“Noi riflettiamo sul diritto alla libertà, leso in contesti di violenza, guerra, prevaricazione, ma non sempre ci rendiamo conto di quanto spesso siano proprio i cosiddetti ‘diritti rivendicati’ a ledere la libertà più profonda e a rendere la persona più schiava”.
Lo ha detto mons. Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, nell’omelia della messa celebrata ieri in Santo Spirito, a Roma, nell’ambito del 5° corso internazionale di formazione per cappellani militari cattolici al diritto internazionale umanitario, promosso dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e dalle Congregazioni per i vescovi e per l’evangelizzazione dei popoli. Il presule ha fatto riferimento alla pena di morte, che “andrebbe ormai definitivamente soppressa”, e anche a leggi che “promuovono aborto, droghe o diverse tipologie di dipendenze o anche – come accaduto recentemente in Italia – eutanasia e suicidio assistito”. “Il tutto invocando quel diritto all’autodeterminazione che non solo non esaurisce, ma a volte addirittura contraddice l’essenza della libertà, rinforzando pesantemente la logica della violenza e della guerra”. Ai confratelli l’ordinario ha indicato “il cuore della nostra chiamata al sacerdozio” e “la responsabilità e il privilegio di essere sacerdoti a servizio dei militari”, cioè “ascoltare e accogliere, custodire e condividere il gemito delle creature e delle tante categorie di persone private della libertà”. Il riferimento particolare è ai più deboli, come i bambini, le donne, le persone malate o gravate da disabilità, “spesso detenute o tenute in ostaggio”. Infine, mons. Marcianò ha incoraggiato alla “comunione nel gemito”. “Questa comunione nel pianto ci aiuta a intercettare e condividere i gemiti delle persone private della libertà nei conflitti armati, operando instancabilmente perché venga affermata la giustizia e rispettato il diritto il umanitario internazionale”.
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