“I tempi di Gesù non erano migliori dei nostri. C’era l’occupazione romana, c’era Erode, c’erano i vari centri di potere… In fondo l’uomo non sembra cambiato molto da allora”. A ricordarlo nel suo messaggio natalizio, diffuso ieri dal Patriarcato latino di Gerusalemme, è l’amministratore apostolico, mons. Pierbattista Pizzaballa.
“La nascita di Gesù – scrive – non ha cancellato nessuno dei drammi politici, sociali ed economici del suo tempo”.
Allora come oggi è lunga la lista delle difficoltà. “Dobbiamo fare i conti – afferma l’amministratore apostolico – con la fragilità della vita politica, percepita sempre più lontana dalla vita reale della popolazione e apparentemente non in grado di affrontare in maniera sistematica gli enormi problemi sociali ed economici della nostra regione. Difficile, in questo contesto, vedere come sia possibile dare anche minime prospettive di respiro alla questione israelo-palestinese, che appesantisce la vita di gran parte della nostra comunità. Vediamo volare sopra le nostre teste tante proposte di soluzione, ma non le vediamo mai atterrare e portare a qualcosa di concreto. L’arrivo di sempre più numerosi pellegrini da tutto il mondo porta il sorriso in tante famiglie, che possono così lavorare con serenità. Nonostante ciò, in gran parte del territorio della nostra diocesi il lavoro resta il problema principale per tante nostre famiglie. Assistiamo, inoltre, all’inasprirsi delle condizioni di vita di tanti lavoratori stranieri e immigrati. L’idea di emigrare diventa una tentazione, un pensiero persistente in tanti di noi”. “Potrei continuare a lungo con questa litania di difficoltà – si legge nel messaggio – tutto, insomma, sembra dirci che parlare di speranza sia semplice retorica, un estraniarsi dalla realtà vera della nostra terra”.
“Ma guai a rassegnarsi!”, avverte l’arcivescovo: “Non è questo il messaggio del Natale. Gesù non è venuto a rivoluzionare le strutture sociali del suo tempo, non ha voluto conquistare il potere, ma il cuore dell’uomo. È così che ha cambiato il mondo”. Da qui il ringraziamento “ai tanti e a alle tante che con amore, nel silenzio e senza clamore, ancora oggi donano la loro vita e il loro cuore gratuitamente”: ai genitori che, “nonostante le tante difficoltà, hanno avuto il coraggio di guardare al futuro e dare una speranza ai loro figli”; agli operatori e volontari “che si spendono negli ospedali, nelle case per anziani, nelle case di accoglienza dei disabili”; ai giovani “che non rinunciano a sognare un futuro migliore”; a quanti “lavorano per la giustizia e la dignità di tutti”. E poi ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che, “nonostante a volte le solitudini e le incomprensioni, continuano a dare la vita per le loro comunità. A quanti, insomma, hanno capito che essere cristiani significa donare la vita, amare gratuitamente, senza attendere nulla per sé, perché hanno già tutto. Sono persone che hanno nel cuore una speranza grande, un desiderio sincero e profondo che li porta fuori da sé e attenti all’altro. Solo con una speranza così, quella che lo Spirito Santo ha messo in noi, riusciremo davvero a cambiare il mondo”. E aggiunge: “Fra le tante nostre contraddizioni, infatti, ho incontrato ovunque persone felici, dedite con costanza al servizio della loro famiglia, della loro comunità, della loro realtà di vita. Sono loro la speranza della nostra Chiesa. In loro, qui, si celebra ancora il Natale vero. Possa il loro esempio e la loro vita continuare a cambiare il cuore di tanti”. “Sono certo – termina il messaggio – che solo così potremo davvero rendere felice questa nostra tormentata Terra Santa”.
0 commenti