A quasi due mesi dall’inizio dell’offensiva dell’esercito turco, l’Agenzia Dire ha organizzato, a Roma “Rojava – Sguardo oltre la guerra”, un incontro per fare il punto con voci ed esponenti di organizzazioni attive nel nord della Siria. Protagoniste sono state le donne: Haskar Kirmizigul, rappresentante del Movimento delle donne curde e del Comitato Jineologi Europa, e Martina Pignatti, dell’ong Un ponte per (Upp). La prima ha spiegato: “Le donne curde non vanno viste solo come combattenti. La loro partecipazione nelle forze di autodifesa è importante, ma non va sottovalutato il loro ruolo nel sistema democratico del Rojava”, un’amministrazione autonoma nel nord-est della Siria. Purtroppo, ha osservato, “l’aggressione della Turchia punta a cancellare anche questa nostra partecipazione”. In realtà, ha affermato Kirmizigul, le donne curde della Siria nord-orientale “ricoprono ruoli di leadership nelle diverse istituzioni della regione”. Infatti, ha aggiunto, “le donne curde s’impegnano per cambiare la mentalità della società”. Sin dalla sconfitta dell’Isis “anche i problemi all’interno delle famiglie vengono risolti dalle donne: potete ben capire – ha sostenuto – che questo è un cambiamento radicale dal punto di vista culturale”.
Kirmizigul ha ricordato che tutto ciò è sostenuto anche attraverso una base teorica, “la ‘Jineoloji’, che può essere tradotta come scienza delle donne, che viene insegnata a tutte le donne della regione affinché si possano sradicare i problemi che nascono dal sistema sociale fondato sul patriarcato”. Questa forma di pensiero viene insegnata “dalle elementari sino ad arrivare alla facoltà Jineoloji nell’Università di Rojava”.
Martina Pignatti, direttrice dei Programmi di cooperazione di “Un ponte per…”, ha sottolineato l’urgenza di sostenere materialmente territori come la Rojava, così come è accaduto con l’ultimo carico arrivato: ad esempio, coperte, tende, kit igienico sanitari. Al tempo stesso, si deve bloccare la vendita di armi da parte di aziende italiane.
0 commenti