M.Michela Nicolais

L’incontro di Paolo con Atene, “cuore della Grecia” e della “cultura”. È l’argomento dell’udienza di ieri, in piazza San Pietro, durante la quale il Papa ha proseguito il “viaggio” nel libro degli Atti degli Apostoli per commentare il celeberrimo discorso di San Paolo all’Areopago, esempio per eccellenza di “inculturazione della fede”. “Chiediamo anche noi oggi allo Spirito Santo di insegnarci a costruire ponti con la cultura, con chi non crede o con chi ha un credo diverso dal nostro”, l’invito finale: “Sempre costruire ponti, sempre la mano tesa, niente aggressione!”, l’aggiunta a braccio per riuscire ad “inculturare con delicatezza il messaggio della fede ponendo su quanti sono nell’ignoranza di Cristo uno sguardo contemplativo, mosso da un amore che scaldi anche i cuori più induriti”.

“Dopo le prove vissute a Filippi, Tessalonica e Berea, Paolo approda ad Atene, nel cuore della Grecia”, racconta Francesco ai 12mila presenti oggi in piazza San Pietro: “Questa città, che viveva all’ombra delle antiche glorie malgrado la decadenza politica, custodiva ancora il primato della cultura. Qui l’apostolo ‘freme dentro di sé al vedere la città piena di idoli’ . Questo ‘impatto’ col paganesimo, però, invece di farlo fuggire, lo spinge a creare un ponte per dialogare con quella cultura”. Paolo sceglie di “entrare in familiarità con la città e inizia così a frequentare i luoghi e le persone più significativi”: “Va alla sinagoga, simbolo della vita di fede; va nella piazza, simbolo della vita cittadina e va all’Areopago, simbolo della vita politica e culturale. Incontra giudei, filosofi epicurei e stoici e molti altri”.

“Incontra tutta la gente, non si chiude, va a parlare con tutta la gente”,

sottolinea il Papa a braccio. braccio. “Paolo non guarda la città di Atene e il mondo pagano con ostilità ma con gli occhi della fede”, fa notare Francesco: “E questo ci fa interrogare sul nostro modo di guardare le nostre città: le osserviamo con indifferenza? Con disprezzo? Oppure con la fede che riconosce i figli di Dio in mezzo alle folle anonime?”.

“Paolo sceglie lo sguardo che lo spinge ad aprire un varco tra il Vangelo e il mondo pagano”,

sintetizza Francesco, definendo il discorso di Paolo all’Areopago “uno straordinario esempio di inculturazione del messaggio della fede”: “nel cuore di una delle istituzioni più celebri del mondo antico”, l’apostolo infatti “annuncia Gesù Cristo agli adoratori di idoli e

non lo fa aggredendoli, ma facendosi ‘pontefice, costruttore di ponti’”.

Prendendo spunto dall’altare della città dedicato a “un dio ignoto”, Paolo proclama che Dio “vive tra i cittadini” e “non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni”. “C’è una bella espressione di Papa Benedetto XVI che dice: ‘Paolo annunzia l’Ignoto-Conosciuto’”, l’omaggio di Francesco. “Paolo approda così al kerygma e allude a Cristo, senza citarlo, definendolo come l’’uomo che Dio ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti’”, spiega il Papa. “E qui c’è il problema”, aggiunge a braccio: “La parola di Paolo, che finora aveva tenuto gli interlocutori con il fiato sospeso, perché era interessante, trova uno scoglio: la morte e risurrezione di Cristo appare ‘stoltezza’ e suscita scherno e derisione. Paolo allora si allontana: il suo tentativo sembra fallito, e invece alcuni aderiscono alla sua parola e si aprono alla fede”. “Tra questi un uomo, Dionigi, membro dell’Areopago, e una donna, Damaris”, racconta il Santo Padre: “Anche ad Atene il Vangelo attecchisce e può correre a due voci: quella dell’uomo e quella della donna!”.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *