni – altri enti noti per la disponibilità economica – in modo da valutare e organizzare iniziative in collaborazione con particolare riguardo alla conoscenza del funzionamento delle amministrazioni locali e dei loro organi, alla conoscenza storica del territorio e alla fruizione stabile di spazi verdi e spazi culturali.
Ci sono tante cose buone nella legge che è stata appena approvata. Ad esempio le indicazioni sui molti temi da affrontare nelle classi di bambini e ragazzi: dallo studio della Costituzione e delle istituzioni dello Stato italiano e dell’Ue, alla storia della bandiera e dell’inno nazionale. Poi sviluppo sostenibile, educazione ambientale, legalità, educazione stradale, cittadinanza attiva… Bene, del resto – ha detto il ministro – il compito della scuola è di “educare alla cittadinanza attiva, al rispetto delle regole, all’accoglienza e all’inclusione, valori alla base di ogni democrazia. Torneremo a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità. #dalleparoleaifatti”.
Viva l’entusiasmo. E manteniamolo vivo. Ma per adesso siamo ancora alle parole. I fatti chiederebbero, tra l’altro, anche qualche spicciolo.

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