Francesco Bonini

Ottima, ottima cosa a Milano, i mille sindaci, le mille fasce tricolori strette intorno a Liliana Segre. Un bellissimo colpo d’occhio, una buona notizia per l’Italia. Ed è questa: ci sono risorse morali e politiche al di là della lotta continua tra partiti e movimenti balbettanti antichi spartiti di lotta esacerbata e di continua campagna elettorale, a coprire con le urla la loro debolezza.
La manifestazione di Milano esprimere una esigenza: dare visibilità ad un legame civico che vada al di là degli schieramenti. Evitando ogni forma di maniera o retorica. Si tratta di esprimere questo legame, di riaffermarlo in positivo, senza fingere di ignorare le tante ragioni della protesta, le conseguenze di una crisi che si è incistata nei comportamenti collettivi, nei riflessi della comunicazione, nel crescere dei conflitti, della violenza diffusa, delle diseguaglianze crescenti e sempre più stridenti.

Il vento sta cambiando.

Ma smascherare e falsificare le pseudo certezze di un populismo strillato e di una protesta fine a se stessa, di una violenza gridata e autodistruttiva non significa riabilitare semplicemente vecchi comportamenti, un pensiero debole che ci ha debilitato, vecchi riflessi elitistici, ormai consumati da una crisi pervasiva e da una ristrutturazione dei rapporti di forza europei e globali che rischia di emarginare un’Italia preda delle sue divisioni e delle sue debolezze.
Significa piuttosto cercare di costruire un solido terreno comune, in cui siano espressi, in termini intelligibili oggi e non solo utilizzando i vecchi schemi logorati del politicamente corretto, quei valori e principi permanenti perché legati all’identità della persona e della comunità che sono iscritti nella nostra Costituzione e che sono di tutti e per tutti. Anche se sono stati consumati da decenni di pensiero radicale, di individualismo neo-liberista, di melassa perbenista e di pulsioni verso la mano forte alimentate da parole d’odio e da un drammatico analfabetismo di ritorno.

Solo riappropriandosi di questo terreno, qui si può costruire una competizione finalmente non auto-distruttiva, che finisce con l’esaurire le scorte di senso e il patrimonio collettivo, ma una competizione al meglio.

Questo vuole esprimere il tricolore, attraverso la solidarietà ad una signora luminosa e specchiata, che il presidente Mattarella, con una splendida intuizione, ha voluto senatrice a vita e testimone, con la sua storia, che passa attraverso il lager e la persecuzione, di speranza e di futuro, per tutti.
Abbiamo bisogno, come nello sport, di consenso sui fondamenti e di agonismo, di sano confronto e competizione sul resto, come è stato in tutti quei momenti (pochi in realtà) in cui l’Italia è cresciuta davvero.
Come oggi deve riprendere a fare, proprio partendo dal recupero di un senso di comunità e da esempi concreti di incontro senza pregiudizi, senza ambiguità e senza retorica. Non ne servono troppi, ma qualcuno, come questo di Milano, può indicare la via.

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